Recensione Tales (2014)

Storie, come dice il titolo, che si intrecciano per raccontare una realtà iraniana con problemi che vanno al di là dei confini ed appaiono universali.

L'attualità cinematografica degli ultimi anni ha inevitabilmente puntato i riflettori sulla condizione dell'Iran, soprattutto in termini di libertà artistica e creativa, attraverso le vicissitudini di Jafar Panahi e delle autorizzazioni necessarie ai cineasti iraniani per poter girare e proporre il proprio lavoro ai propri compatrioti. Una situazione che eviteremo di approfondire in sede di questa recensione, ma che dobbiamo necessariamente citare perché parleremo del nuovo lavoro della regista Rakhshan Bani-Etemad, al ritorno dietro la macchina da presa dopo un lungo silenzio.

Causa di questo silenzio, durato otto anni, è proprio la necessità di dover ricevere l'approvazione della commissione cinema del Ministero della Cultura iraniano ed il rifiuto di farlo per evitare di accettarne e riconoscerne, suo malgrado, l'autorità e competenza. Otto anni in cui la regista ha lavorato a documentari, ha scritto soggetti e, soprattutto, cercato un modo per aggirare l'ostacolo e realizzare un nuovo film di finzione da poter proiettare in Iran. Così nato Tales (Ghesseha), realizzato con una composizione di storie legata proprio alla necessità di evitare l'approvazione della commissione, perché questa è richiesta solo per i lungometraggi e non per i corti, che possono anche essere proiettati uno dopo l'altro.

Mosaico di storie

Tales: una scena tratta dal film
Tales: una scena tratta dal film

Il nuovo lavoro della Bani-Etemad racconta infatti la storia di diversi personaggi, sette, che si alternano su schermo per comporre un quadro d'insieme della classe media iraniana. Impiegati statali e operai, assistenti sociali ma anche registi, sono i protagonisti delle storie della regista, racconti autonomi nella loro struttura, che si vanno a completare tra loro, finendo per dare alla loro immagine completa, il film stesso, un valore maggiore della somma delle singole parti. Questo perché la regista è abile nel passare da un personaggio all'altro, da una storia all'altra, come tante pennellate apparentemente casuali che alla fine vanno a comporre un disegno d'insieme dettagliato e vivo. Lo fa scrutando i volti, autentici e coinvolgenti, dei suoi bravi protagonisti; concentrandosi su drammi sociali e sulle loro conseguenze personali; mettendo in scena, attraverso dialoghi intensi e riusciti, anche il modo personale ed a volte contrapposto con cui persone diverse affrontano lo stesso disagio o problema.

Golab Adineh in una drammatica scena di Tales
Golab Adineh in una drammatica scena di Tales

Storie universali

Peyman Moadi e Fatemeh Motamedaria in Tales
Peyman Moadi e Fatemeh Motamedaria in Tales

Un aspetto interessante della sceneggiatura di Tales, realizzata dalla stessa regista insieme a Farid Mostafavi, è il modo in cui riesce a rendere universali le storie raccontate. L'Iran che fa da sfondo alle vicende non sparisce nel racconto dell'autrice, tutt'altro, ma riesce ad essere specchio di problemi dal carattere universale, che sanno superare i confini (del paese e del cinema) per raggiungere lo spettatore di ogni nazionalità. E lo sta facendo materialmente partecipando in concorso alla 71ma Mostra del Cinema di Venezia per poi saltare a Toronto nei prossimi giorni, aggiungendo un altro tassello al quadro del cinema iraniano che negli ultimi anni stiamo ammirando attraverso alcune delle sue voci. E' pur vero, però, che non tutto funziona in modo esemplare: per sua stessa natura, lo script di Tales è frammentario e nella sua seconda parte questa struttura non riesce sempre a reggere l'intento e la spinta del racconto: i passaggi da un frammento all'altro appaiano in taluni casi forzati ed alcune porzioni di racconto meno incisive, ma non rovinano un'opera che sa emozionare e far riflettere, mostrando le vite di persone che lottano per i propri diritti, contro soprusi, ingiustizie, disgrazie o semplici imprevisti. In Iran, come in ogni parte del mondo.

Conclusione

Dopo otto anni di silenzio, la regista iraniana torna dietro la macchina da presa per raccontare con Tales tante storie che vanno a comporre un quadro unitario. Pur forzato e frammentario in alcuni passaggi, il film riesce a raccontare disagi e problemi di una classe media, iraniana e non solo, in lotta.

Movieplayer.it

3.5/5