Recensione Neil Young Journeys (2011)

Nel suo terzo documentario dedicato all'artista canadese, Demme segue Neil Young nel suo concerto a Toronto, in cui protagonisti sono l'album The Noise ma anche i suoi grandi successi del passato.

Canto d'amore e di guerra

Ci sono collaborazioni professionali particolarmente felici, che a volte hanno la fortuna di trasformarsi in amicizia: è così che il binomio Demme-Young si è ricomposto per la terza volta, e che il regista ha potuto seguire il cantautore canadese in quello che forse è il suo concerto più importante degli ultimi anni, quello nella Massey Hall di Toronto che, nel corso del suo passato artistico, non sempre si era dimostrata altrettanto calorosa come in questa occasione.

Registrato in due giorni nel maggio 2011, il documentario realizzato da Demme si avvale delle tecnologie più sofisticate sia sul versante video che audio che, se da un lato ci permettono di assistere da vicinissimo alla performance di Young, dall'altro danno vita a un'esperienza sonora intensa e coinvolgente, resa più pulita e vicina alla percezione "live" dalla codifica a 96 kHz invece di quella, standard nella cinematografia tradizionale, a 48. La scaletta del concerto prevede in gran parte canzoni tratte da Le Noise, l'importante album del 2010 in cui l'artista riprende l'impegno civile su cui aveva già imperniato i suoi ultimi lavori, ma anche alcuni dei suoi più grandi successi del passato, come Hey, Hey, My, My o la dolorosa Ohio, dedicata alla sparatoria della Kent State del maggio 1970, in cui persero la vita quattro studenti nel corso degli scontri con le forze di Polizia. Ma il ritorno in Canada offre anche l'occasione per ripercorrere i luoghi dell'infanzia del cantante, quelli in cui faceva la guardia alle galline o in cui il padre, poi diventato un famoso scrittore a cui venne addirittura intitolata la scuola locale, si esibiva in una band composta da irlandesi travestiti da neri. Traghettato dal fratello lungo il tragitto su strade sconosciute perché nuove, il cantante osserva, non senza nostalgia, come niente sia più come prima: tutto se n'è andato, eppure tutto è ancora ben presente nella mente e nel cuore di Young, non solo i luoghi, ma anche gli amici, come quel Larry "L.A." Johnson che omaggia con la struggente You Never Call.

Concentrandosi quasi esclusivamente sulla performance live di Toronto, Jonathan Demme confeziona un lavoro destinato a dare piena soddisfazione solo ai fan più fedeli del cantante: per quanto divertenti e deliziosamente intime, le sequenze in cui Neil Young racconta la propria prima giovinezza sono troppo poche per coinvolgere un'audience non del tutto padrona della storia del personaggio, e che, aldilà della pur emozionante esibizione di artista, sarebbe stata altrettanto incuriosita dalla sua vicenda umana. Va detto che i precedenti lavori che Demme ha dedicato al canadese rendono il quadro, sia professionale che privato, molto più completo, e che questo Neil Young Journeys merita la visione anche soltanto per l'atmosfera intensa e poetica evocata dalla voce e dai gesti del cantante, inserito in una cornice suggestiva, che ne traduce in immagini la vena introspettiva. Le chitarre, l'armonica, i pianoforti sono oggetti che parlano di Young, e che Demme rende attori principali della scena con un uso della telecamera e un montaggio particolarmente accurati.

Non c'era bisogno che Demme ribadisse alla platea milanese il proprio entusiasmo nel lavorare con Young: la stima che unisce il regista al suo protagonista è evidente, e non è detto che la loro avventura comune sia finita qui. Young non ha voluto che il film venisse intitolato Neil Young Life, come deciso in un primo momento, perché troppo altisonante, ma chissà che questo ripensamento non apra la strada a un altro film, in cui il cantante si senta pronto ad un titolo così impegnativo.

Movieplayer.it

3.0/5