Recensione Mercuriales (2014)

Vernier compone un racconto umano strutturato in diversi capitoli, molti dei quali lasciati in sospeso, rischiando anche un certo disgregamento della visione d'insieme.

Due torri gemelle svettano nel cielo di Parigi. Si tratta del Mercuriales, complesso commerciale costruito negli anni Settanta alla periferia estrema della città nel quartiere di Bagnolet. Intorno a questi due edifici si estende un mondo fatto di solitudine, costruzioni fatiscenti e popolari dove l'umanità sembra vagare senza una precisa direzione. Qui si intrecciano le storie di tre ventenni, un sorvegliante di colore, alla sua prima notte di lavoro, e due hostess, una moldava e l'altra francese, che stringono un'amicizia molto forte. Accanto a loro, di volta in volta, fanno la comparsa diversi personaggi secondari, accompagnandole brevemente con le loro vicende personali.

Alla fine, però, le due amiche rimangono sole nel loro rapporto esclusivo, diventando, quasi inconsapevolmente, narratrici di un disagio personale e generazionale. Da questo punto di vista, dunque, il primo film di finzione diretto dal documentarista Virgil Vernier, continua a mantenere quel gusto per il reale cui il regista non riesce a rinunciare, trasformandolo in uno stile narrativo tanto forte da diventare il vero protagonista del film.

L'architettura come luogo dell'anima

Una scena tratta dal film 'Mercuriales'
Una scena tratta dal film 'Mercuriales'

Non abituato alla ricostruzione verosimile, ma affascinato dal riflesso della realtà, il regista utilizza l'ambiente e l'architettura come l'elemento cardine intorno al quale muovere, quasi casualmente, i passi di una umanità in osservazione. Per questo motivo l'inusuale bellezza suburbana, i colori dei graffiti, le zone desolate come le stesse torri, simbolo di una precisa ideologia del ventesimo secolo, sono i custodi di un simbolismo molto forte attraverso il quale raccontare la piccolezza umana e il suo disorientamento emotivo con cui si aggira in strade misteriose senza uscita e in percorsi che non conducono da nessuna parte, fisicamente ed intimamente. Limite di questo linguaggio, al tempo stesso poetico e poco empatico, è un utilizzo eccessivo, sovrabbondante. Questo vuol dire che l'elemento umano viene schiacciato, quasi reso invisibile dal luogo e dalle sue strutture, posti in una condizione di vantaggio rispetto a chi si muove al suo interno e in conseguenza delle sue condizioni. Con questo film, dunque, Vernier dimostra e applica una teoria sociologica ben precisa, secondo la quale è l'ambiente che forgia e determina le scelte dell'uomo, compresa la sua solitudine.

Umanità in gabbia

Mercuriales: Ana Neborac con Philippine Stindel e Annabelle Lengronne in una scena
Mercuriales: Ana Neborac con Philippine Stindel e Annabelle Lengronne in una scena

Se il quartiere di Bagnolet è presentato come una terra isolata, in cui vengono applicate delle regole particolari, le protagoniste Lisa e Joane rappresentano delle prigioniere del luogo, tenute in ostaggio dalla sua decadenza nonostante la bellezza bionda e raffinata che le caratterizza. Allo stesso modo, i personaggi secondari che incrociano la loro strada, sono parte integrante di questa architettura che diventa una gabbia sociale e culturale dalla quale appare impossibile uscire. Danzatrici di lap dance, baby sitter o costantemente disoccupate, l'elemento femminile ha il compito di presentare, attraverso la crudezza del ragionamento e una totale assenza di emotività, una condizione destinata all'immobilità. Unica speranza nasce dalla scelta di una giovane madre di sposare un uomo rassicurante e tranquillo, per regalare a sua figlia la possibilità di osservare una realtà diversa, togliendola da una consuetudine che, ancora bambina, la vorrebbe già padrona di un linguaggio deduttivo inappropriato.
In questo modo Vernier compone un racconto umano strutturato in diversi capitoli, molti dei quali lasciati in sospeso, rischiando anche un certo disgregamento della visione d'insieme. Per questo motivo, per riuscire ad apprezzare pienamente l'essenza di Mercuriales, non rimane altro che lasciarsi andare, abbandonare ogni ragionevole interpretazione e seguire la corrente narrativa senza oppure alcuna resistenza.

Una scena tratta dal film 'Mercuriales'
Una scena tratta dal film 'Mercuriales'

Conclusioni

Il documentarista Virgil Vernier utilizza il linguaggio della finzione per costruire un film tanto simbolico quanto realista sulla condizione umana nella periferia di Parigi, definendo un percorso preciso tra luoghi e architettura che condizionano senza speranza alcuna la vita dell'uomo.

Movieplayer.it

3.0/5