Recensione Le Repenti (2012)

Quello descritto in Le repenti è un paese paralizzato dal peso di un passato ancora fin troppo vivo e presente, che il regista è abile a descrivere lavorando per sottrazione, limitando i dettagli, dando una grande forza ed importanza al non detto.

Il peso del passato

Nei tardi anni '90, dopo otto anni di guerra civile e un numero di vittime stimato intorno alle 200.000, il governo algerino ha offerto l'amnistia ai jidahisti, nel tentativo di interrompere la scia di sangue. I ribelli potevano riporre le armi, abbandonare i loro nascondigli nelle montagne e tornare nelle città. Etichettati come pentiti, non avrebbero affrontato conseguenze per i loro atti. Un'amnistia che però non poteva bastare a cancellare anni di odio e sangue.
E' questo lo scenario che il regista Merzak Allouache ha affrontato nel suo Le repenti, che apre proprio dalla disperata corsa di Rachid, uno di questi pentiti, giù dalle montagne innevate verso il villaggio dei suoi genitori. Lì trova conforto nella famiglia, ma è subito minacciato da altri compaesani che hanno perso membri della famiglia negli attacchi terroristici, ed è costretto a trasferirsi in città, dopo un l'interessamento di un poliziotto lo aiuta a trovare lavoro in un bar.
Ma lì in città Rachid riconosce il farmacista locale, separato dalla moglie dopo la tragica morte della figlia avvenuta cinque anni prima, e questo incontro fa tornare a galla avvenimenti del passato.


Se c'è un aspetto che Le repenti riesce a descrivere bene è quanto sia difficile per tutti vivere una situazione come quella del film: che ci si trovi da una parte o dall'altra, dimenticare o perdonare non è qualcosa che è possibile fare con leggerezza ed il risultato è quello di un paese paralizzato dal peso di un passato ancora fin troppo vivo e presente.
Allouache ottiene questo lavorando per sottrazione, limitando i dettagli, dando una grande forza ed importanza al non detto: una telefonata di cui ascoltiamo solo un interlocutore; un incontro che non ci viene mostrato; frammenti di un disagio che si percepisce senza essere approfondito.

Sono abili i tre interpreti a riempire questi vuoti con loro emozioni: Nabil Asli a sottolineare la sua attrazione per un mondo nel quale è incapace di entrare a far parte; Khaled Benaissa e, soprattutto, Adila Bendimerad a tratteggiare il farmacista e la ex moglie, rendendo palpabile la tensione tra i due, dovuta al tragico evento del loro passato.
Una sofferenza che diviene tragicamente esplicita nel drammatico finale, reso intenso e vibrante dalla bravura dei tre protagonisti e l'abilità del regista algerino nel concertare la sequenza.

Movieplayer.it

3.0/5