Recensione L'oro di Scampia (2014)

Il film tv L'oro di Scampia racconta, con gli occhi di Beppe Fiorello, il riscatto nello sport di un campione olimpico di Judo che ha detto no alla Camorra

L'oro di Scampia, il Judo contro la Camorra

Persino nella più degradata delle periferie, circondato da rovi, può nascere un bocciolo di speranza. Il protagonista de L'oro di Scampia, film TV in onda lunedì 10 febbraio in prima serata su Rai Uno, è un ragazzo di talento ma senza futuro: vive in una zona di Napoli soggiogata alla Camorra e sembra non avere altre alternative alla criminalità. Eppure il padre, un infermiere, non molla e trasforma la sua rabbia in una risorsa.
La storia vera del campione olimpico di Judo Pino Maddaloni, 14 anni dopo il podio a Sydney, arriva in tv grazie al progetto firmato da Beppe Fiorello, che interpreta il capofamiglia Gianni che nella finzione si chiama Enzo Capuano. I nomi sono stati cambiati, ma i fatti rimangono fedeli alla realtà. Il figlio Toni, interpretato da Gianluca Di Gennaro, conserva le caratteristiche raccontate nel libro La mia vita sportiva (edito da La Comune) e Anna Foglietta interpreta la mamma Teresa. La pellicola, prodotto da Picomedia - Ibla Film con Rai Fiction, è diretta da Marco Pontecorvo su soggetto e sceneggiatura dello stesso Fiorello, scritti con Paolo Logli, Alessandro Pondi e Pietro Calderoni assieme a Gabriella Giacometti. Rai Uno manda in onda nel pomeriggio di domenica 9 febbraio un documentario, dal titolo I Maddaloni, che raccoglie testimonianze e ricordi di questa vicenda fuori dal comune.

Senza un domani
Gianni vive con la moglie e tre figli in una casa di 50 metri quadri, fa un lavoro umile ma onesto e cerca di non arrendersi alla Camorra. "Come si fa a scappare?", si chiede con risentimento, persino nei confronti del primogenito Toni, che invece sogna un futuro senza orrori. "Non voglio continuare a guardarmi le spalle - dice il ragazzo - Non ci vogliono qua. Io voglio solo una vita migliore di questa".
Si riferisce alle minacce e agli abusi subiti per l'apertura di una piccola palestra di Judo, dove Gianni allena un gruppo di adolescenti per tenerli lontani dai guai. "I ragazzi - commenta l'uomo - sono come il giunco: si piegano per lasciar passare la tempesta".
La forza di volontà si scontra molto presto con l'indifferenza delle istituzioni, sorde alla richiesta di aiuto di una parte di Scampia, un quartiere considerato senza speranza dove sopravvive chi paga il pizzo, china la testa o si gira dall'altra parte.
"Parliamo di Camorra - continua il protagonista - come se fosse qualcosa di inevitabile, come l'influenza, un temporale. Invece è gente come noi che abita nella porta accanto e si fa forza della nostra paura". Ecco il cuore del suo insegnamento che inizia sul tatami e travalica gli angusti spazi della palestra.
Un racconto pieno di dignità
Nel panorama della serialità made in Italy grondante retorica e buonismi questo film rappresenta l'esempio concreto di come sia possibile conciliare la dignità artistica con l'impegno sociale. L'intrattenimento non sale in cattedra, ma diventa di spessore.
Una storia come quella di Pino Maddaloni merita di essere raccontata bene e così è stato. Il merito va principalmente alla scrittura, che ha usato toni calibrati invece di puntare al facile sensazionalismo. A parte la fastidiosa voce fuori campo, adoperata indiscriminatamente a puntualizzare quanto è già piuttosto ovvio grazie alle immagini, il risultato sembra sorprendente.
Il dramma respira grazie alle parentesi offerte dalla commedia e nessuno dei protagonisti scivola mai nel cliché anche per merito di interpretazioni eccellenti. Anche i personaggi secondari hanno una loro coerenza e vivono un arco narrativo ben delineato.
Esempio di civiltà L'oro di Scampia non vuole ergersi a compasso morale della società né creare illusioni, ma soprattutto evita di entrare in competizione con la cosiddetta fiction di genere che dilaga sul piccolo schermo e fa leva su un immaginario collettivo internazionale ancora ancorato al binomio Italia-mafia.
Messe da parte le manie di onnipotenza e di protagonismo, il film raggiunge lo scopo prefissato, ossia quello di offrire una storia positiva. I problemi del territorio non spariscono con una medaglia: purtroppo per cambiare la mentalità di un popolo occorre fare un passo alla volta. Ciascuno, insomma, resti al suo posto e faccia del suo meglio. Questo film ci riesce e con sorprendente naturalezza.