Recensione Sogni di cuoio (2003)

Settantadue minuti riservati per lo più agli irriducibili appassionati dell'arte del pallone, in cui, però, viene lasciato anche molto spazio per riflettere sui problemi che affliggono i protagonisti e sulla capacità di trasformare qualsiasi cosa in facile business.

Quelli che il calcio...

"Io ho tre passioni: in rigoroso ordine alfabetico, calcio, cinema, letteratura. A quarantacinque anni posso dire di essere un uomo fortunato, perché finora, a fasi alterne, è sempre stata una passione la mia fonte di sopravvivenza materiale. Ho guadagnato quel che mi serve per vivere ora con il calcio, ora con il cinema, ora con la letteratura. Sogni di cuoio è un progetto che coniuga per la prima volta le mie tre passioni. E' infatti un film sul calcio, che nasce da un mio racconto , del tutto ispirato da una vicenda realmente accaduta. In un momento in cui credo che il calcio sia ai suoi minimi storici, tra sconfitte, scommesse, sputi, tradimenti, bilanci malati, droghe, diritti televisivi, io ho sentito forte l'esigenza di raccontare una storia che cercasse di far capire alla gente che il calcio, tutto il calcio, ha ancora dei momenti in cui prevale il sogno innocente, la speranza, l'emozione. I ragazzi argentini e uruguayani protagonisti del film sono lì, a seguito di un loro mito, Mario Kempes, vittime insieme a lui di un qualcosa che forse non riescono nemmeno a capire, perchè vogliono innanzitutto giocare e far giocare. Poi vengono i sogni. E allora la poesia diventa anche fare i conti con la realtà, provare a sfidare la sorte per migliorare la propria condizione di vita, subordinare momentaneamente gli affetti al lavoro".

Basterebbe questo estratto da una lunga dichiarazione di Gianluca Arcopinto, produttore, insieme a Roberto Caracuta e Andrea Occhipinti, e sceneggiatore, al fianco dei registi César Meneghetti ed Elisabetta Pandimiglio, del film-documentario Sogni di cuoio, per capire l'ambiguità di un mondo che si trova nei sogni di molte persone: quello del calcio.

Assemblando materiale filmico raccolto nell'estate del 2001, i due autori ci raccontano la storia di giovani calciatori argentini e uruguayani, appartenenti a squadre di serie A e B dei propri paesi, in possesso di nazionalità italiana ereditata per sangue, che giungono nello stivale più famoso del globo per aderire, allenati dall'ex campione dell'Argentina Mario Kempes, ad un ambizioso progetto calcistico. Ideato ed organizzato dal presidente del Brera Calcio Alessandro Aleotti, insieme alla società Global, il progetto dovrebbe consentire ai migliori elementi di entrare a far parte del Fiorenzuola, squadra di serie C2, ma gli imprevisti sono dietro l'angolo.

Abbondando in valzer all'interno della colonna sonora, Meneghetti e Pandimiglio, con un approccio decisamente giornalistico, privilegiato da macchina digitale a mano ed inserti in bianco e nero, ci mostrano tutto ciò che non è visibile dagli spalti di uno stadio, tratteggiando, attraverso interviste (il più delle volte sottotitolate) a calciatori, tecnici, organizzatori e testimoni, una storia che non parla soltanto di calcio, ma affronta anche il difficile tema della migrazione e, dando spazio verbalmente ai giovani protagonisti, che lasciano emergere i propri sentimenti interiori, parla di esseri umani e dei loro sogni, che non sempre si avverano. Uno spazio in cui si ritaglia anche divertenti momenti involontariamente ironici il consulente sportivo Global Aldo Graziani.

In conclusione, quindi, settantadue minuti riservati per lo più agli irriducibili appassionati dell'arte del pallone, in cui, però, viene lasciato anche molto spazio per riflettere sui problemi che affliggono i protagonisti e sulla capacità di trasformare qualsiasi cosa in facile business.
Avvertenza: dopo i titoli di coda vi sono sette interessanti minuti supplementari in cui Darwin Pastorin racconta Mario Kempes.