Recensione Solo due ore (2006)

Offre un discreto spettacolo, questo 'Solo due ore', supportato dall'indubbia perizia tecnica di un regista come Donner; ci si chiede però se nel 2006 ci sia ancora la necessità di un action movie identico a decine di altri.

Quando l'adrenalina diventa prevedibile

E' una giornata che inizia male, quella di Jack Mosley: dopo un turno di notte massacrante, e con i postumi di una sbornia, questo poliziotto cadente, demotivato e con seri problemi di alcolismo viene incaricato di scortare un detenuto fino al tribunale, dove questi dovrà testimoniare su un caso di reato minore. Jack spera solo di fare più in fretta possibile e di potersene tornare presto a casa, ma purtroppo per lui la realtà sarà ben diversa: qualcuno tenterà di assassinare il detenuto Eddie Bunker, testimone scomodo, e presto i due si ritroveranno in fuga da inseguitori che, fino a pochi minuti fa, Jack credeva amici.

E' un ritorno all'action puro, per il regista Richard Donner, questo film che si avvale dell'interpretazione di un Bruce Willis rattoppato e artificialmente invecchiato, di un David Morse cattivo che più cattivo non si può, e di un Mos Def (giovane afroamericano già visto in Guida galattica per autostoppisti) dalla parlantina svelta, ladruncolo in salsa hip-hop. Un ritorno che il regista di Arma letale ha diretto sulla base di una sceneggiatura (scritta da Richard Wenk) che non brilla certo per originalità: c'è il poliziotto sfiduciato e alcolizzato che ormai non crede più in niente, men che meno nel suo lavoro, c'è il criminale dal cuore d'oro che non ha avuto la possibilità di fare una vita diversa, c'è la polizia corrotta e marcia, contro cui il protagonista, per un sopito senso di giustizia, finirà per schierarsi. Niente di nuovo sotto il sole, quindi (compresa una svolta finale più che intuibile), secondo la consolidata tradizione di quel cinema di genere venato di politically correct che Hollywood produce in quantità industriali negli ultimi anni. La caratterizzazione dei personaggi è elementare, l'azione si lega all'umorismo in modo semplice e piacevole, la morale di fondo "salva" l'istituzione poliziesca condannandone solo le deviazioni.

Cosa resta quindi di realmente convincente in un film che, come si sarà capito, non ha certo nelle innovazioni tematiche o nella profondità di scrittura le sue armi migliori? Resta, senz'altro, la buona tecnica registica di Donner, la sua direzione tesa e senza cedimenti, il montaggio serrato che fa sì che la vicenda venga narrata, praticamente, in tempo reale (le circa due ore di durata del film sono proprio quelle in cui i fatti si svolgono). Resta anche la scelta in fondo azzeccata dei due attori principali, male assortiti come da copione, la cui interazione sullo schermo strappa risate che fanno momentaneamente dimenticare la totale inverosimiglianza del tutto. Quello che però alla fine ci si chiede è se, nel 2006, ci sia davvero la necessità di un film del genere, quale sia l'urgenza che c'è dietro, sia pure semplicemente commerciale (siamo davvero sicuri che un prodotto come questo sia ancora sicura garanzia di successo?). Che ognuno trovi la risposta da sé, ma soprattutto eviti di aspettarsi da questo film qualcosa di più di quello che (dichiaratamente) offre.

Movieplayer.it

2.0/5