Recensione Reservation Road (2007)

Senza un plot che giustifichi il rincorrersi dei pensieri strazianti dei due individui al centro della vicenda, l'immedesimazione e il compatimento che la pellicola vorrebbe suscitare si vanificano ben presto negli scontati passaggi della trama.

Padri sull'orlo di una crisi di nervi

Il rancore e la rabbia faccia a faccia col rimorso e l'angoscia: due padri, uno vittima e uno colpevole, l'uno contro l'altro. Thriller drammatico costruito sul parallelismo tra il dolore di due uomini e sulle loro vite stravolte per sempre da un unico tragico incidente.
Reservation Road, tratto da un famoso racconto di John Burnham Schwartz (qui anche sceneggiatore), è scritto e diretto da Terry George (Hotel Rwanda) ed è stato uno dei film in concorso più applauditi della seconda Festa del cinema di Roma.
Purtroppo però non è facile condividere il giudizio entusiastico su questo film. Gli attori sono indiscutibilmente bravi ed il taglio registico cerca di mantenere accese la suspense e la tensione con un ritmo costante di corrispondenza tra le due drammatiche storie incrociate, ma senza riuscirci.

Joaquin Phoenix è Ethan Learner, professore universitario con una famiglia perfetta e felice, che una sera, di ritorno a casa con la moglie Grace (Jennifer Connelly) ed i figli Emma (Elle Fanning) e Josh, vede travolgere il suo bambino da un'auto in corsa.
Mark Ruffalo è Dwight Arno, un avvocato mediocre, divorziato dalla moglie Ruth (Mira Sorvino) con un figlio, Lucas, che vede solo nel weekend. Una sera, mentre guida di fretta per riportare Lou a casa della ex, si distrae e investe un bambino sul ciglio della strada, senza fermarsi.
Da quella fatidica notte sulla Reservation Road, le vite di questi due uomini s'intrecciano in un nodo di coincidenze che si fa sempre più stretto man mano che la storia va avanti. Una caccia al topo che oscilla pericolosamente tra la ricerca disperata dell'assassino di Ethan e la voglia di costituirsi del fuggiasco Dwight.
Entrambi rischiano di compromettere la propria famiglia: uno perché non riesce a metabolizzare il dolore della perdita e vuole a tutti i costi trovare vendetta; l'altro perché solo nel momento in cui sta per perdere suo figlio, capisce l'importanza del loro rapporto ed il senso dell'essere padre.

Reservation Road è un film sulla paternità, sull'essere un uomo a capo di una famiglia e sul coraggio e la forza che occorre per prendersi le proprie responsabilità.
È una storia che trascende gli eventi che racconta, che parla di come, nel dolore, siano concepibili la colpa, la vendetta ed il perdono.
La pellicola si distacca dalle circostanze narrate per incentrarsi sull'umanità e l'emotività dei personaggi. Sfortunatamente, così facendo, il thriller rimane sorretto soltanto dal susseguirsi di reazioni emotive, indebolendo l'azione e annientando la forza della storia.
La cupezza lacerante del film è sorretta dalla buona interpretazione di Joaquin Phoenix, Mark Ruffalo e Jennifer Connelly, ma il corso degli eventi fin troppo prevedibile fa cadere il pathos attoriale in un abisso di già visto. Senza un plot che giustifichi il rincorrersi dei pensieri strazianti dei due individui al centro della vicenda, l'immedesimazione e il sentito compatimento che la pellicola vorrebbe suscitare si vanificano ben presto negli scontati passaggi della trama.
I personaggi sono credibili e ben rappresentati, ma senza un intreccio forte e un'imprevedibilità che faccia da motore trainante della storia, il loro disperarsi appare inutile e gratuito.