Oppenheimer, tra tecnica e magia. O di come Nolan ha ricreato l'esplosione della bomba nucleare

Il Trinity Test, il magnesio e gli effetti visivi che ci sono ma non si vedono: ecco come è stata girata l'esplosione della bomba atomica in Oppenheimer di Christopher Nolan.

Oppenheimer, tra tecnica e magia. O di come Nolan ha ricreato l'esplosione della bomba nucleare

Di tecnica e di sostanza. Con una certezza, rimarcata subito da Christopher Nolan: per Oppenheimer non avrebbe ricorso alla CGI, volendo dimostrare che il cinema contemporaneo può e deve ancora essere arte tangibile, e artigianale. Un annuncio che sorprese i fan, con una domanda: come parlare di bomba atomica, senza ricorrere agli effetti visivi? Alcuni, addirittura, hanno pensato che il regista avesse davvero fatto esplodere un ordigno atomico (!), altri ancora non credevano possibile una rappresentazione del Trinity Test - avvenuto il 16 luglio del 1945, e momento spartiacque della storia umana, oltre che cinematografica - senza ricorrere al digitale. Eppure, come vi spieghiamo nel nostro approfondimento, il fulcro centrale, che cade a metà delle tre ore, è coerente con la scelta artistica inseguita da Christopher Nolan.

Chistopher Nolan Sul Set Di Oppenheimer
Oppenheimer: Christopher Nolan sul set del film

Ma andiamo con ordine: le riprese sono durate circa due mesi, con il set alternato tra il New Mexico, il New Jersey e la California, tra ricostruzioni meticolose, estenuanti ritmi e un budget da 100 milioni di dollari. A proposito di tecnica: come campeggia sul poster, le riprese di Oppenheimer sono state effettuate combinando la pellicola IMAX da 65mm, oltre che alla pellicola canonica sempre da 65mm. Non solo, è stato il primo film a venire girato su pellicola IMAX in bianco e nero, creata appositamente da Kodak. Il resto dell'eccezionale lavoro, lo sappiamo, è stato affidato alla fotografia di Hoyte Van Hoytema. Girando con obiettivi Panavision Sphero 65 e Panavision System 65, in quanto, dichiarò, che "non volevamo che la fotocamera fosse a un metro e mezzo di distanza dal soggetto. Volevamo essere molto più vicini, in modo che si percepisse davvero la prospettiva e l'intimità".

Una sfida nella sfida

Oppenheimer Un Immagine Del Trailer
Oppenheimer: un'immagine

In fondo, la storia di J. Robert Oppenheimer, interpretato da un ossuto Cillian Murphy, è una glaciale digressione sul senso di colpa e sulle ossessioni, dinamitarde in un momento cruciale del Novecento (talmente cruciale da influenzarci ancora, ancora e ancora). Intimità e abnegazione tecnica, come quando Christopher Nolan ha ricreato interamente Los Alamos: durante i sopralluoghi si rese conto dell'impossibilità di girare lì le scene esterne (cittadina ormai moderna), costruendo da zero il villaggio in un set edificato in tre mesi, e sfruttato per appena sei giorni di ripresa. Una "colata" ossessiva e maniacale da parte del team, intanto che Nolan, a più riprese, rimarcava il rifiuto all'utilizzo e all'abuso del green screen. Come fare, però, per girare la scena cardine? Una sfida tutt'altro che facile. Una sfida, lo diciamo, mal interpretata: perché non è vero che in Oppenheimer non ci sono effetti visivi. Potremmo quasi dire che ci sono, ma non si vedono. O almeno, non sono gli effetti visivi a cui siamo abituati.

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La scena del Trinity Test? Arte magica, e dell'inganno

Oppenheimer 9
Oppenheimer: Cillian Murphy in un frame del film

È certo però che il Trinity Test è stato dettagliatamente ricostruito, pur lasciando una libera interpretazione sull'esplosione in sé: filmata a Belen, nel New Mexico, l'implosione della bomba è stata generata tramite un mix di benzina, propano, polvere di alluminio e magnesio (sfruttato per l'effetto "fungo atomico"). Tutto in miniatura, tutto ripreso tramite prospettiva forzata (un principio fotografico che rende tutto più grande o più piccolo), e articolata sfruttando 100 inquadrature diverse e oltre 400 elementi creati dal team artistico. Una manipolazione visiva e un lavoro complesso, quasi come se fosse arte dell'inganno. Solo effetti speciali, e nessun effetto visivo, quindi?

Non proprio: è stato Andrew Jackson, supervisore del VFX di Oppenheimer, a diradare i dubbi, spiegando che Nolan ha utilizzato un mix delle due cose. Ovvero: l'esplosione è stata sì materialmente ricreata in miniatura, ma è stato poi un software, in post-produzione, a generare le inquadrature. Praticità da una parte, folgorazione visiva dall'altra, senza il dogma di ricreare l'identica detonazione avvenuta nel bel mezzo del deserto del New Mexico. Detonazione ripresa grazie alle camere IMAX e alle camere ad alta velocità, miscelando, come detto, innumerevoli elementi, poi composti in un'unica sequenza. Appunto, di tecnica e di sostanza. Ma anche di magia.