Nirvana: nasce il Nirvanaverse, dopo 25 anni il film di Gabriele Salvatores entra nel metaverso

25 anni dopo Nirvana, il film di Gabriele Salvatores, nasce il Nirvanaverse, il primo esperimento italiano in grado di fornire un'unica esperienza di viaggio all'interno del metaverso: abbiamo incontrato Salvatores all'Università La Sapienza di Roma, dove è nato il progetto.

Nirvana: nasce il Nirvanaverse, dopo 25 anni il film di Gabriele Salvatores entra nel metaverso

Quando, nel lontano 1997, uscì Nirvana di Gabriele Salvatores, il pubblico italiano probabilmente si sarà diviso in due. Chi ha amato quel film e chi non l'ha visto. Può essere capitato, infatti, di non essere stati attratti da una storia molto diversa da quelle che il regista premio Oscar per Mediterraneo aveva messo in scena fino a quel momento. Ma, una volta entrati in sala, non si poteva che rimanere a bocca aperta. Era un vero film di fantascienza, un film distopico alla Blade Runner. Ed era stato girato in Italia, con i nostri attori più amati. Nirvana era qualcosa di mai visto prima, e che non avremmo più visto anche dopo. Un azzardo, una scommessa, una meravigliosa utopia. Che solo un sognatore e un temerario, uno sperimentatore come Gabriele Salvatores, poteva osare. Lo abbiamo incontrato ora, 25 anni dopo Nirvana, a una lectio magistralis all'Università La Sapienza di Roma, per lanciare il Nirvanaverse, un reboot transmediale, un'espansione narrativa del testo originale attraverso piattaforme e device differenti.

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Nirvana: una scena del film

I personaggi di Nirvana oggi vivono attraverso dei profili social dei personaggi, si muovono in un'ambientazione che di trova nel metaverso, ci parlano attraverso un podcast. È il primo esperimento italiano in grado di fornire un'unica esperienza di viaggio all'interno del metaverso. Gli ideatori e i responsabili scientifici del progetto sono Silvia Leonzi (docente Sapienza Università di Roma), Riccardo Milanesi (docente Sapienza Università di Roma e Scuola Holden di Torino; autore e showrunner) e Giovanni Ciofalo (docente Sapienza Università di Roma). Hanno collaborato alla realizzazione dell'evento il Transmedia Lab, Radio Sapienza, Rai Cinema, The Nemesis, Ansa Cultura e ANAD. Ma su questo torneremo tra poco.

Dopo Mediterraneo non volevo più fare film sui viaggi

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Nirvana: Sergio Rubini in una scena del film

Partiamo da Nirvana. 25 anni fa entravamo in un posto che non avremmo scordato facilmente. Si chiamava l'agglomerato del nord, ed era un posto caotico, multietnico. Richiamava quel futuro che presagiva Blade Runner, certo, eppure era diverso. Era qualcosa di nostro. Salvatores aveva ricostruito questo set al Portello di Milano, nei vecchi stabilimenti dell'Alfa Romeo. Nirvana era qualcosa di mai visto, Per noi, ma anche per Salvatores stesso. Era un punto di rottura della sua opera, dopo la tetralogia del viaggio, da Marrakech Express a Puerto Escondido, e forse anche con Sud, che in qualche modo costituiva una fase solare. Nirvana è uno sprofondare nel buio, materiale ma anche esistenziale. "È uno dei film più importanti che ho fatto" ci ha raccontato Salvatores a Roma. "Sapere che a 25 anni di distanza è stata ripresa da persone che nel 96 non c'erano mi emoziona. E dà un senso in più a quello che faccio. Non ho figli il mio analista ha detto: però hai i film. Sono contento che sta cosa sia stata ripresa da persone con qualche anno meno di me". Nirvana nasce in un momento molto particolare per il regista, dopo l'Oscar a Mediterraneo. "Ho detto: non voglio fare più film sui viaggi" ricorda Salvatores. "Essere definito il regista della fuga non mi rappresentava. Ho anche paura di viaggiare...". "Anche l'Oscar non so se sia meritato, lo disco sinceramente" si schernisce. "Lanterne rosse era un film molto più bello del mio. Ma bisogna restituire le botte di culo nella vita. E ho detto: usiamo l'Oscar per fare le cose che non mi fanno fare. Cecchi Gori diceva: come si fa a fare la fantascienza in Italia? Ma Salvatores ha vinto l'Oscar, come si fa a dirgli di no?". In Italia, in quegli anni, non si parlava di effetti speciali, non si sapeva niente di internet o dei virus informatici.

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Nirvana nasce dalle partite alla Nintendo e da Kurt Cobain

Una foto di Kurt Cobain
Una foto di Kurt Cobain

La voglia di cambiare non è mai mancata nella carriera di Gabriele Salvatores. Ma poi ci sono quei progetti che nascono da alcune scintille. "Quando giravo con Abatantuono e Bentivoglio, la sera giocavamo con la Nintendo" ricorda Salvatores. "Diego disse: secondo voi i calciatori quando noi spegniamo cosa fanno? Vanno a farsi la doccia ed escono con le fidanzate, vanno a mangiarsi una pizza?". "Ero attratto dalle filosofie orientali. Il Nirvana è la sospensione delle vite. Noi pensiamo sia una cosa buona reincarnarsi, ma per loro non lo è. È faticoso vivere, per loro il Nirvana è il distacco dalla realtà, che chiamano Maya, illusione". Ma c'è una seconda scintilla che ha dato il via al film, ed è qualcosa di più toccante. "Kurt Cobain dei Nirvana decise di uccidersi" spiega il regista. "Nel biglietto scrisse la frase di Neil Young: è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente. Disse anche: non sono più in grado di restare in questo gioco. Così provai di fare un film di questo tipo ma facendolo all'italiana, non all'americana, usando degli stilemi che fossero nostri".

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Nirvana: una scena del film

La fantascienza: Philip K. Dick, William Gibson e Bruce Sterling

Una sequenza di BLADE RUNNER
Una sequenza di BLADE RUNNER

"Amo la fantascienza, su tutti Philip K. Dick" ci racconta Salvatores. "E i suoi figli, che sono William Gibson e Bruce Sterling, i creatori del cyberpunk. È una letteratura molto sociale, legata alla realtà che si viveva. E prefigurava una interazione tra le macchine e l'uomo. Mi sono ispirato a romanzi come Neuromante di Gibson e La notte che bruciammo Chrome". "Così scrissi questa sceneggiatura in un momento importante della mia vita. Non sapevo dove dovevo andare, se quello che stavo facendo andava bene. Stavo vivendo una crisi sentimentale". E anche questo si rispecchia nel film, in cui il protagonista Jimi (Christopher Lambert), un creatore di videogame, viene lasciato dalla sua amata. "Nel film un po' di scuro c'è" ammette Salvatores. "Cecchi Gori mi disse: non sarà un po' buio per la televisione? Io gli dissi: Abbiamo fatto un film di effetti speciali, In Italia. Lascia stare per un attimo la televisione".

Uccidere i propri genitori, la Commedia all'Italiana e il Neorealismo

Gabriele Salvatores sul set di Quo Vadis, Baby?
Gabriele Salvatores sul set di Quo Vadis, Baby?

Fantascienza italiana, fino a Nirvana di Salvatores, poteva sembrare un ossimoro. Il caso Nirvana, al di là della bellezza del film, è un caso interessante anche a livello produttivo. "Il cinema italiano ha due padri. La Commedia all'Italiana e il Neorealismo" riflette il regista. "I greci ci insegnano che bisogna uccidere metaforicamente i nostri genitori. Ho pensato che potevamo fare qualcos'altro oltre a quello che facciamo normalmente. I film che hanno vinto l'Oscar hanno canottiere, sono ambientati nel sud, con il sole, tranne quello di Sorrentino. Ma volevo fare qualcosa di diverso". Gabriele Salvatores dice una cosa molto importante, soprattutto se detta a degli studenti, in un Università. "Se una cosa la ami, ti piace, la puoi fare" dice sicuro. "Io non ho fatto scuole di cinema, ho fatto una scuola di teatro, a 21 anni. Ho fonato Il Teatro dell'Elfo. Esiste ancora, con tre sale, a Milano, e sono ancora socio".

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Nirvana: una scena del film

Respiro italiano in un genere che non lo è. Come si fa?

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Nirvana: una scena del film

Così Gabriele Salvatores ha ucciso i propri padri, per poi farli rinascere. Perché in questo film di fantascienza particolarissimo c'è tanta commedia italiana, ci sono tante cose del nostro paese, come i dialetti. "Non so come sono riuscito a fare un cocktail con sapori diversi" ammette. "In un film di fantascienza la comicità non sempre c'entra, e non so come sono riuscito a usare il dialetto in un film del genere. Ho semplicemente messo insieme quello che amavo, le persone con cui avevo lavorato". "Il cinema è un'arte distribuibile: per definizione vuole raggiungere più pubblico possibile" continua. "Bertolt Brecht diceva che l'artista deve stare almeno un passo davanti al suo pubblico. Sono affezionato a questo film perché mette insieme tante cose che ho amato e che amavo in un unico contenitore. Il piccolo contributo che volevo dare al cinema italiano è stato quelli di dire: ce la possiamo fare. E adesso il nostro cinema sta lavorando a delle logiche che esulano dal cinema del reale".

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Quello che un artista dovrebbe fare è stare sulla strada

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Una scena di Mediterraneo

Elisabetta Stefanelli, che ha moderato l'incontro, ha definito Gabriele Salvatores uno sperimentatore che colpisce al cuore il pubblico, come David Bowie o Peter Gabriel. "È un motivo per rimanere svegli" riflette il regista. "Se uno si convince di saper fare bene una cosa, se hai voglia di trovare gli errori, allora vai avanti e non ti annoi. Sperimenti, non vieni amato sempre, ma diventi un percorso più interessante. Dopo Mediterraneo mi hanno chiesto di tutto. Mi avevano proposto un remake di Mediterraneo con soldati americani in un'isola giapponese. Non c'entra niente con Mediterraneo". "Il fatto che si possa cambiare ti espone a dei rischi ma ti mantiene vivo" continua. "Il tentativo di sperimentare ci deve essere, ma senza dimenticare che parli a qualcuno. Se fai una cena, vuoi che qualcuno la mangi. Il cinema sperimentale serve per fare un cinema che parli ad un pubblico più vasto. In Italia non abbiamo un'industria del cinema come gli americani. Siamo bravissimi artigiani, più bravi di loro. Facciamo la più bella forchetta del mondo, ma poi non ce ne frega niente, non la promuoviamo. Bisogna fare fatica, mettersi in discussione sempre, se vuoi fare l'artista. Quello che un artista dovrebbe fare è stare sulla strada".

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Nirvana: una scena del film

Agli attori di teatro dico: usate gli incidenti

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Nirvana: una scena del film

Nirvana è un film straordinario perché anticipa il discorso di tanti film che sarebbero usciti quasi in contemporanea, come Strange Days, o dopo, come Matrix. Perché racconta e raffigura internet, anticipandone la sua esplosione, quando ancora nessuno ne parlava. "Internet nasce negli anni Settanta, o poco prima, come una tecnologia militare, ma viene abbandonata e fatta propria dagli studenti hippie di Berkeley" rievoca Salvatores. "Il primo sviluppatore della scheda grafica Apple ha deciso che non doveva essere proprietà privata e l'ha diffusa in rete. Internet era un'utopia, erano cowboy che correvano nella frontiera. Oggi è diventato un supermercato, con un pericolo, l'uso eccessivo dei social. Alla fine ti ritrovi a parlare con te stesso. Se digito io Nirvana e lo digitate voi escono due cose diverse. Ecco perché il teatro, i concerti dal vivo, che ti danno l'unicità di quell' esperienza live stanno tornando all'attenzione del pubblico". "Agli attori di teatro dico: usate gli incidenti. Quello che sta accadendo adesso non succederà domani" aggiunge Salvatores. "Carlo Cecchi recitava Cechov, nella scenografia c'era un giardino e lì vicino, in teatro, c'era un pompiere. Si fermò e disse: c'è un pompiere in giardino. Il teatro è come il jazz. Miles Davis disse che aveva scelto Coltrane non per avere un sassofonista, ma qualcuno che cambiasse la sua musica. Io agli attori chiedo questo".

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Il mio cinema è quello di Lawrence d'Arabia

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Nirvana: una scena del film

Pensare che, nel 1997, il cinema italiano produceva un film come Nirvana, e sapere che poi non ha osato più molto, e ora sembra in crisi, fa pensare. "Il cinema è nato con due anime" spiega Salvatores. "Una sono i Fratelli Lumiere, il racconto del reale. L'altra è Méliès, il fantastico, il Viaggio nella luna. Queste due anime hanno perso un po' di forza. Il cinema ci portava a vedere luoghi che non avevamo visto. Io ho iniziato a fare cinema, ma il mio cinema non è Fellini, Antonioni, è Lawrence d'Arabia: un film dove non c'è alcun effetto digitale". Il cinema ha perso forza per due cose, secondo Salvatores. "Berlusconi con le sue televisioni che hanno abbassato il gusto delle persone, la qualità" spiega. "Le luci fatte male, l'attrice che recita perché è un'amica. Il cinema italiano si è seduto su questo. Si è perso il gusto per la lentezza. La gente vede il cinema saltando certi pezzi e vedendo solo alcune scene. Se stiamo un po' di più sul primo piano dell'attore che ha detto una cosa importante, il pubblico ha il tempo di pensare a quello che ha detto". L'altra cosa ha a che fare con i costi per le persone. "Devi pagare il parcheggio, il biglietto, la pizza dopo il film" ragiona. "E magari il film non ti è piaciuto. Ma credo siano due ore spese bene, perché sono due ore in cui non sei interattivo, connesso a qualche device. Puoi lasciare il tuo ego per un momento. Poi elabori. Anche se non ti è piaciuto hai dedicato due ore a una cosa. Non sei andato di fretta".

Non faccio serie tv perché non finiscono mai. E perché mi piacciono le sale buie

Angela Baraldi nella serie tv Quo Vadis, Baby?
Angela Baraldi nella serie tv Quo Vadis, Baby?

Oggi che viviamo nell'età dell'oro delle serie tv, ci si chiede perché Salvatores non ne abbia mai girate. Il suo Quo Vadis, Baby? è diventata una serie, ma non curata da lui. "Non ho mai fatto serie perché mi piace raccontare una storia" spiega candidamente. "E le serie televisive non finiscono mai. È davvero entertainment. Ce ne sono alcune che mi piacciono. L'altro motivo è che mi piacciono le sale buie. Dal mito della caverna di Platone da sempre abbiamo bisogno di una caverna buia dove dare spazio ai nostri sogni. La potenza del cinema è rievocare i nostri fantasmi e proiettarli sulla parete di una caverna".

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Provatemi a dire un sogno che c'è oggi: io non lo trovo

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Comedians: una sequenza del film

Il suo ultimo film, Comedians, è una storia legata al tema del collettivo, che è stato sempre importante nel suo cinema. "La collettività. il gruppo sono cose legate alla mia età" spiega. "Avevo 18 anni nel '68: erano anni con un senso della collettività che si è perso. Nessuno di noi si trovava solo. Perché sapevamo che a Berkeley, Tokyo, Parigi c'erano ragazzi della nostra età che stavano facendo qualcosa di simile. C'era l'utopia di cambiare il mondo, qualcosa che si poteva fare solo insieme". "Avevo un gruppo musicale, una band" continua. "Poi un gruppo teatrale. E quando ho fatto cinema ho ricreato la stessa cosa, una sorta di tribù che viaggiava insieme". "Credo che voi abbiate molte più difficoltà in questo senso", dice rivolto agli studenti universitari. "Forse ci si sente un po' più soli. I maestri sono difficili da trovare e questo momento che si sta vivendo, è molto difficile per un giovane. Quell'utopia che c'era allora era utile. Oggi non c'è. Provatemi a dire un sogno che c'è oggi. Io non lo trovo".

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Nirvana: una scena del film

Il nuovo film, Il ritorno di Casanova, arriva il 30 marzo

Il ragazzo invisibile - Seconda generazione, Gabriele Salvatores a Lucca Comics & Games 2017
Il ragazzo invisibile - Seconda generazione, Gabriele Salvatores a Lucca Comics & Games 2017

Ma intanto Gabriele Salvatores continua a confezionare piccoli grandi sogni: i suoi film. Il nuovo film, Il ritorno di Casanova, con Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio e Sara Serraiocco, uscirà a marzo. Come mai dobbiamo aspettare tanto? "Dopo un po' di disaffezione del pubblico è arrivata la pandemia che ci ha costretto a vedere il cinema a casa" spiega il regista. "C'è una coda impressionante di film che non sono usciti. Il 30 marzo è il primo momento in cui c'è un po' di spazio". Ma è importante quello che dice del film. "È la prima volta che parlo un po' di me" ci svela. "È la storia di un regista della mia età che deve fare un film su un Casanova anziano. È la storia di due persone il cui dilemma è: continuo a ripetere di nuovo il mio personaggio o provo a fare cose nuove? Quello che si dice nel film, e lo farà odiare a tutti i critici, è che la vita è più importante del cinema". Ma non crediamo che si siano critici che pensano il contrario.

Un film sul metaverso? Nirvana 2? Perché no?

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Nirvana: una scena del film

"Un film sul metaverso? Perché no?" risponde Salvatores a una domanda precisa. "Quello che dicevo prima sul cinema e vita vale anche per le nuove tecnologie. Il metaverso si deve nutrire della vita, altrimenti sono solo effetti speciali. In Nirvana si parla di realtà e realtà virtuale, oggi si parla di fake news. Guardate come si usa il web e il social in termini perversi, politici, brutti. Questi nuovi media bisogna non rigettarli. Dobbiamo usarli, ma non lasciarci usare da loro. Non tutto quello che ci dicono è vero. Ma quel 20 per cento che è vero vorrei che ce lo tenessimo per noi". Ma un film sul metaverso potrebbe non essere l'unica idea venuta a Salvatores da questo film. "Fare Nirvana 2? Perché no?" risponde a un'altra domanda. È un Salvatores ispirato, quello che abbiamo incontrato a Roma. Quello che è nato con gli studenti della sapienza gli piace molto, e può anche diventare qualcosa. "Nirvana 2 o Nirvana Reloaded: Tara, è una bella idea" dice con un sorriso.

Dentro il Nirvanaverse

Poster
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Così come ha sorriso al momento di chattare, nel metaverso, con Solo, uno dei personaggi del suo film. Il Nirvanaverse è un reboot transmediale, un'esperienza multipiattaforma, con diversi punti di ingresso, diversi rabbit hole. È un gioco di realtà alternativa, un gioco on line e off line. Da due settimane alcuni studenti de La Sapienza si stanno muovendo. Hanno parlato con Tara, uno dei personaggi nuovi, figlia di uno dei personaggi del film. Un punto di ingresso in questo universo sono i 12 profili social dei 4 personaggi che si muovono tra vari social e il sito internet, nirvanaverse.it. Un altro è il podcast, che si trova su Spotify. Un punto di ingresso nuovo è il metaverso. Su The Nemesis, lo spazio di Rai Cinema. Ci sono due personaggi storici di Nirvana, Naima e Joystick, che hanno ancora il volto, come nel film, di Stefania Rocca e Sergio Rubini, e due personaggi nuovi, tra cui Tara. SI può interagire con loro, e anche con alcuni personaggi virtuali del film, come il Solo di Diego Abatantuono, presente nel metaverso con un avatar. Dal 16 dicembre potete entrare tutti nel Nirvanaverse, entrando nello spazio thenemesis.io/raicinema. Noi ci siamo stati. Ci muoviamo in uno spazio virtuale, che riproduce un grande cinema, con i suoi corridoi e le sue scale, le sue sale. In un corridoio ci sono dei poster. Andando in un cono azzurro davanti ai poster dei personaggi si ha l'accesso ai loro profili social. Ci sono anche il sito e il profilo dell'Okosama Star, la casa di videogiochi al centro di Nirvana che oggi è diventata una multinazionale di gaming on line. C'è un gioco, in cui Tara, oltre a ricevere notizie da Solo, deve provare a creare un virus per distruggere l'Okosama Star. 25 anni dopo, l'universo di Nirvana è ancora vivo. Ed è una cosa entusiasmante.

The Nemesis Nirvanaverse
Nirvanese