Mark Pellington e l'Uomo Falena

Tra dati di cronaca, teorie extradimensionali e introspezione psicologica, Mark Pellington ha creato un film in cui i tre elementi distintivi citati combaciano alla perfezione.

Il giornalista americano John A. Keel iniziò lo studio sistematico delle apparizioni dell'Uomo Falena a partire da quelle che tempestarono, tra il novembre del 1966 e il dicembre del 1967, la cittadina di Point Pleasant in West Virginia. E' tutto quello (con opportune modifiche e inevitabili tagli) che ritroviamo nel film di Mark Pellington (il protagonista di The Mothman Prophecies - voci dall'ombra, John Klein, non è altro che l'alter ego di Keel).
La ricerca del giornalista americano ha portato ad individuare la prima apparizione accertata dell'Uomo Falena nel Kent, in Inghilterra, dove alcuni ragazzini descrissero, neanche troppo minuziosamente, l'essere avvistato: alto e con due grosse ali sulle spalle. Una descrizione più precisa fu fatta tre anni dopo proprio a Point Pleasant da parte di due coppiette intente ad amoreggiare all'interno di una Chevrolet (è una scena che ritroviamo nel film): il "Mothman" (nome attribuito alla misteriosa creatura per la sua presunta somiglianza con la Falena Assassina, uno dei tanti protagonisti dei fumetti di Batman) sarebbe alto oltre due metri, con un corpo di colore grigiastro, dotato di due ali gigantesche e di due occhi rossi molto vividi, nonché in grado di emettere un curioso sibilo simile allo squittio di un topo o di un pipistrello. E' da qui che inizia lo studio sistematico di John Keel. Infatti il giornalista viene contattato da Gray Barker, una vera autorità nel campo degli studi ufologici, decidendo così d'interessarsi al caso. Keel si recò personalmente a Point Pleasant per raccogliere testimonianze, come sogni premonitori, strane telefonate e impressionanti apparizioni (tutte ben documentate nel film di Pellington), ma anche gli interrogatori ai quali i cittadini del West Virginia furono sottoposti da quelli che sembrerebbero essere i fatidici Uomini in Nero.

John A. Keel nel suo libro (con lo stesso titolo del film in esame) mantiene in ogni modo sempre un certo equilibrio tra ipotesi bizzarre e semplice carattere cronachistico degli eventi, non sbilanciandosi mai più di tanto. Il giornalista americano, non scevro però da spiegazioni un po' sopra le righe agli occhi dei più (come quella che considera le apparizioni dell'Uomo Falena come forze psichiche extradimensionali in grado di predire il destino degli uomini, pur non riuscendo a modificarlo in tempo reale), non dà una spiegazione univoca, avvertendo anche del possibile carattere truffaldino delle misteriose creature. C'è anche d'aggiungere che un'altra possibile spiegazione delle apparizioni è da collegarsi ad una maledizione lanciata più di duecento anni fa dal capo di una tribù di pellerossa che viveva nei pressi di Point Pleasant.

Mark Pellington, invece, segue del libro di Keel le vicende di Point Pleasant, cercando di interiorizzare in chiave psicologica gli eventi narrati e senza "costruire" il mostro. L'Uomo Falena è, infatti, ricreato nella mente dello spettatore con mille allusioni, con il particolare uso delle luci e dei colori, e con la deformazione delle immagini (senza l'ausilio quindi di manichini o di trucchi particolari). Inizialmente il regista americano aveva intenzione di girare il film proprio a Point Pleasant, ma le ridotte dimensioni della cittadina e l'assenza del Silver Bridge (ricostruito qualche anno dopo poco più a sud di Point Pleasant), lo fecero desistere. La produzione fu così spinta ad individuare un'altra location, ed essa fu trovata in Pennsylvania, più esattamente nei paraggi di Pittsburgh, a Kittaning nella contea di Armstrong. Gli scenografi fecero del tutto per farla assomigliare a Point Pleasant e, a detta di alcuni abitanti della cittadina del West Virginia che visitarono il set, ci riuscirono egregiamente. Massima cura è stata riposta dalla produzione anche nella ricostruzione del Silver Bridge, ottenuto con l'ausilio di tecniche tradizionali e con un impiego limitato della computer graphics (presente solo per "interagire" con il ponte già esistente a Kittaning). Per la scena del crollo è stato utilizzato un grosso supporto metallico (costruito a Los Angeles) lungo 38 metri per otto metri e mezzo d'altezza e un metro e mezzo di larghezza, e dotato di un complesso meccanismo in grado di far piegare il finto ponte e di far precipitare realisticamente le automobili all'interno del fiume Ohio. Se escludiamo l'indubbio impatto visivo di questo finale, le cose più interessanti del film sono state ottenute da Pellington con una saggia parsimonia di mezzi e puntando l'indice più sulla psicologia dello spettatore che sul facile effetto.