Recensione The Free Will (2006)

Inutilmente prolisso e realizzato in modo scadente, il film di Glasner racconta la dolorosa storia di un uomo profondamente malato.

Maniaco sentimentale

Dopo nove anni trascorsi in un ospedale psichiatrico, per aver stuprato selvaggiamente tre giovani donne, Theo viene rilasciato. Il suo reinserimento nella società però è difficoltoso, e nonostante egli abbia trovato un lavoro, fa fatica a reprimere i suoi impulsi sessuali legati ad un odio profondo verso le donne. Un giorno l'uomo conosce Nettie, figlia del suo datore di lavoro e con qualche difficoltà, tra i due nasce una tenera storia d'amore. Neanche questo però, riesce a cancellare la sua ferocia, che come egli stesso ammette, ormai fa parte di lui, nonostante i lunghi anni di cure.

La storia di The Free Will - diretto da Matthias Glasner e presentato nella sezione competitiva della 56esima edizione del Festival di Berlino - è interessante, soprattutto se si considera che almeno per una volta i disturbi mentali del protagonista non sono il pretesto per raccontare il solito thriller scontato, ma per descrivere la furia di un uomo profondamente malato, così come il suo dolore ed i suoi tentativi di dominare i suoi impulsi distruttivi. Premesso questo, il film fallisce su più fronti, a cominciare dalla regia sciatta, dilettantistica e d'impostazione televisiva.

Nonostante il coraggio nel mostrare scene particolarmente esplicite e violente, il regista non dimostra altrettanta audacia ed inventiva dal punto di vista tecnico, e il risultato è un prodotto decisamente scadente ed inutilmente prolisso. Quasi tre ore di pellicola infarcite di dialoghi e silenzi inutili spezzati da grida isteriche, per ricostruire la triste discesa di Theo negli inferi della propria malattia.

Nelle intenzioni di Glasner, per sua stessa ammissione, The Free Will dovrebbe essere un dramma sulla paura della solitudine, ma in realtà il suo film non approfondisce questo aspetto, e si limita invece a raccontare i faticosi tentativi del protagonista di dominare il proprio odio accecante verso le donne. Per il resto se si escludono la parte centrale ed il finale del film, più "riusciti", il tutto si dilunga compromettendo seriamente l'attenzione dello spettatore.

Movieplayer.it

2.0/5