L’ultimo viaggio: un ritorno al passato fra gli orrori di ieri e di oggi

Il percorso on the road di un anziano ex cosacco nell'Ucraina del 2014, in compagnia della giovane nipote e di un ragazzo di origine russa, per fronteggiare il passato traumatico della Seconda Guerra Mondiale. La nostra recensione de L'ultimo viaggio, seconda prova da regista di Nick Baker-Monteys.

L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in un momento del film
L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in un momento del film

Dal secondo dopoguerra a oggi, in innumerevoli occasioni il cinema tedesco si è trovato a fare i conti con il trauma mai rimosso del secondo conflitto mondiale, e con tutto il carico di orrore (il nazismo, l'Olocausto e non solo) che quell'oscuro capitolo della storia contemporanea porta con sé. Un gigantesco senso di colpa collettivo declinato, di volta in volta, in un caleidoscopio di rimorsi e responsabilità individuali, sempre pronti a riaffiorare.

È lo stesso meccanismo alla base de L'ultimo viaggio, opera seconda del regista tedesco Nick Baker-Monteys (a ben sette anni di distanza dall'esordio con Der Mann, der über Autos sprang) e sua prima pellicola a essere distribuita in Italia: un film on the road ambientato fra la Germania e l'Ucraina nella primavera del 2014, negli stessi giorni dello scoppio di quella rivolta che sarebbe poi sfociata nella cosiddetta guerra del Donbass.

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In viaggio con il nonno

L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in una scena del film
L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in una scena del film

Ad interpretare il ruolo principale, quello dell'ultranovantenne Eduard Leander, è il veterano Jürgen Prochnow, un attore dal curriculum ricchissimo sia di titoli di culto del cinema tedesco (Il caso Katharina Blum, U-Boot 96), sia di grandi successi internazionali (Beverly Hills Cop II - Un piedipiatti a Beverly Hills 2, Il paziente inglese, Il codice Da Vinci). In gioventù Leander era stato ufficiale della cavalleria cosacca di stanza in Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale; e proprio l'Ucraina sarà la meta del viaggio intrapreso da Eduard subito dopo la morte della moglie, che nell'incipit del film si spegne silenziosamente accanto a lui di fronte alla TV accesa. Sua figlia Uli (Suzanne von Borsody), proprietaria di un ristorante, non comprende le ragioni del padre e accoglie con preoccupazione la notizia della sua partenza; ad accompagnare Eduard, in compenso, sarà la nipote Adele (Petra Schmidt-Schaller), che per la prima volta avrà l'occasione di conoscere davvero quel nonno con il quale fatica a parlare.

L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller e Jürgen Prochnow in una scena del film
L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller e Jürgen Prochnow in una scena del film
L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in un'immagine del film
L'ultimo viaggio: Jürgen Prochnow in un'immagine del film

L'ultimo viaggio si apre su questo scenario: rapporti familiari freddi, segnati dalle difficoltà di comunicazione fra i membri di tre differenti generazioni e dalla rispettiva solitudine nelle vite dei tre comprimari. Se il personaggio di Eduard Leander sembra prigioniero di un ostinato silenzio, affidando unicamente allo sguardo un peso e una sofferenza che la nipote può soltanto intuire, Adele ci viene presentata come una ragazza che rifiuta di instaurare legami duraturi. Dalla partenza di quel treno diretto in Ucraina, lei e il nonno saranno dunque due bizzarri compagni di viaggio, ai quali si unirà, come una sorta di guida, Lew (Tambet Tuisk), di sangue russo ma cresciuto in Ucraina, e dotato quindi di una gravosa "doppia identità" in uno dei momenti più drammatici nella storia del suo paese.

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L'Ucraina, luogo di memoria fra passato e presente

L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller in una scena del film
L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller in una scena del film

Il film di Nick Baker-Monteys, infatti, è imperniato su questo parallelismo: il passato e il presente di una nazione, l'Ucraina, che negli anni Quaranta fu devastata dall'occupazione tedesca e divenne teatro degli scontri fra la Wehrmacht e l'Armata Rossa, e che nel 2014 è stata sconvolta da una guerra interna e dall'invasione delle truppe russe sul confine orientale. Il viaggio di Eduard, Adele e Lew nei pressi di Kiev, nei luoghi del passato di Leander, si svolge non a caso nel momento in cui l'Ucraina si sta trasformando di nuovo in un territorio di guerra, e il regista si cura di sottolineare tale aspetto: emblematica in tal senso la sequenza in cui una disperata Uli viene bloccata alla frontiera mentre tenta di raggiungere il padre e la figlia. Alle lacerazioni dell'Ucraina odierna allude inoltre a chiare lettere il personaggio di Lew, il quale tuttavia avrebbe potuto essere sviluppato in misura più significativa.

L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller e Tambet Tuisk in una scena del film
L'ultimo viaggio: Petra Schmidt-Schaller e Tambet Tuisk in una scena del film

Ma la sceneggiatura del regista e di Alexandra Umminger preferisce restare focalizzata sulla figura di Eduard, sulle rivelazioni riguardanti i suoi anni da cosacco e sulle contraddizioni morali di un uomo ancora segnato da una guerra lontanissima e dalle scelte compiute più di settant'anni prima. Tematiche - senza svelare troppi dettagli sulla parte finale - quanto mai complesse e impegnative, che il film affronta senza manicheismi e con un lodevole approccio realista, per quanto non sempre in maniera così approfondita, e inciampando su un inutile subplot sentimentale fra Adele e Lew. Una struttura narrativa non sempre impeccabile, insomma, per un'opera che rivela comunque moltissimi spunti d'interesse e che, nella recitazione interiorizzata degli interpreti e nella costruzione credibile dei relativi personaggi, trova due dei suoi principali punti di forza.

Movieplayer.it

3.0/5