Inter Campus: Massimo Moratti e Gabriele Salvatores a Locarno

Il patron dell'Inter e il regista-tifoso arrivano a Locarno per la presentazione del documentario 'Petites historias das crianças'.

Locarno si tinge di nerazzurro all'arrivo della delegazione giunta a presentare il documentario Petites historias das crianças che mostra l'importante attività svolta in questi anni da Inter Campus nei paesi poveri o in stato di guerra. Sono presenti i tre registi: l'interista doc Gabriele Salvatores, con tanto di camicia hawaiana, Fabio Scamoni e Guido Lazzarini. Con loro il presidentissimo Massimo Moratti e il quasi omonimo Massimo Moretti, curatore del progetto. Inter Campus è attivo in una serie di paesi che va dalla Cina alla Colombia, dal Brasile alla Romania fino all'Iran e al Libano.

"E' difficile decidere dove attivare il nostro progetto, ma di fatto non siamo quasi mai noi a scegliere" spiega Moretti. "Il progetto Inter Campus è nato per caso in Brasile, all'interno di una favela. Ci siamo recati lì e abbiamo visto i ragazzini che giocavano a calcio. Da lì in poi è nata l'idea di usare il nome dell'Inter e il gioco del calcio per aiutarli. Ci siamo informati per capire quale era il loro reale problema. In Brasile il tasso delle famiglie con i genitori separati è elevatissimo. Gli uomini se ne vanno di casa lasciando la moglie sola con i figli, che restano a casa e non frequentano la scuola. Noi li spingiamo a tornare a studiare e in cambio li facciamo giocare a calcio con la maglia dell'Inter che diventa così un simbolo di speranza".
Gabriele Salvatores ribadisce che "il vero scopo del progetto non è quello di formare calciatori. Fino ad oggi mi pare che nessuno dei ragazzi di Inter Campus sia entrato nell'Inter. Se accadrà ben venga, ma l'importante è formare persone migliori, magari medici, avvocati o insegnanti. L'importante è ridargli fiducia nel domani. Girando il documentario abbiamo riscontrato che i ragazzi, fino ai dieci anni, sono ancora pieni di sogni e speranze. Dagli undici in poi entrano in contatto diretto con la realtà che li circonda e perdono la propria ingenuità. Noi vogliamo prolungare la loro infanzia per quanto ci è possibile".

Il presidente Moratti rifiuta qualsiasi etichetta che fa riferimento alla nobiltà d'animo o all'eccesso di buonismo, spiegando semplicemente "che il progetto è nato per far fronte a delle necessità reali. Tutte le persone coinvolte si sono prese dei rischi a livello personale, perché un progetto che va avanti in uno stato in difficoltà per dieci anni lo fa solo grazie alle persone. A ragazzi che fanno gli allenatori in Camerun per 50 euro al mese. Senza di loro non ci sarebbe Inter Campus". Massimo Moretti ribadisce che Petites historias das crianças.

Quando viene chiesto ai registi quali difficoltà hanno avuto a girare il documentario, loro soprendentemente rispondono che, nonostante la pericolosità dei luoghi, né in Iran né in Colombia né in altre zone a rischio hanno avuto problemi. "Un giorno, mentre giravamo in Brasile la polizia ci ha avvisato di uscire dalla zona in cui ci trovavamo perché stava per scattare una retata nella favela. Ci siamo immediatamente allontanati e non è successo niente. I padroni delle favelas sono i narcotrafficanti che fanno il bello e il cattivo tempo. Però anche loro hanno dei figli e si auspicano che non facciano la loro stessa vita. Noi gli diamo una possibilità, una via di fuga dalla delinquenza. Per questo motivo i trafficanti ci accolgono volentieri, ci fanno lavorare, anzi collaborano con noi. La difficoltà più grande" conclude Salvatores "è stata quella dell'approccio dei bambini con la telecamera. Alcuni ne erano spaventati e intimoriti, forse perché non ne avevano mai vista una. Questi bambini, con la loro spontaneità, hanno ridato al calcio quello che il professionismo ormai ha perso: la voglia di giocare insieme, di essere squadra, lo spirito di aggregazione uniti tutti da una stessa maglia".