Recensione The Bourne Ultimatum - il ritorno dello sciacallo (2007)

Il thriller perde il suo ruolo di pellicola di puro intrattenimento e si riconferma un'analisi spettacolare di un uomo alla ricerca della propria identità nell'epoca del Grande Fratello.

Inafferrabile Bourne

Avevano fatto di un uomo qualunque una perfetta macchina omicida, ora il loro unico obiettivo è neutralizzarla. Che fatica la vita dell'agente segreto Jason Bourne, addestrato ad uccidere dalla CIA nell'ambito dell'operazione Treadstone, che dopo aver lottato per riappropriarsi di un'identità ed aver vendicato il brutale assassinio della propria donna, torna ora a districarsi per il labirinto del mondo per ritrovare finalmente il proprio sé stesso. Per far questo deve però prima sopravvivere alla furia dei suoi ex padroni, decisi ad eliminare una volta per tutte quell'uomo che rappresenta per loro ormai soltanto una pericolosa minaccia. Ancora una volta Bourne è alla ricerca di risposte, la memoria che troppo spesso lo ha abbandonato è ora chiamata ad uno sforzo critico cosicché il viaggio per le zone calde del globo, per sfuggire ad una morte certa programmata dai suoi burattinai, diventi un peregrinare nella nebbia della propria mente, alla ricerca dell'origine del sé. Si chiude così, con The Bourne Ultimatum, la trilogia dell'agente Jason Bourne, interpretato dal glaciale Matt Damon, che ha ridato nuovo impulso al genere spionistico d'azione grazie alla sua originalità e ad una tecnica di racconto da cardiopalma.

Quest'ultimo capitolo della serie è prima di tutto un attento trattato sul post-moderno, del quale amplifica le caratteristiche distintive. Innanzitutto il controllo pervasivo da parte del sistema sull'individuo che cerca di sfuggirgli, ma ne è egli stesso prodotto, intrappolato in una sorta di circolo vizioso. Si torna a parlare delle zone oscure della CIA, recentemente messa in discussione da altri film americani, non ultimo il Rendition visto all'ultima Festa del cinema di Roma che punta il dito sull'infame politica dell'extraordinary rendition, pratica che annulla i diritti umani fondamentali dell'individuo per estorcergli informazioni relative alla sicurezza nazionale con l'ausilio di tecniche di tortura. Qui ad essere sorvegliato è un prodotto stesso di quel sistema, un uomo trasformato in una potente arma umana programmata per uccidere. E di questa nuova era The Bourne Ultimatum utilizza i più innovativi sistemi di comunicazione, che raggiungono l'uomo anche negli angoli più remoti del mondo, e fa propri gli elementi essenziali della velocità (grazie ad un montaggio che non lascia tregua), della globalizzazione, della precarietà del vivere quotidiano.

Anche per questo terzo resoconto delle imprese straordinarie dell'agente Bourne, ispirate ai classici del giallo di Robert Ludlum e sceneggiate da un team d'eccezione capitanato da Tony Gilroy (che ha recentemente debuttato alla regia con Michael Clayton), dietro la macchina da presa è stato riconfermato Paul Greengrass, che nel frattempo ha sfiorato l'Oscar col suo convincente United 93. Greengrass non si smentisce e prosegue la sua idea di una regia che abbracci l'azione per avvicinare così lo spettatore al massimo a quanto messo in scena, con camera a mano, movimenti nevrotici e montaggio serrato. La sensazione in certi passaggi è da mal di mare, ma il coinvolgimento è assicurato, anche perché il film può contare su inseguimenti e scontri fisici dalle coreografie altamente spettacolari, che hanno il suo punto più entusiasmante nel fenomenale corpo a corpo tra Bourne e il suo killer per i tetti di Tangeri. E ancora l'agente Matt Damon (e l'ombra del suo incredibile stuntman) dovrà divincolarsi per le strade di mezza Europa prima di tornare a New York, insieme casa e fabbrica in passato di una nuova esistenza sulla quale non ha più il controllo.

Con The Bourne Ultimatum il thriller perde il suo ruolo di pellicola di puro intrattenimento e si riconferma un'analisi spettacolare di un uomo alla ricerca della propria identità nell'epoca del Grande Fratello. Questo terzo capitolo è quello della resa dei conti, quando l'uomo-arma deve finalmente tornare al principio per ritrovare sé stesso e i ricordi perduti. Inevitabile allora il confronto del killer redento col proprio doppio, che in questo caso è il nuovo sicario senza rimorsi di marca CIA chiamata a disinnescare la bomba Bourne, ed il faccia a faccia con quello che si era, al punto in cui si è adesso, agita nell'uomo nuovi interrogativi che non possono più essere rimandati. In una storia così maschile e primordiale, che non può concedere nulla alle pulsioni affettive, la donna fa capolino nel solito ruolo dell'aiutante dell'eroe, invischiata prima nelle trame subdole dei potenti, ma poi capace di riconoscere il buono e quindi offrire a chi è in difficoltà la propria lealtà e un aiuto essenziale. The Bourne Ultimatum offre uno sguardo globale sul mondo e sull'uomo del nuovo millennio e prova a superare i limiti della produzione ad alto budget fornendo un intrattenimento intelligente, che coinvolge e sorprende grazie ad azioni straordinarie, ma sa ritornare con notevole abilità a quella dimensione più intima dell'uomo in lotta per la sopravvivenza. Un degno epilogo per una trilogia destinata a far scuola.