Recensione Sopravvivere con i lupi (2007)

Arriva in sala Sopravvivere coi Lupi, l'avventura di una bambina ebrea che durante la guerra attraversa a piedi l'Europa alla ricerca dei genitori. Tratto dalla falsa autobiografia di Misha Defonseca.

In cerca di mamma e papà nell'Europa nazista

Siamo nel maggio del 1940, i tedeschi hanno appena invaso il Belgio e la Seconda Guerra Mondiale avanza verso Ovest. Misha, una bambina ebrea di sei anni che vive a Bruxelles, non capisce perché la sua vita negli ultimi tempi sia così cambiata: insieme ai suoi genitori vive ora rinchiusa in una stanza e non va neanche più a scuola. Esattamente un anno dopo i nazisti scoprono il nascondiglio e i suoi genitori vengono arrestati e poi deportati. Affidata a una famiglia di cattolici e spacciata come loro figlia, in cambio dei soldi che mamma e papà avevano messo da parte per salvarle la vita, Misha subisce ogni tipo di cattiveria e prima che i suoi aguzzini la consegnino ai tedeschi decide di scappare e dirigersi ad Est. Con addosso qualche straccio e in tasca una minuscola bussola, la piccola e tenace ragazzina attraverserà a piedi, villaggio dopo villaggio, il cuore dell'Europa fino in Ucraina in cerca dei suoi adorati genitori. Rubando qui e là per non morire di fame, Misha unirà ad un certo punto il suo destino con quello di una coppia di lupi che diverranno i suoi unici amici per tutti i quattro lunghi anni di cattività nella foresta. La nutriranno e la proteggeranno fino a farla diventare quasi una di loro, ma al suo ritorno in Belgio dopo la fine della guerra Misha dovrà confrontarsi con la cruda realtà da cui ha tentato invano di fuggire.

Usciti in Francia a meno di un mese di distanza l'uno dall'altro, La volpe e la bambina di Luc Jacquet e Sopravvivere con i lupi di Vera Belmont sono la dimostrazione tangibile di come l'amore viscerale del cinema francese per le avventure incentrate sul rapporto uomo-animale non si sia mai scalfito negli anni ma solo trasformato. Dopo lungometraggi e documentari di Cousteau, Annaud, Besson e chi ne ha più ne metta, ecco che il cinema francese ci regala un'altra grande avventura all'insegna dell'amicizia più istintiva, una storia che però stavolta non ha i toni leggeri e spensierati che tutti si aspettano. Se il film di Jacquet si riproponeva infatti di illustrare con toni delicati e fiabeschi il magico rapporto tra la piccola volpe e la bambina nei rispettivi habitat naturali, quello della regista Vera Belmont è invece un racconto spesso crudo, avvolto da una spessa coltre di drammaticità, ambientato nell'Europa nazista durante gli orribili anni della Shoah.

Tratto dall'omonimo best-seller della scrittrice Misha Defonseca (spacciato per più di 10 anni come autobiografico) il film è di quelli che vorrebbe essere tante cose ma che finisce per ridursi a poco più di un improbabile docu-film a metà tra una retorica rilettura in chiave dark di Cappuccetto Rosso e una versione al femminile de Il Libro della Giungla. Sopravvivere con i lupi è, a tratti, un film intenso che riesce a rendere alla perfezione lo stato d'animo della piccola protagonista, la sua profonda disperazione, la solitudine di un'anima fragile abbandonata al suo destino, ma è allo stesso tempo anche un'opera incompleta e astrusa che perde una buona occasione per raccontare in modo trasversale gli anni dell'Olocausto con un linguaggio fruibile dai più giovani.

La sensazione è che il tragico scenario delle deportazioni degli ebrei sia stato piuttosto un ruffiano pretesto e non l'idea di partenza attorno alla quale costruire il tutto. Certo, la metafora nazista/lupo, usata spessissimo durante il racconto, la dice lunga sulle intenzioni della regista (e su quelle della scrittrice) ma lunge dal poter essere considerata un'acuta ed originale riflessione sul momento storico cui il romanzo fa riferimento o sulla violenza degli uomini. E' impossibile in alcuni momenti non lasciarsi travolgere dalla poesia delle immagini, da quello sguardo spaurito e da quel visino triste alle prese con un continuo distacco dagli affetti, ma i tempi eccessivamente dilatati e lo stile enfatico con cui la Belmont sceglie di mostrare i dettagli più crudi della metamorfosi ferina subita dalla protagonista, alla lunga snervano e infastidiscono lo spettatore anziché attirare la sua attenzione.

Il finale è struggente, le brevi sequenze di repertorio un dovere assolto solo in parte, l'interpretazione della piccola Mathilde Goffart a dir poco fenomenale. Ma Sopravvivere con i lupi sa troppo di già visto, di stucchevole, di poco avventuroso, di puro esercizio estetico. Sa troppo di fasullo.

Movieplayer.it

2.0/5