Il regno, la recensione: Il film di Rodrigo Sorogoyen che indaga il mondo politico spagnolo

La recensione de Il regno: Rodrigo Sorogoyen vuole raccontare il mondo politico reale dietro la facciata d'ordinanza, andando oltre i privilegi e i fasti.

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Il Regno: Antonio de la Torre, Luis Zahera in una scena del film

Siamo nel 2019 e i thriller politici riescono ancora a creare un proprio dominio all'interno del panorama cinematografico mondiale. Uno spazio ben giostrato, consistente di una moltitudine di livelli e, proprio grazie a questi, è possibile articolare la recensione del Il regno con diversi filtri di lettura. Il film, vincitore di ben sette premi Goya, racconta una politica spagnola vista come un Regno che non muore mai, che continua a rinvigorirsi e a trarre energia dai Re (e dai relativi subordinati) che prima o poi cadranno.

Imporsi sulla scena politica percorrendo i gradini della corruzione

Al centro della storia de Il Regno c'è un sistema spagnolo che naviga da anni nel mare della corruzione e cerca di trarre beneficio dallo stesso. Una girandola di partite a poker dover le fiches corrispondono a ruoli politici di primo ordine: un tavolo in cui tutti i presenti alla partita devono giocare bene le proprie carte, affinché si riesca a rimanere nella propria posizione e il banco non vinca sempre, portandosi via tutto il possibile e facendo anche di peggio. Il regno di Rodrigo Sorogoyen inizia proprio così, con un gruppo di colleghi e presunti amici di un partito politico che si trovano ad un tavolo a condividere una cena di lusso, dove ognuno di loro è uno splendido servitore della giustizia e del buoncostume: una condizione perfetta, entusiasmante, privilegiata, fino a quando qualcuno non decide di cambiare le carte in tavola a favore di se stesso.

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Il Regno: Antonio de la Torre in una sequenza

All'interno di questo regno c'è Manuel, influente vice segretario regionale che potrebbe diventare Presidente della Regione, con la probabilità di fare carriera e arrivare fino ai vertici del potere di Madrid. Ma quando qualcuno parla troppo e all'orizzonte comincia ad intravedersi l'ombra di uno scandalo che sembra aumentare di dimensioni fino a diventare una vera e propria valanga, riuscire a fuggire indenne rasenta lo 0,01% di possibilità. Eppure, Manuel non vuole farci caso, convinto che il partito, che lo ha sempre sostenuto, interverrà per risolvere la faccenda: una convinzione pronta a sgretolarsi e rendere il quarantenne, che aveva il desiderio di governare il paese, un uomo solo, tradito e, quel che è peggio, espulso dal regno.

La macchina mediatica a servizio dello scandalo

Il film di Rodrigo Sorogoyen intende dare risalto anche all'inevitabile copertura mediatica che si mette a servizio dello scandalo politico, evidenziando quello che non diventa nient'altro che uno scambio di informazioni e consegne da un regno all'altro, dalla politica ai media, dove le regole di ciascuna monarchia confluiscono in uno stesso oceano che bagna due coste diverse del pianeta. Regni travestiti da banchi che vincono sempre, servizi pubblici al servizio di loro stessi più che del cittadino, abili manipolatori e prestigiatori in grado di prendere un uomo ed elevarlo alle alte sfere, così come lasciarlo in mezzo ad una tempesta di sabbia e fargli scavare la fossa da solo.

Un thriller politico dove la lotta alla sopravvivenza è essenziale

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Il Regno: Antonio de la Torre durante una scena del film

Scritto da Isebel Peña e dallo stesso Sorogoyen, il film vede la discesa di un uomo agli inferi che ha contribuito a crearsi, pronto sopravvivere a trascinare con sé tutti i partecipanti (o la maggior parte di essi) della macchina della corruzione. E se ci sono attori validi e adatti a queste tematiche sono proprio quelli appartenenti al cast de Il regno, abili e cangianti, trainati da un Antonio de la Torre in pieno stato di grazia, capace di vestire i panni di un politico mutaforma, coperto di strati fatti di accordi, corruzione ed apparenza, per poi scoprirsi solo un uomo e un uomo solo al centro di una tempesta.

Conclusioni

Concludendo questa recensione de Il regno di Rodrigo Sorogoyen ribadiamo come questo film sia una cartina tornasole di una situazione politica spagnola che sembra non mutare mai, che si fa forte delle proprie carte vincenti, pronte a lasciarle ai margini quando essere cambiano faccia e diventano perdenti. Ma oltre al contesto generale, il film spagnolo mostra anche le stelle e le stalle di un politico che si scopre uomo solo dopo aver toccato il fondo, dopo aver perso tutti quegli strati che lo rendevano una persona cinica e con il solo fine di essere un arrampicatore sociale senz’anima.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.7/5

Perché ci piace

  • La profondità e l’accuratezza nel raccontare la vita di un politico che dal successo si trova nel peggiore dei propri incubi.
  • Un attore protagonista talentoso e sfaccettato, perfetto per vestire i panni di un uomo politico travolto dallo scandalo e con sete di vendetta.

Cosa non va

  • La sceneggiatura, che si sviluppa in poco più di due ore, risulta articolata e compressa, tanto da richiedere allo spettatore una grande concentrazione per non perdere dettagli importanti ai fini della narrazione.