Recensione Creature del cielo (1994)

Un gioiello di rara bellezza che, in tempi non sospetti, già gridava al mondo le doti visionarie e sorprendenti di un giovane, grande regista.

Il mondo incantato di Peter Jackson

Scrivere di Creature del cielo oggi, dopo il successo e la visibilità mondiali ottenuti da Peter Jackson, e scriverne bene, risulta facile e in qualche modo opportunistico.
La difficoltà aumenta, e per alcuni potrebbe sfiorare l'eresia, se si arriva a dire, come ho intenzione di fare, che questo è il suo capolavoro, il gioiello di una filmografia non così estesa e dai toni forti.

Sorprende, in questo film, la misura, l'equilibrio, la delicatezza, l'incredibile capacità di mantenersi saldamente ancorato alla realtà anche nelle scene più oniriche. La capacità di incantare, con immagini e parole, con suoni, con il perfetto uso delle sue giovanissime attrici.
Sorprende, positivamente e bruscamente, chi ha visto il film perchè conosceva di Jackson gli inizi deliranti, provocatori, ben oltre i limiti del cattivo gusto.

Lo spunto è un fatto di cronaca ben noto nella sua Nuova Zelanda: l'amicizia tra Pauline Rieper e Juliet Hulme, portata avanti nel periodo tra il 1952 e il 1954, quando le due ragazze avevano rispettivamente quindici e diciassette anni, e la loro degenerazione in un atto di cruda violenza. La loro fortissima amicizia le rende inseparabili e il loro rapporto è rafforzato dalla grande mole di lettere scambiate tra le due, sia come sè stesse che impersonando i personaggi creati dalla loro fervida fantasia.
Un'amicizia tanto forte da camminare sul filo dell'omosessualità, mal vista e non accettata dai loro genitori, al punto da impedire che le due amiche continuassero a vedersi.

In un film praticamente perfetto, spiccano la splendida sceneggiatura dello stesso Jackson e Frances Walsh che valse loro una nomination ai premi Oscar, e l'interpretazione delle due protagoniste: una Kate Winslet al suo debutto sul grande schermo e Melanie Lynskey. Jackson e la Walsh si mantengono sempre ambigui sull'effettiva natura del rapporto che lega Pauline e Juliet, e anche nelle scene apparentemente più esplicite (quelle in cui sono insieme nella vasca da bagno, per esempio), la sequenza è dipinta con delicatezza e sensibilità, tenendo a bada il rischio di superare i limiti e sfociare in una inevitabile volgarità gratuita.
Sceneggiatura e interpretazioni hanno uguale importanza nella riuscita del film, nel contribuire a renderlo reale anche nelle sequenze ambientate nel Quarto Mondo ("meglio del Paradiso perchè non ci sono Cristiani"), il mondo creato dalle due amiche e abitato da personaggi in argilla.
Con tocco visionario e sensibile, Jackson riesce a fondere il mondo fantastico nella storia, senza che risulti fuori luogo o forzato, o che finisca per catalizzare in modo dannoso l'attenzione dello spettatore, rischiando di distoglierla dal vero fulcro della vicenda.
Gli effetti speciali, autoprodotti dallo stesso Jackson con l'aiuto di quelli che poi sarebbero diventati la WETA e avrebbero realizzato i suoi, più complessi, film successivi, sono eleganti e d'effetto, incredibilmente integrati e affascinanti; provocano il giusto livello di smarrimento nello spettatore, tanto da renderlo partecipe delle fantasie di Pauline e Juliet.

Conscio dell'importanza del realismo per rendere il film efficace, Jackson decide di girare tutto il film nelle vere location in cui la storia si svolse (tranne la casa dei Rieper, ormai demolita), e ha attinto al vero diario di Pauline per cogliere quei dettagli che gli hanno permesso di arricchire situazioni e soprattutto dialoghi. Ed è sempre dal diario della ragazza che ha estratto i brani usati come voce fuori campo (alcuni ovviamente adattati per ottenere il voluto effetto drammatico).
E' con lo stesso intento di immedesimazione e fedeltà in mente che Jackson e la Walsh hano costruito il breve e incisivo prologo, usando materiale audiovisivo d'archivio su Christchurch, per descrivere l'ambientazione, i suoi valori e le sue tradizioni, e immergere da subito lo spettatore nell'atmosfera che circondava le due protagoniste.

L'altissimo realismo della messa in scena rende ancor più cruda e violenta la sequenza finale, di una intensità quasi unica, un pugno nello stomaco dello spettatore, che viene riportato violentemente, con uno strappo netto e brusco, alla sua realtà, dopo aver vissuto per un'ora e mezza in quella delle due giovani amiche.

Movieplayer.it

5.0/5