Recensione Ghost Town (2008)

Ricky Gervais di appropria dello script firmato da Koepp in collaborazione con John Kamps con grande personalità e ne fa qualcosa di assolutamente fresco e brillante.

Fantasmi a Manhattan

Bertram Pincus (Ricky Gervais) è uno schivo, solitario e spigoloso dentista inglese che lavora a New York cercando di evitare quanto possibile i rapporti con il prossimo. Il suo serafico isolamento, però, sarà spezzato da un'esperienza singolare: durante un banale intervento di colonscopia per cui ha preteso l'anestesia totale gli capita di morire per quasi sette minuti. Cosa che il personale dell'ospedale, terrorizzato dalla possibilità di una causa legale, ammette solo quando lui si ripresenta lamentando di aver iniziato a soffrire di allucinazioni. A tormentarlo è proprio la cosa che meno tollera, le persone; per di più queste sono pure defunte. Come nella migliore tradizione dello spiritismo cinematografico soft, infatti, i fantasmi hanno bisogno dell'aiuto dell'unico abitante di Manhattan in grado di percepire la loro presenza per risolvere le questioni lasciate in sospeso e che impediscono loro di "seguire la luce". A prendere particolarmente di mira il riluttante odontoiatra è un arrogante ectoplasma che in vita portò il nome Frank Herlihy, e fu marito sleale e fedifrago (Greg Kinnear). Ora, a un anno dalla sua dipartita, è convinto di dover salvare sua moglie (la bella Tea Leoni) dalle grinfie di un aitante avvocato che mira a sposarla per i suoi quattrini, e intende avvalersi dei servigi di Pincus, che questi lo voglia o no. Ma quando questi incontra la signora, che vive nel suo stesso edificio ma a cui fino ad ora ha sempre negato persino il saluto, si trova ad avere una ragione del tutto personale per mandare all'aria il fidanzamento.

Ghost Town non si discosta granché dai cliché del genere: dalla redenzione del protagonista, alle modalità della sua "epifania", fino allo sviluppo della love story tutto appare prevedibile e predigerito. Ma il film di David Koepp ha un asso nella manica, un asso di nome Ricky Gervais. Anche affidato a una delle stelle della comicità americana, infatti, questo soggetto sarebbe risultato con ogni probabilità del tutto soporifero; il creatore di The Office e Extras, invece, si appropria dello script firmato da Koepp in collaborazione con John Kamps con grande personalità e ne fa qualcosa di assolutamente fresco e brillante. Gervais, privo di particolari doti estetiche e atletiche, con una fisicità goffa, quasi imbarazzante, ha dalla sua un senso dell'improvvisazione straordinario, e uno humour spiazzante e perennemente in crescendo. A questo aggiungasi un cast di supporto di ottimo livello, caratterizzato da scelte abbastanza inusuali per il genere cui appartiene Ghost Town, quelle di due interpreti sofisticati come Greg Kinnear e Tea Leoni; scelte in linea con la comicità cerebrale, ma non fredda, di Gervais, che crea un'atmosfera malinconica, spesso dolente, e regala momenti di autentica commozione.

Inserito nell'appropriato scenario di una Manhattan crepuscolare e autunnale ben fotografata da Fred Murphy, quello di Koepp è un film gradevolissimo che toglie ogni dubbio sulla stoffa da leading man di Ricky Gervais, rendendoci ancora più ansiosi di vedere il suo imminente The Invention of Lying e i successivi progetti, più personali - come Cemetery Junction, in cui tornerà a fare coppia con il suo storico compare Stephen Merchant.

Movieplayer.it

3.0/5