Recensione Maria di Nazareth (2011)

La miniserie in due puntate di Campiotti è dedicata alla figura umana di Maria, al suo ruolo di donna e di madre, e sono altre due donne, Maddalena e Erodiade, a farle da contraltare nel suo percorso di vita.

Donna, prima che santa

Che si sia credenti o meno, è impossibile ignorare la storia di Gesù Cristo. Meno nota è invece quella di sua madre, Maria, cui anche gli stessi Vangeli dedicano uno spazio più che esiguo. Di lei viene detto che sia nata senza peccato e che abbia concepito il figlio di Dio senza alcun intervento umano. Ma della sua infanzia, della sua prima giovinezza, del suo rapporto con il figlio e con il marito, nulla si sa e nulla sembra interessare. Alla Lux Vide e alla Rai devono aver pensato che, invece, un certo approfondimento la figura di Maria se lo meritava: proprio su di lei è infatti incentrata la miniserie in due puntate che andrà in onda domenica 1 e lunedì 2 aprile, in pieno periodo pre-pasquale, su Rai 1. E, data la scarsità di fonti canoniche a cui rifarsi onde ricostruire vita e pensieri della protagonista, il regista Giacomo Campiotti e lo sceneggiatore Francesco Arlanch hanno dovuto prendersi ampie libertà narrative, pur mantenendosi fedeli a quella che è l'immagine che la Chiesa, o anche soltanto il sentire popolare, hanno attribuito alla madre di Gesù.

Maria è infatti una donna dolce, sensibile, generosa, ma non per questo priva di determinazione o di forza. Nell'immaginazione degli autori, Maria è inoltre unita da una salda amicizia con Maddalena, quella stessa Maddalena che tutti ricordano per essere scampata alla lapidazione per adulterio grazie all'intervento di Gesù, e che dopo quell'episodio ne divenne una delle più fedeli seguaci. Le strade delle due ragazze sono destinate, come prevedibile, a separarsi presto: l'una dovrà affrontare le responsabilità della maternità e del matrimonio con un Giuseppe ben più reticente di quello della tradizione, l'altra accetterà le lusinghe della vita di corte e entrerà nel seguito della perfida Erodiade. Le vicende familiari di Maria, le sue ansie di madre e di moglie, si intrecciano quindi con la storia del popolo di Israele e del suo tentativo di emancipazione dal giogo romano, costantemente frustrato dai sotterfugi della bella regina, di cui Maddalena diventerà presto un passivo quanto efficace strumento.

E' totalmente intorno alla figura femminile che si dipana l'opera di Campiotti: non è soltanto il valore umano di Maria a essere protagonista, ma anche la debolezza, la fallibilità, quando non la più cieca cattiveria sono declinate dal punto di vista della donna. Suscita un certo interesse ripercorrere la vita e le opere di Gesù attraverso il rapporto di causa-effetto che hanno intrecciato con queste tre diversissime donne, e la sceneggiatura ha lavorato bene nell'innestare in maniera credibile l'elemento di fiction sul background, fatto tanto di storia quanto di catechismo più o meno coatto, così ben radicato nell'immaginario collettivo. Nonostante questo, o forse proprio per questa ambizione ad abbracciare fede e invenzione, misticismo e gusto per l'intreccio, il lavoro di Campiotti rischia di lasciare spiazzato lo spettatore. Un'alternanza troppo netta di atmosfere cospiratorie, sequenze intimistiche e riproposizioni pedisseque, ben poco trascinanti, dei passi più noti dei Vangeli impartisce scarso ritmo alla narrazione, avvicinandola a un racconto episodico più che a un insieme adeguatamente strutturato. Con l'intenzione di rendere conto della diversa personalità delle tre protagoniste e del loro differente modo di vedere il mondo, la sceneggiatura ha perso di unitarietà, anche in conseguenza della scelta di non voler decentrare eccessivamente la figura di Gesù, senza però offrirne una chiave di lettura originale.

Quello di Campiotti è sicuramente uno spunto meritevole di attenzione, e sottolineare il ruolo di madre, di donna, di essere umano di Maria è un'operazione in parte riuscita, anche grazie all'azzeccata scelta di Alissa Jung, che sa conferire una certa forza alla propria interpretazione. Un'analoga riflessione vale per gli altri coprotagonisti: l'approfondimento dedicato alla caratterizzazione dei personaggi, e alla scelta di un cast efficace, è evidente, ma non è adeguatamente sfruttato a livello di sceneggiatura.

Movieplayer.it

2.0/5