Recensione Inside Man (2006)

Impeccabile per regia, sceneggiatura e interpretazioni, Inside Man travalica il genere e si fa riflessione su realtà e finzione, su apparenza e sostanza. Sul racconto e sul raccontare in senso ampio.

Dentro e fuori una rapina

Nell'incipt del film, con un Clive Owen che sguardo dritto in macchina ci si rivolge direttamente e ci mette in guardia su alcuni punti chiave, è contenuto tutto il significato di questa nuova fatica di Spike Lee. Tra le altre cose (citiamo a memoria) Owen allerta: fate attenzione a quello che dico, perché scelgo le mie parole con attenzione e non mi ripeto mai, e ancora c'è una bella differenza tra lo stare in una cella e lo stare in prigione. Ecco, con questo attacco, Lee ha già enunciato il senso tutto del suo film, un film dove ogni elemento è scelto accuratamente e riveste un significato preciso e specifico; un film dove tutto e tutti sono esattamente quello che sono e non quello che sembrano.

Inside Man è un film profondamente calato all'interno del genere e delle sue regole, e proprio per questo travalica l'uno e le altre. Heist movie fortemente intriso di mitologia noir (ed il noir è il genere dell'incertezza) Inside Man non è soltanto un ottimo film (appunto) di genere: non è soltanto l'ennesima occasione grazie alla quale Lee ha affrescato la New York dei giorni nostri, la sua cultura e le sue ossessioni nel post 11 settembre. Ma è un film che mette al centro del suo racconto le dinamiche stesse del raccontare, dello scambio comunicativo tra una fonte e un pubblico, delle illusioni e dei fraintendimenti che (in)consciamente entrano in gioco nel momento della decodifica attuata dal ricevente. Banalizzando, è un film che gioca per l'appunto con l'incertezza, con le illusione dell'apparenza, che non inganna ma che lascia che i suoi protagonisti ed il pubblico s'ingannino da soli nonostante abbiano a disposizione fin dall'inizio tutto quanto serve per una decodifica corretta del messaggio.

All'interno del film sono numerosi gli esempi a riguardo, a partire dalla dinamica attuata tra interno ed esterno della banca. Chi è dentro manda messaggi relativi alle loro intenzioni, alle loro richieste, compie (mette in scena) azioni. Chi è fuori interpreta, ma spesso e volentieri queste interpretazioni sono errate, frutto di preconcetti, costruzioni mentali o trappole studiate ad arte. Anche chi è dentro la banca come ostaggio è costretto ad essere spettatore di una rappresentazione, che contiene in parti uguali verità e menzogna.

Il pubblico non solo assiste a tutto questo, ma in più si deve confrontare con i contorni (apparentemente) sfumati di molti personaggi, dal poliziotto in odore di corruzione di Denzel Washington alla misteriosa figura interpretata da Jodie Foster, al ricchissimo direttore di banca col volto di Christopher Plummer. Il pubblico, soprattutto, segue la ricostruzione delle vicende attraverso un meccanismo di flashback e flashforward che lo mette al fianco del detective Denzel Washington nell'ascoltare le deposizioni degli ostaggi, la loro ricostruzione dei fatti, sapendo come sanno i poliziotti del film che tra di loro ci sono degli impostori, ci sono i veri rapinatori.

Ricostruzione: parola chiave per Inside Man, ottimo film di genere impeccabile per regia, sceneggiatura e interpretazioni, che come detto travalica il genere e si fa riflessione su realtà e finzione, su apparenza e sostanza. Sul racconto e sul raccontare in senso ampio.