Recensione Dragonfly - Il segno della libellula (2002)

Un'occasione sprecata, soprattutto perché la trama presenta spunti interessanti che non vengono sviluppati adeguatamente.

Balla con le libellule

Il tema dell'esperienza pre-morte non è privo di fascino. Eppure non è stato ancora sfruttato adeguatamente dal cinema. La situazione, purtroppo, resta tale anche dopo questo Dragonfly - Il segno della libellula, un film a metà tra la favola New Age e il thriller parapsicologico di ultima generazione.
La tormentata elaborazione del lutto da parte del protagonista è trattata in maniera estremamente qualunquistica, contornata anche da una imbarazzante superficialità con cui gli amici del malcapitato e tutti coloro che "gravitano" nel suo spazio vitale affrontano la vicenda. Quella che ne risulta è un'occasione sprecata, soprattutto perché la trama presenta spunti interessanti che non vengono sviluppati adeguatamente. L'argomento affrontato dal regista è quello dell'eterno dilemma della vita dopo la morte, terreno già calcato negli ultimi tempi (con maggior successo, ci preme sottolineare) da altre pellicole, come il sensazionale The Mothman Prophecies o l'altrettanto sconvolgente Il sesto senso. Dragonfly - Il segno della libellula, invece, sembra essere in definitiva una copia aggiornata, e dai toni decisamente melensi, di Balla coi lupi (soprattutto per l'epilogo terzomondista) con qualche spavento horror di supporto che fuoriesce da una regia disattenta e prevedibile, soprattutto nei momenti in cui il rapporto tra narrazione e soluzioni visive dovrebbe essere più curato.

L'insistito riguardo per le ipotesi miracolistiche e per le facili tendenze alle lacrime (la tristezza del reparto di oncologia pediatrica è sottolineata in modo straziante, come da copione), fanno fallire il film proprio per l'incapacità di far girare intorno ad un obiettivo ben definito l'interesse dello spettatore. Inoltre l'interpretazione di Kevin Costner è di una
perfezione glaciale, come se l'attore fosse poco convinto delle emozioni e dei timori che invece dovrebbe provare (a tal proposito è da preferirsi mille volte il perenne sguardo basito del Bruce Willis de Il sesto senso). Kathy Bates, invece, è convincente come al solito, ma sicuramente sprecata per un ruolo secondario come il suo. Ciò che rimane è di poco conto.

E se le libellule volano via e gli arcobaleni non sono dappertutto, è facile intuire perché il film stenti a decollare...