Astolfo, Gianni Di Gregorio: “Se interpretassi un serial killer, finirei per far ridere”

Grazia e gentilezza sono le due caratteristiche dell'ultimo film di Gianni Di Gregorio, che il "regista gentile" ha presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e al cinema dal 20 ottobre distribuito da Lucky Red.

Astolfo, Gianni Di Gregorio: “Se interpretassi un serial killer, finirei per far ridere”
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Astolfo: una scena del film

È stata tutta basata sulla grazia e sulla gentilezza la conferenza stampa di Astolfo, una storia d'amore in terza età raccontata da Gianni Di Gregorio e presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, al cinema dal 20 ottobre distribuito da Lucky Red. D'altronde l'amore è la storia delle storie. C'è sempre stato tanto romanticismo nei suoi film ma qui ci concentriamo proprio su una storia d'amore, di cui è co-protagonista Stefania Sandrelli. "Avevo una paura pazzesca alla mia età di fare un film su una storia d'amore. Sarà stata la pandemia, l'isolamento, a farmi venire voglia di raccontarla, poi mentre scrivevamo pensavamo già a Stefania Sandrelli, ma non pensavamo che avrebbe accettato. Tutti ci siamo innamorati di Stefania durante le riprese: era la prova provata che a qualunque età può succedere di tutto".

Gianni Di Gregorio serial killer

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Astolfo: Stefania Sandrelli e Gianni Di Gregorio in una scena del film

Alla proposta di un film horror o su un serial killer, un genere che va per la maggiore, Gianni Di Gregorio risponde che verrebbe fuori qualcosa di esilarante, perché ha una vena comica innata: "Potrei fare almeno un piccolo passo avanti, interpretando un personaggio un po' meno educato". Il paese dove hanno girato il film ha accolto lui e la troupe con calore e affetto, chi voleva poteva pernottare e godersi le bellezza del posto, anche culinarie, o vinicole, c'era molta umanità nell'aria. La stessa che si respira nei film del cineasta dalla mano e dalla parola gentile per tutti, anche attraverso le piccole comunità di persone marginali di cui i personaggi da lui interpretati si circondano, proprio come Astolfo. Dice Di Gregorio: "Siamo partiti da un'esperienza accaduta davvero nella casa di famiglia in un paese dove andavo a ritirarmi per tre mesi all'anno. Lo feci prima del terremoto e si era creato una sorta di Giardino dell'Eden pieno di vecchietti del paese: chi cucinava, chi faceva la spesa, io aiutavo con il denaro perché ne avevano meno di me. Ma eravamo cinque uomini da osteria e ad un certo punto ho dovuto interrompere l'Eden, se fossimo state cinque donne la casa sarebbe stata splendida. Fu un'esperienza intensa ma bellissima, la raccontai a Marco e lui mi convinse che sarebbe potuta diventare un film". Gli fa eco il co-sceneggiatore Marco Pettenello: "Ci siamo divertiti, a casa di Gianni ti viene l'istinto di accamparti e non te ne vorresti più andare anche nella realtà. Ad esempio una ragazza che lavorava al tabacchi sotto casa sua a Trastevere, che abitava in periferia, quando faceva la pausa pranzo e chiudeva il negozio, veniva a mangiare e riposarsi da Gianni. Noi ci mettevamo in un'altra stanza a parlare piano per non disturbare. Questo a testimoniare la sua indole generosa verso i bisognosi. Diventa un piacere essere bisognosi, provi invidia per quel benessere che lui riesce a creare".

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Un set pieno d'umanità

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Astolfo: una scena

Sul set si respirava insomma un clima pieno d'umanità, come testimoniano anche gli altri interpreti del film. Lo conferma Alberto Testone: "Quando si sta sul set con Gianni non si lavora, si sta insieme. Riesce a portare questi sentimenti antichi nella modernità di oggi. È un nobile d'animo, poi lo devo ringraziare da Pranzo di ferragosto in poi mi sta facendo fare carriera coi miei personaggi, da portinaio ad avvocato e così via" (ride). Anche i produttori del film, Matilde e Alberto Barbagallo di Bibi Film, confermano l'indole del cineasta gentile: "Amiamo tutti Gianni, abbiamo prodotto tutti i suoi film perché la sua qualità più grande è la gentilezza e grazia assoluta nel modo di descrivere dei sentimenti umani che sono rari, sono davvero una boccata d'aria per il cuore. Una sorta di 'gentile arrendevolezza' che invece diventa un'opportunità, creando dei rapporti nuovi. Per la prima volta si è cimentato con una commedia romantica pura e ne siamo felici. Astolfo non è una favola, è la verità che diventa favola. La gentilezza è quasi rivoluzionaria di questi tempi. Di Gianni Di Gregorio c'è n'è uno solo. I grandi artisti hanno un'unicità, una specificità e Gianni che è un grandissimo attore lo dimostra soprattutto come regista, perché ha una visione del mondo tutta sua, una spigolatura caratteristica con cui ha la capacità di vedere le cose. È appassionato con tutte le persone che incontra per strada. Per questo è amatissimo in modo sincero, genuino e semplice".

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Gianni Di Gregorio attore e regista

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Astolfo: Gianni Di Gregorio in una scena del film

Aggiunge il co-produttore: "Conosco Gianni da 42 anni, quando ci incontrammo aveva partecipato da poco a una serie di documentari di Rai3 intitolata Riso in bianco, su giovani talenti comici tra cui Benigni, Verdone, Moretti. Lui era truccato da cinese con una macchina fotografica al collo e si muoveva sui set come un agente segreto. Non metteva paura per niente in quella situazione. Un racconto che definisce il suo carattere (ride). A fine anni '70-inizio anni '80 insieme agli amici era fra gli allievi dell'importantissima scuola di teatro all'avanguardia di Alessandro Fersen che portava in scena testi drammatici. Lui però era molto frustrato e dovette lasciare ad un certo punto". Conferma Di GregorIo: "Fersen mi prese da parte dicendomi che ero un attore comico e avrei funzionato di più in quel ruolo. Entravo in scena nel Macbeth con le mani sporche di sangue, pronunciavo le battute e tutti ridevano. In seguito mi fece fare Moliere e Goldoni per aggiustare il tiro". Di Gregorio si affida agli attori come regista, perché sono molto veri e lo aiutano quando ad esempio non si ricorda le battute del copione che ha scritto. Li lascia molto liberi di improvvisare e aggiungere battute, perché "vivo l'esperienza del set come corale, non solo mia. Mi sono sempre sentito più regista che attore, però poi ho studiato recitazione, quindi sono preparato per entrambi i ruoli. Nel mio primo film non avevamo il budget per prendere un attore protagonista - un signore di 50 anni semi alcolizzato che viveva con la madre - quindi mi fu proposto di interpretarlo direttamente io, dato che era come se fosse autobiografico. È stato un vero colpo di fortuna".

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