Vampiro senza denti
Da Berlino a Berlino. Sembra ruotare intorno al festival tedesco l'attività da regista di Shunji Iwai, di ritorno alla Berlinale con Vampire dopo aver portato nel 2005 Hana and Alice, il suo ultimo lavoro precedente, se escludiamo un episodio di New York, I Love You ed il documentario su Kon Ichikawa. Un intervallo di tempo di 6 anni per due film molto diversi tra loro: produzione giapponese e per ragazzi il primo, americana e cupa per il secondo.
Vampire è infatti la prima produzione mada in USA dell'autore giapponese, per un film che, presentato già al Sundance, vuole raccontare di un uomo che prende il sangue ad aspiranti suicide, uccidendole di fatto per dissanguamento.
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Il regista, infatti, dedica tutto sè stesso al progetto, ricoprendo da solo più di un ruolo nella fase produttiva, ma rivelando le pecche maggiori in una di quelle basilari: la sceneggiatura. E' forse la sua origine non americana a tradire l'autore, non a suo agio a scrivere i dialoghi in lingua inglese del film, ma soprattutto a centrare il mood ed il contesto americano della storia. Alcuni momenti danno l'impressione di essere fuori luogo e viene da chiedersi se in un'ambientazione e con interpreti (e lingua) giapponesi sarebbero potuti risultare più credibili.
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E' pur vero anche alcuni dei momenti tra il "vampiro" Simon e le sue vittime hanno la giusta dose di tenera complicità, apparendo convincenti e d'atmosfera, ma non riescono a rendere riuscito Vampire. E' un peccato perchè abbiamo visto scelte più efficaci in altri lavori del regista ed aspettiamo di vederlo alla prova con un nuovo lavoro su territorio americano.
Movieplayer.it
2.0/5