Blake Lively chiede il ritiro delle accuse di stress emotivo contro Justin Baldoni

L'attrice vuole ritirare due capi d'accusa dalla causa contro il regista, ma il team legale di Baldoni si oppone alle condizioni da lei proposte.

Blake Lively

Blake Lively ha avviato le pratiche per ritirare due delle accuse rivolte a Justin Baldoni nell'ambito della causa legale che la vede opposta al regista di It Ends With Us. In particolare, si tratta delle accuse di inflizione intenzionale e negligente di stress emotivo, che erano parte fondamentale della sua azione legale originaria.

Il caso Lively/Baldoni

La richiesta di ritiro è emersa da un documento depositato questa settimana dagli avvocati di Baldoni. Il team legale del regista ha però precisato che la Lively è disposta a ritirare le accuse solo "senza pregiudizio", ovvero lasciando aperta la possibilità di ripresentarle in futuro, piuttosto che rinunciarvi definitivamente.

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It Ends With Us - Siamo Noi A Dire Basta, l'incontro sul tetto tra Blake Lively e Justin Baldoni

Il caso ha preso una piega delicata quando Baldoni ha chiesto alla Corte di obbligare l'attrice a firmare una liberatoria per accedere alle sue cartelle cliniche e alle note terapeutiche. La difesa intende infatti verificare se lo stress emotivo dichiarato da Lively possa essere effettivamente collegato ai comportamenti attribuiti a Baldoni.

Nel documento presentato dagli avvocati del regista si legge: "La signora Lively intende evitare la consegna dei documenti medici che dimostrerebbero l'entità del disagio subito, ma al contempo desidera riservarsi il diritto di ripresentare tali accuse in un momento successivo".

Dal canto suo, il team legale della Lively - composto da Esra Hudson e Mike Gottlieb - ha respinto le affermazioni dell'altra parte, definendo l'azione di Baldoni una "mossa pubblicitaria" e sostenendo che la loro cliente sta semplicemente "semplificando e razionalizzando" il procedimento.

Gli avvocati dell'attrice hanno inoltre evidenziato che la richiesta di accesso ai dati sanitari è infondata, poiché l'elemento dello stress emotivo rimane comunque presente in altre parti della causa, che comprende anche accuse più gravi come molestie sessuali, ritorsioni e danni per diffamazione. "Alcune delle richieste iniziali non sono più necessarie alla luce dei nuovi sviluppi legali e strategici", hanno spiegato.

Il caso, che coinvolge anche il produttore Jamey Heath, si è intensificato nel tempo. La Lively ha presentato la sua azione legale nel dicembre scorso, dopo che Baldoni aveva a sua volta citato in giudizio il New York Times per diffamazione in relazione a quanto avvenuto sul set del film - poi diventato un successo commerciale.

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Siamo noi a dire basta: Blake Lively in una foto del film

Secondo la denuncia della Lively, l'attrice sarebbe stata vittima di molestie da parte di Baldoni e Heath e successivamente bersaglio di una campagna diffamatoria dopo aver denunciato i fatti. Dall'altra parte, Baldoni sostiene che la coppia Lively-Reynolds abbia tentato di estorcergli denaro e che le accuse siano infondate. Il regista ha chiesto 400 milioni di dollari in danni.

Il caso ha assunto una dimensione sempre più complessa, con almeno sei azioni legali collegate in corso. Tra queste figura anche una causa intentata dalla ex addetta stampa di Baldoni, Stephanie Jones, che avrebbe diffuso i messaggi incriminanti, contribuendo ad alimentare la spirale giudiziaria che ora circonda il progetto cinematografico.

Il tribunale dovrà decidere se accogliere la richiesta di ritiro delle accuse da parte della Lively, valutando se procedere con o senza pregiudizio, oppure se obbligarla a fornire la documentazione sanitaria necessaria. Nel diritto civile, è consuetudine che il querelante fornisca tali informazioni qualora invochi danni di natura emotiva o psicologica. La battaglia legale, comunque, è tutt'altro che conclusa.