E' un film che sembra pensato apposta per far discutere, Anonymous. Riproponendo i dubbi sulla reale paternità delle opere attribuite a William Shakespeare, e in particolare la tesi, vecchia di quasi un secolo (e rigettata dalla maggior parte del mondo accademico) che vuole il conte Edward de Vere di Oxford come vero autore dei capolavori firmati dal drammaturgo inglese, il film di Roland Emmerich cerca di scardinare le certezze sulla personalità che è stata la massima espressione della letteratura e della cultura britannica. Al di là dell'impostazione "complottista" del film e di una tesi supportata da illazioni e carenze nella storiografia ufficiale, più che da reali argomentazioni a favore, resta il curioso esperimento del regista di Independence Day, che per una volta abbandona i blockbuster catastrofici per dedicarsi a un dramma storico in costume, che ci immerge nel pieno degli intrighi e delle lotte di potere dell'età elisabettiana. Del film, della sua genesi e del suo impatto sui cultori delle opere del grande drammaturgo britannico, abbiamo parlato col regista e con il protagonista Rhys Ifans, interprete del controverso conte che sarebbe stato il ghost writer (ante litteram) delle opere di Shakespeare.
Ifans, che pensieri ha avuto nell'interpretare un personaggio così particolare? Il conte, nel film, è rappresentato come un grande autore che è impossibilitato a ricevere applausi. Rhys Ifans: Mi piaceva molto l'idea di un personaggio del genere, che a causa dei suoi scritti e della necessità di tenerli nascosti, si trova imprigionato in una specie di mondo alternativo che non può confessare agli altri. La chiave del suo dolore è l'isolamento; ma l'isolamento è anche potere e la capacità di osservare gli altri. Per un attore, in particolare, è sempre fondamentale osservare gli altri.
Nel film si afferma che tutta l'arte ha in realtà una natura politica. Secondo lei, oggi, l'arte ha ancora il potere di condizionare la politica?Io penso che dovrebbe farlo. Specialmente l'arte visiva, che ha il compito di coinvolgere lo spettatore e crea momenti di vero e proprio "eccitamento"; all'epoca l'arte era molto più particolare di oggi e poteva essere un pericolo per il potere; oggi lo stesso ruolo è svolto da internet. Penso comunque che l'arte, anche oggi, abbia il compito di influenzare la società.
Quando le hanno detto che avrebbe recitato nel prossimo film di Roland Emmerich, pensava a un'opera di questo genere?
Sinceramente no, non mi aspettavo nulla del genere. Leggendo il copione, però, ho subito pensato all'aspetto etico dei suoi film, alla sua capacità, che attraversa tutto il suo cinema, di creare mondi verosimili. Credo che i suoi film, oltre alla spettacolarità, abbiano una profondità quasi "forensica" nei personaggi.
Pensa che le nuove forme d'arte, e i nuovi media, possano ricreare lo stesso rapporto viscerale col pubblico che era tipico del teatro di quegli anni?
Credo che la differenza principale stia nella società di allora rispetto a quella attuale: allora la maggior parte della popolazione era analfabeta, e il teatro per molti era l'unico mezzo di informazione; internet invece apre l'informazione, la rende più completa e accessibile a tutti. In quegli anni, un singolo uomo come Shakespeare aveva il potere che ora hanno milioni di blogger.
Lei si sentirebbe di appoggiare la tesi proposta dal film?
A volte sì, a volte no. Non ho sicurezze a riguardo, e penso che nessuno possa averle; la cosa importante, però, è che parliamo di una persona straordinaria che ha creato opere immortali, chiunque sia. Personalmente, trovo un po' povere le argomentazioni di chi sostiene che sia solo Shakespeare l'autore di tutto quel corpus di opere a lui attribuite, mentre le tesi degli "oxfordiani" mi sembrano più convincenti. Ritengo comunque che il film abbia il merito di sollevare la questione: abbracciandone le tesi, cambierebbe il modo di leggere le opere, visto che ognuna di esse diventerebbe una lettera d'amore alla regina o una riflessione sulla politica del tempo.
All'inizio no, ma Shakespeare nelle scuole viene insegnato male. E' un autore che va visto e sentito, non letto. Posso dire di aver scoperto Shakespeare solo alla scuola d'arte drammatica, quando ho iniziato a recitarlo. L'"epifania" l'ho avuta con Riccardo III.
Qual è il suo Shakespeare preferito?
E' difficile dirlo. Certo, Amleto è uno stato mentale più che un personaggio, ma se c'è un personaggio che mi piacerebbe interpretare, magari da vecchio, è quello di Re Lear.
Il conte di Oxford, invece, a quale personaggio di Shakespeare somiglia di più?
E' una sintesi di tutti, diciamo un Romeo che combatte contro Amleto e va a letto con Lady Macbeth.
C'è un autore che può essere definito "lo spirito di questo tempo"?
Shakespeare è difficile da battere. Penso che sia proprio lui lo spirito del nostro tempo.
Lo Shakespeare rappresentato nel film è un pessimo attore. In generale, il film fa capire che chi comanda è sempre lo scrittore, mai l'attore. E' d'accordo con questa visione, e ha simpatia per quel personaggio?
Devo dire che è una visione accurata, perché gli attori all'epoca erano poco più che prostitute; tuttavia, per interpretare un pessimo attore ci vuole un attore molto buono. Il personaggio, comunque, porta al film una certa leggerezza.
Nel film viene messa in scena una dissoluzione dell'identità: vengono applaudite opere di cui il pubblico non sa chi sia il vero autore. E' un po' la stessa cosa che succede oggi con la Rete?
La cosa interessante è che, allora, il 50% delle opere teatrali che venivano rappresentate erano anonime, il pubblico non ne conosceva l'autore. In questo, si può fare un parallelo con internet e con la comunicazione moderna; tuttavia, è importante sottolineare che il teatro fu il primo mezzo, in uno stato totalitario, che permetteva a una singola persona di parlare a così tanta gente.
Nel film si dice esplicitamente che tutta l'arte è politica. Pensa che il concetto valga ancora oggi?
E' un concetto che rappresenta un po' il cuore, il nucleo centrale del film. E' vero che tutta l'arte è politica, così come è vero che la penna è più forte della spada; è la prima cosa che mi colpì 10 anni fa, quando lessi la sceneggiatura. Allora stavo girando The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo, e penso che anche quello, a suo modo, sia un film politico.
In un film ad ambientazione storica come questo, dove finisce la storia e dove inizia la fiction?
Questo è il grande problema che si pone ogni volta che si fa un film come questo: in genere si cerca di attenersi alla storia apportando solo delle piccole modifiche per necessità narrative. In questo caso, ci siamo basati su quello che sappiamo, di certo, sulla figura di Shakespeare: che era un uomo d'affari e che a volte faceva l'attore. Chi ha scritto davvero le opere a lui attribuite? I candidati sono diversi, ma quello più credibile, a mio parere, è proprio il conte di Oxford.
Si aspettava delle reazioni dure da parte del mondo accademico?
Sì, con loro ho già avuto diverse discussioni a riguardo. Loro hanno la sensazione di essere proprietari del nome di Shakespeare, è come un marchio dietro il quale c'è un enorme business, anche turistico. Loro hanno paura che la verità possa essere svelata, perché a quel punto perderebbero il loro potere.
Assolutamente no, anzi: era stato proprio lui a pubblicare, insieme ad altri, il "Manifesto dei Ragionevoli Dubbi sull'Identità di William Shakespeare". Quando gli ho proposto il film ha subito accettato, senza esitazioni.
Nel film c'è quasi sempre un'illuminazione naturale. Ha avuto difficoltà ad ottenerla?
No, grazie alla macchina da presa di nuova generazione che abbiamo scelto, che ci ha consentito di fare un piccolo miracolo. E' un mezzo che non necessita praticamente di nessuna illuminazione artificiale, e i risultati sono stupefacenti: credo che produrrà una rivoluzione nel mondo del cinema.
Girando questo film, le è venuta voglia di farne altri di simili?
Voglio fare ancora altri film come questo, ma anche altri blockbuster. Il prossimo sarà sicuramente una grande produzione.
Tra i film su Shakespeare girati finora, ce n'è qualcuno che l'ha influenzata?
Li ho visti e me li sono studiati tutti, ovviamente, ma mi sono reso conto che dovevo fare qualcosa di completamente diverso: la maggior parte dei film ambientati all'epoca sono carenti soprattutto a livello scenografico. Noi abbiamo ricreato gli ambienti usando il digitale, ma anche la pittura.
C'è un po' di Shakespeare nel cuore di Roland Emmerich?
Credo che lui sia stato il più grande narratore della storia, non oserei mai paragonarmi a lui. Però penso sia nostro dovere raccontare grandi storie: personalmente, più invecchio e più sento questo desiderio.
Lei ha dichiarato di voler fare un film su Tutankhamon. Perché l'affascina questa figura?
Perché è un faraone dimenticato, oscuro, che fu persino cancellato dalla lista dei re. Fu incoronato a 11 anni in un periodo particolare, e fu colui che introdusse il monoteismo nell'antico Egitto.
Vuole parlarci del previsto sequel di Independence Day? Independence Day resta molto vicino al mio cuore, quindi il sequel è tra i miei progetti futuri. Ci stiamo lavorando, ma dovrà essere un sequel particolare, e dovremo per forza richiamare tutto il cast del film originale, compreso Will Smith. La sceneggiatura dovrebbe essere pronta entro la metà del prossimo anno, poi analizzeremo il progetto e vedremo se sarà realizzabile.