Watch Dogs: Legion – Londra brucia nel cortometraggio Ubisoft

Atteso per il prossimo 29 ottobre, il videogioco Watch Dogs: Legion è stato presentato con uno spettacolare cortometraggio firmato da Alberto Mielgo, già autore di Love, Death & Robots.

3
Uno scorcio metropolitano di Londra

Ci sono videogiochi che si tuffano nel passato, altri che si proiettano nel futuro. E poi c'è un'altra via. Più scomoda e allo stesso tempo affascinante. Quella capace di capire il presente, di carpirne lo spirito e di rappresentarlo in ogni sua contraddizione. La saga di Watch Dogs appartiene alla terza scuola di pensiero. Dal 2014 a oggi il franchise targato Ubisoft ha analizzato senza pietà le meravigliose possibilità e le zone d'ombra nel mondo digitale. Una realtà in cui siamo tutti immersi sino al collo e alla quale non è possibile sottrarsi. Una condizione esistenziale in cui essere off line è pura utopia, e che ormai ha superato l'antico duello tra reale e virtuale, ormai stretti nello stesso nodo. Lo sa bene anche Watch Dogs: Legion, terzo capitolo del brand videoludico (in arrivo il prossimo 29 ottobre su Xbox Series X, Xbox One, PS5, PS4, PC e Stadia), che si prospetta ancora più distopico e disincantato.

Sì, perché l'universo di Watch Dogs ha fatto della tecnologia la sua croce e la sua delizia. Un fedele alleato per beffare il Sistema, e allo stesso tempo l'arma migliore del nemico per controllare il popolo, limitare libertà e manipolare le vite altrui. Ambientato nel cuore malsano di una Londra oscura e distopica, Watch Dogs: Legion è stato presentato ufficialmente qualche ora fa attraverso Tipping Point, un cortometraggio diretto da Alberto Mielgo. Un filmato denso, dal ritmo serrato, abile nel tuffare il videogiocatore dentro un'ambientazione caotica, segnata da violente tensioni e conflitti sociali. Ecco cosa abbiamo provato dopo questa prima breve visita tra le strade di un'Inghilterra arrabbiata e feroce.

Rivoluzioni animate

1
Un frame del corto Tipping Point

Quello tra analogico e digitale è un conflitto che non ha risparmiato anche l'animazione. Il tratto caldo e pastoso del disegno a mano è stato poco per volta travolto e sostituito da pixel digitali sempre meno rigidi e gelidi, terreno fertile per sperimentazioni artistiche spesso strabilianti. Negli ultimi anni quello animato è stato un ambito in cui si è azzardato tanto, provando a spingere il mezzo espressivo verso nuove derive e linguaggi ancora inesplorati. I due esempi più virtuosi in tal senso sono stati senza dubbio Spider-Man: Un Nuovo Universo, che ci ha regalato uno dei cinecomic più ispirati, in grado di conciliare a meraviglia il linguaggio fumettistico e quello cinematografico, e Love, Death & Robots, serie antologica di Netflix che per coraggio e visionarietà ci ha ricordato tantissimo Black Mirror. Due lavori in cui c'è lo zampino di Alberto Mielgo, regista di Tipping Point, cortometraggio simile a un biglietto di sola andata per la Londra sporca e inquieta di Watch Dogs: Legion. Art director del film Marvel e autore di uno dei 18 cortometraggi che andavano a comporre la serie Netflix (La Testimone, ovvero uno dei più apprezzati), l'animatore spagnolo ha fatto tesoro di queste due esperienze, riversate entrambe nel lavoro svolto ora per Ubisoft.

Maxresdefault 34
Il protagonista del corto Tipping Point

Da una parte emerge lo stesso stile registico di Love, Death & Roborts, con quell'effetto "camera a mano" nevrotico e ansiogeno (e non è un caso che anche in Tipping Point, come ne La Testimone, ci sia di mezzo un inseguimento). Dall'altra la grammatica richiama molto da vicino il mondo del fumetto (proprio come accaduto nell'avventura di Miles Morales sul grande schermo), con una serie di onomatopee istantanee in bella mostra, che sottolineano spari, cadute e vetri in frantumi. Insomma, la messa in scena di Tipping Point è di prim'ordine: eterogenea nel ritmo (prima folle e poi sempre più quieto) e soprattutto estremamente curata nella resa grafica, con un effetto fotorealistico a tratti impressionante. Un corto che prende lo spettatore e lo catapulta nel caos urbano senza alcuna pietà.

Love, Death & Robots, la recensione: la serie Netflix è un capolavoro di animazione, sensualità e sci-fi

Il Big Bang di Londra: caos digitale

2
La Residenza di Watch Dogs: Legion

Sin dal titolo Watch Dogs: Legion ci fa capire che nel gioco non impersoneremo mai un solo personaggio. Qui non ci sono eroi, non ci sono paladini solitari. In questa Londra fetida e pericolosa sono in atto rivolte popolari contro uno Stato di sorveglianza militare violento e repressivo. Un potere che tutto osserva e tutto controlla. Chiunque si opponga a questa oppressione è percepito come un pericoloso terrorista. Insomma, Watch Dogs: Legion fa subito capire al giocatore che da solo non basti. C'è bisogno di cercare aiuto per vincere questa battaglia. Serve a tutti i costi una rete umana tra milioni di reti digitali. Così il cortometraggio funge bene la sua funzione di "chiamata alle armi", facendoci percepire questa vocazione corale dalla decisa impronta popolare. Senza perdersi in chiacchiere, Mielgo parte subito in medias res, con un ribelle cacciato dalle dittatoriali forze speciali. Una voce fuori campo (che si rivelerà presto un ottimo depistaggio per lo spettatore) ci fa capire con parole schiette e affilate il disagio di vivere in questa Londra opprimente. Chi ha il coraggio di ribellarsi entra nella Resistenza, ma non potrà avere il piacere di andarsene in giro con la sua faccia il bella mostra, perché il regime militare spiattella subito i nomi e cognomi dei rivoltosi, sporcandone la reputazione e trasformandoli in nemici pubblici nell'arco di un click. E allora servono maschere, identità fluide e la rinuncia all'Io in nome di un solo, grande Noi. In mancanza di un solo protagonista, allora, è proprio la città a diventare il personaggio principale della storia. Una Londra contraddittoria, affascinante e allo stesso tempo sgradevole. Perfetto palcoscenico per una storia in cui la distopia non sembra mai davvero futuristica, mai troppo lontana dalla contemporaneità. Una metropoli assediata da mega-schermi, abitata da gente indifferente alla sorte altrui, invasa da droni onnipresenti sulle teste di tutti. Eppure è una Londra viva, per niente desolata, con un cuore che batte ancora. Una città non ancora arresa alla rovina. Forse capace di guarire solo quando tanti avranno il coraggio di indossare una maschera.