Il re di Soho, Paul Raymond, un biopic lo merita sicuramente: un uomo il cui impero finanziario ha surclassato quello di qualsiasi altro inglese, che è stato il principale artefice dell'evoluzione delle abitudini mondane, per non dire sessuali, della società in cui viveva negli anni Settanta, non poteva non attrarre l'attenzione di Michael Winterbottom, un regista che con le tematiche di costume è sempre andato a nozze. Paul Raymond era anche un uomo che amava le donne: come oggetti di piacere, come intrattenimento di cui non saziarsi mai. Ma c'è una donna che ha amato davvero, e incondizionatamente, ovvero la figlia Debbie, ed è principalmente sul loro rapporto che si focalizza l'attenzione di Winterbottom. Nel corso di una breve ma intensa conferenza stampa, abbiamo discusso con il regista, il cast e lo sceneggiatore Matt Greenhalgh della genesi e degli intenti del film.
Questo è un film molto inglese. Come pensate che lo accoglierà la platea internazionale, anche a livello di distribuzione?
Michael Winterbottom: Questo film non è semplicemente incentrato sulla cultura inglese, quanto su un personaggio, e penso che il pubblico lo capirà e saprà accettarlo per quello che è.
Steve Coogan: Innanzi tutto vorrei stigmatizzare la diffidenza degli inglesi nei confronti del porno, mi sembra che i francesi, o anche voi tedeschi, siate molto più a vostro agio con l'argomento! Comunque, tra me e Paul possiamo senz'altro trovare qualche parallelismo, specialmente se guardiamo al passato di entrambi. Ma quello che mi è piaciuto di questo personaggio è il fatto che fosse complicato, che abbia sfidato le convenzioni sociali pur rimanendo incollato all'obiettivo del profitto, e che abbia vissuto un momento così fondamentale per la storia, dal punto di vista del gusto, dell'abbandono del puritanesimo, della liberazione sessuale: insomma, che abbia avuto una storia così interessante. E poi nel film ci sono un sacco di belle ragazze nude!
La pornografia è un argomento ricorrente nei film di questa edizione del festival. Come mai lo considerate così rilevante?
Michael Winterbottom: A dire la verità io ho voluto realizzare prima di tutto un film sulla figura di Paul Raymond, sulla sua storia e sulla sua vita, non necessariamente sul mondo del porno. La sua vicenda ha coperto diversi decenni, e contiene così tante sottotrame: sul suo rapporto con la moglie, con la figlia, non soltanto con il sesso.
Steve Coogan: Ok, allora ritiro quello che ho detto prima (ride).
Matt Greenhalgh: Come punto di partenza per la storia abbiamo usato un libro, di cui avevamo acquisito i diritti, che citava anche parecchie altre persone di cui noi non abbiamo fatto menzione, proprio per il loro coinvolgimento in vicende di sesso. Penso che, due decadi dopo l'accaduto, non fosse il caso di rivangare proprio tutto, anche in considerazione della famiglie.
Steve Coogan: Gli eredi di Paul ci sono sempre stati di grande supporto, per quanto sia stata un'esperienza senz'altro molto forte per tutti loro. Ma hanno capito che quello che stavamo facendo era anche un lavoro di tipo creativo, in cui sì, si parlava di una vita realmente vissuta, ma che non doveva essere necessariamente accurata in ogni minimo dettaglio.
Imogen, in questi ultimi anni hai preso parte a diversi progetti internazionali. Come vedi questa evoluzione nella tua carriera?
Imogen Poots: Non considero un ruolo diverso dall'altro a seconda della portata del film: una produzione più grande non implica necessariamente una migliore sceneggiatura. Spero semplicemente che il mio ruolo in questo film possa essere compreso e accettato, specialmente per le persone vicine a Paul e Debbie.
Tamsin Egerton: Sì, sapevo chi fosse, anche se la generazione dei miei genitori era sicuramente molto più informata di me a riguardo! Comunque, è piuttosto facile trovare informazioni su di lui: interviste, fotografie, ma soprattutto siamo stati fortunati di aver avuto la disponibilità dei suoi familiari. In questo senso, è stato più facile e più difficile insieme, perché avevamo un forte contatto con la realtà dei fatti.
Steve, non è la tua prima collaborazione con Michael Winterbottom. Com'è stato il vostro rapporto lavorativo?
Steve Coogan: Ricordo quando per la prima volta parlai con Michael dell'idea di questo film: era qualcosa di profondamente inusuale per il cinema inglese, data la sua forte componente di sessualità. Normalmente i film britannici sono molto più seriosi, ma io ho pensato da subito che le due cose si sarebbero potute combinare bene. Questa è la quarta volta che io e Michael lavoriamo insieme, e il suo modo di dirigere è davvero originale: filma tantissimo, lascia che si continui a girare liberamente, dà grande spazio all'improvvisazione, non sta continuamente a ricercare la luce perfetta, ma ti mette a tuo agio, tanto da farti dimenticare chi sei. Il suo modo di lavorare può apparire disordinato, ma c'è del metodo in questa follia, e io mi fido di lui, quindi non mi importa se si sta parlando di un argomento un po' sopra le righe.
Michael, fai spesso film con forti connotazioni sociali. Come ti sei avvicinato, stavolta, a una figura che ha cambiato così profondamente l'approccio alla sessualità degli inglesi?
Michael Winterbottom: Paul Raymond ha sicuramente rappresentato un salto nella cultura inglese, ma non so quanto ci fosse di voluto da parte sua in questo atto. Io ho il sospetto che volesse solamente fare dei soldi: semplicemente, pensava che facendo determinate cose la gente avrebbe pagato per il suo show, indipendentemente dal suo rappresentare un cambiamento. Io ho descritto un intervallo di tempo che va dal 1958 al 1992, ed è stato complicato rendere tutte le diverse sfaccettature di queste epoche, ma spero che, guardando il film, questa evoluzione si riesca a cogliere.