TFF, Gipi racconta come Smettere di fumare fumando.

Il nostro incontro ravvicinato con il regista pisano, primo autore italiano in concorso al Torino Film Festival con un autodocumentario folle sulla decisione di smettere con le sigarette: 'Dovevo chiudere col fumo e insieme volevo fare qualcosa che mi permettesse di perdere il controllo completamente, anche in maniera dolorosa, spiacevole. Non so quale dei due aspetti abbia prevalso sull'altro', ci ha raccontato Gipi.

E' il primo regista italiano in concorso al 30.mo Torino Film Festival, e Gianni Pacinotti, meglio conosciuto come Gipi, ha qualcosa da ridire in merito all'opportunità di fargli aprire le danze della rassegna cinematografica torinese. Forse perché la sua opera seconda, Smettere di fumare fumando, auto documentario surreale e un po' folle in cui racconta con l'aiuto di due piccole telecamere i dieci giorni che lo hanno portato a chiudere definitivamente con le sigarette, avrebbe avuto bisogno di un pizzico di protezione in più. E' solo uno dei tanti argomenti toccati nella chiacchierata che questa mattina abbiamo fatto con lui, un faccia a faccia che ha riservato qualche sorpresa e ci ha lasciato un pizzico di sana inquietudine. Gipi parla talmente veloce e dice così tanto da non riuscire a stargli dietro e quasi senti di fare una piccola violenza a sintetizzare quanto racconta di questo film.

Alla fine sei riuscito a smettere di fumare. Perché sembra tutto così doloroso ed estremo nel tuo film?
Un giorno il mio medico mi ha detto, 'o smetti o rischi di finire sottoterra'. Se però continui a comportarti in una determinata maniera, qualche problema a stare al mondo ce l'hai. E' da tempo che mi continuo a chiedere perché devo trovare una maniera di levarmi di mezzo. In realtà ho unito le due cose, da un lato avevo bisogno di smettere di fumare, dall'altro volevo fare qualcosa che mi permettesse di perdere il controllo completamente, anche in maniera dolorosa, spiacevole. Non so quale dei due aspetti abbia prevalso sull'altro.

Rispetto a L'ultimo terrestre questo quindi ha un valore maggiore per te?
In quel film non c'ero. Ho accettato di lavorare ad una storia che non fosse mia e ho sofferto tantissimo per le critiche di certi blogger, gente che doveva tornare a casa e scrivere qualcosa di acuto a tutti i costi. Non lo so, forse sono troppo fragile per quel mondo lì. E allora sono voluto ripartire da me stesso, dall'andate tutti affanculo, anche se non ce l'ho con loro, ma con me. Non sai quanto mi piacerebbe essere qualcun altro, svegliarmi la mattina ed essere una persona meno contorta. Invece sono sempre quello che non vede l'ora di raccontare i cazzi suoi agli amici.

Cosa che però succede anche qui...
Appunto, ho ceduto al vizio. Io sono stato davvero male all'idea che il film fosse visto. E dopo la proiezione sono stato anche peggio.

Cosa ti ha ferito delle critiche relative a questo tuo ultimo lavoro?
Che si parlasse del film in termini di narcisismo. Il narcisista è uno che vuole sembrare sempre al meglio, bello, non certo uno che si fa a pezzetti. Neanche mi lavavo i denti prima di fare le riprese. E' vero che ci sono io, ma non volevo fare il ganzo. Il problema, ripeto, è questa pazzia di pensare di fare film come se stessi raccontando una storia a degli amici, a quelli che ti vogliono bene, so che non può essere così. E' un'azione kamikaze che non avevo calcolato. Forse non è stata la migliore delle idee aprirci il festival, c'era bisogno di un po' di protezione in più.

Perché allora hai deciso di farlo vedere, il film?
Diciamo che è stata mia sorella, la mia coscienza, a spingermi, dicendomi che raccontava delle cose importanti di me. Io di lei mi fido perché in certe cose è molto più intelligente di me. Detto questo, non sapevo che sarebbe stato in concorso a Torino. Domenico Procacci un giorno mi ha chiamato e mi ha spiegato di sua spontanea iniziativa lo aveva proposto al Festival e che ero stato preso.

Smettere di fumare fumando quindi è un film che senti totalmente tuo?
E' stato importante, oltre che stra divertente, girare, montare, scrivere la colonna sonora, fare tutto in prima persona, insomma. Mi mancava davvero tanto la sensazione di affondare le mani. Quando fai un film 'normale' il montatore e l'assistente al montaggio già selezionano per te delle scene, ma il più delle volte negli scarti c'è l'oro, ma non avevo tempo di controllare.

Hai mai pensato di trasformare questo lavoro in un fumetto?
No, semmai il contrario. Volevo portare al cinema la libertà totale che ho quando faccio un fumetto. Quando ho iniziato a fare cinema mi sono chiesto come mai non mi sentissi libero, non avessi la capacità di perdere il controllo. Nei fumetti sapevo fare harakiri. Lavorare con una piccola telecamera mi ha ridato quella libertà, oltre a darmi la possibilità di mettere in primo piano questa ciccia qui (si pizzica le braccia). In fondo nei miei fumetti c'è sempre questa figura con gli orecchioni secca e dinoccolata, quello sono io.

E che effetto ti ha fatto rivederti?
Io non so come si possa sopravvivere a vedersi, sinceramente non so come faccia Moretti. Trasformarsi in un personaggio, una sorta di marionetta, mi fa una paura cane. Nel mezzo della lavorazione mi sono un sacco divertito, ma quando mi sono rivisto mi sentivo sdoppiato. 'Guarda come sono buffo qui', dicevo.

Adesso a cosa stai lavorando?
Ad un film fatto a modino, come dicono dalle mie parti. Una benefattrice mi ha comprato una macchina da presa seria. Lo spirito è lo stesso di Smettere di fumare fumando, ma c'è anche del cinema.