Era il 31 agosto del 1987, esattamente due giorni dopo il suo ventinovesimo compleanno, quando Michael Jackson pubblicò Bad, il settimo LP in studio per la ex stella dei Jackson Five e, soprattutto, il primo dopo lo stratosferico successo planetario di Thriller, disco epocale nella storia della pop music, dal successo commerciale difficilmente eguagliabile. Nel 25.mo anniversario dell'uscita di Bad, Spike Lee, amico fraterno di Jackson, ne ripercorre le tappe salienti in un documentario, Bad 25, presentato Fuori Concorso alla 69.ma Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Look sportivo, immancabile cappello, t-shirt con il volto di 'Jacko', il regista di Atlanta, insignito anche del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2012, ha parlato oggi ai giornalisti di questa sua ultima fatica. Scomparso tragicamente nel giugno del 2009, Michael Jackson ha per molto tempo rappresentato una delle icone della cultura black americana e di tutta la musica leggera internazionale; una figura controversa, la cui vita è stata segnata dai grandi trionfi professionali e dalle polemiche dovute ad uno stile di vita bizzarro e grottesco, almeno secondo quanto veniva riportato dai media. "Ma oggi è un giorno speciale - ha esordito il regista - e delle polemiche non mi interessa".
Perché ha deciso di fare un documentario proprio su Bad, per quale motivo secondo lei questo disco rappresenta una tappa importante della carriera di Jackson?
Perché ho avuto la possibilità di mettere a fuoco tutto il processo creativo che ha portato alla pubblicazione del disco. Quando la Sony mi ha dato l'incarico di dirigere il film è stato specificato a più riprese che avrei dovuto concentrarmi solo ed esclusivamente sulla musica. Ho interpretato questo segnale come un modo per approfondire qualcosa che in genere non ci è dato sapere. Noi compriamo il disco e lo ascoltiamo, tocchiamo il prodotto finale, ma in quanti sanno quanto sudore e lacrime ci sono dietro a quel lavoro? Avete idea di quale pressione avesse Michael dopo il successo di Thriller? Michael voleva che Bad vendesse più copie di Thriller, perché era un perfezionista, uno che non si accontentava mai. Questo fanno i grandi artisti, non diventano mai noiosi e non fanno mai due volte la stessa cosa. Ecco, raccogliere le testimonianze di tutti coloro che hanno permesso la nascita di Bad, da Quincy Jones in avanti, è stata per me una grande opportunità. Oltretutto ho avuto accesso completo a materiali inediti, come le note che Michael stesso scriveva per ricordarsi degli obiettivi da raggiungere. In una di queste c'era scritto, "Studiare i grandi per diventare più grandi". Di certo lui non era uno che se ne stava seduto con le mani in mano. Aveva degli idoli come Fred Astaire e Gene Kelly e li scrutava. Prendeva tutti gli elementi che li hanno fatti diventare delle stelle e li incorporava. Secondo me la conferenza stampa può finire qui.
E' tutto nel documentario, che io considero una lettera d'amore a Michael. Io e lui siamo cresciuti insieme. Io sono nato nel 1957 e lui nel 1958. Quando da piccolo vedevo i Jackson 5 all'Ed Sullivan Show desideravo essere come lui. Avevo gli stessi capelli afro e lo stesso aspetto, ma non sapevo né cantare né ballare. Lui invece a sette anni era già parte integrante della Motown, lavorava a stretto contatto con Barry Gordon, studiava James Brown e Jackie Wilson. Come fai a non usare tutta questa roba per migliorare le tua capacità come musicista? Michael era incredibile.
Nel documentario chiede a tutti i protagonisti di raccontare dove fossero quando hanno saputo della morte di Jackson. Lei cosa ricorda di quel giorno?
Ero a Cannes per partecipare ad una conferenza, anche se non ricordo su cosa. Ad un certo punto sempre più persone mi dissero di questa notizia e non ci ho creduto nemmeno per un secondo. Mi sono dovuto ricredere quando mi sono sintonizzato sulla CNN e ho ascoltato la conferenza stampa del fratello Jermaine dall'ospedale della UCLA. Sono tornato a New York e io per primo mi sono stupito del grande dolore che provavo. Mia moglie e i miei figli mi chiedevano in continuazione cosa avessi. Quando ho scoperto che sul mio I-Pod c'era solo un album di Michael, Off the Wall, mi sono arrabbiato con me stesso e mi sono fatto dare dalla Epic tutta e dico tutta la discografia di Michael e per tutto l'anno successivo non ho fatto altro che ascoltare le sue canzoni.
Non poteva essere altrimenti, sarebbe stato un documentario incompleto se non avessimo analizzato questo suo lato artistico. E' stato bello intervistare i suoi coreografi, conoscere da dove venivano certe mosse. Inoltre io non sapevo che la coreografia di Smooth Criminal fosse ispirata a Spettacolo di varietà di Vincente Minnelli. Quello è uno dei momenti del documentario che amo di più. Il modo in cui abbiamo montato le immagini del film con Fred Astaire e il video di Michael è fantastico.
Ha scelto di chiudere il film con Man in the Mirror per un motivo in particolare?
Quando John Lennon morì tutti ascoltarono Imagine. E lo stesso è successo il giorno in cui Michael è scomparso. In quel preciso momento Man in the Mirror è diventato un inno. La performance sul palco di Wembley che si vede nel documentario è straordinaria. Michael era di un altro pianeta.
Prince e Paris, i figli di Jackson hanno visto Bad 25?
Succederà presto e impareranno molto del loro padre quando lo vedranno.