Spoiler. In una sola parola si racchiudono i sentimenti più disparati. Solo a leggere questa parola siamo sicuri che molti di voi avranno provato un brivido di sano terrore; alcuni potrebbero addirittura aver già smesso di leggere queste righe (speriamo di no!); altri ancora potrebbero aver iniziato a sorridere malignamente in attesa di poter rovinare il finale di qualche film o di qualche nuovo episodio televisivo agli amici. Perché è questo in origine il significato di spoiler, un verbo (to spoil) che si è tramutato in parola e corrisponde a un elemento di un riassunto di un'opera audiovisiva che rivela un punto saliente del film rovinandone irrimediabilmente la visione al neofita.
Con il passare del tempo, però, si è fatto spazio, in maniera generale, a una vera e propria fobia per gli spoiler. Alle volte, persino i più basici elementi della trama di un film vengono considerati tabù, perdendo di vista una differenza fondamentale tra ciò che si può raccontare e ciò che, invece, è da considerarsi un colpo di scena. Tutto questo ci porta a una riflessione sul ruolo degli spoiler e su cosa significa spoilerare, sul perché lo facciamo e, anche in maniera provocatoria, perché non dovremmo temerli.
È giusto aver paura dello spoiler?
Il piacere della visione. Tutto si può riassumere in questo semplice concetto fondamentale e motore che ci spinge a premere Play, o ad uscire di casa per andare in sala, appena troviamo qualcosa che ci incuriosisce. È la curiosità l'elettricità che ci stimola a volerne sapere di più. Un desiderio primordiale, semplice quanto naturale. È la curiosità che ci spinge a voler sapere come prosegue una storia e che ci trascina, minuto dopo minuto, fino ad arrivare ai titoli di coda, che sia una serie tv o un film. Quante volte, infatti, abbiamo proseguito la visione di qualcosa che ormai non ci dava più molta soddisfazione solo per "sapere come va a finire". Basta quell'unica piccola motivazione per renderci incapaci di allontanarci dallo schermo e non avere la conferma di non stare perdendo tempo. Perché spesso la delusione di un finale che non ci soddisfa si confonde con la sensazione amara di aver potuto fare altro o che avremmo potuto fare meglio noi degli sceneggiatori. Che, insomma, non ne valeva la pena di perdere tutte quelle ore a seguire le vicende di personaggi senza carisma che compiono azioni inspiegabili e poco convincenti. Non è un caso che, inizialmente, si considerava lo spoiler qualcosa di legato principalmente al finale dell'opera. Capace di rovinare tutto il meccanismo semplice, ma fondamentale della passione, lo spoiler era veramente un'arma temibile che colpiva più a fondo e in maniera più letale in proporzione al nostro interesse verso l'opera. Ci privava dei colpi di scena, delle risoluzioni, delle svolte narrative poste in maniera sopraffina, con un tempismo studiato al millimetro, dagli sceneggiatori e i realizzatori del film. In poche parole, lo spoiler ci impediva l'emozione genuina, proprio ciò che amiamo di più nel sentirci spettatori di un racconto.
Perché spoileriamo
La necessità del passaparola. La paura di vederci rovinati (o di rovinare direttamente) la fruizione dell'opera ha fatto sì che si sia generalizzata una vera e propria fobia dello spoiler, andando però a contrastare un altro fattore principale che denota il successo delle opere audiovisive: il passaparola. Succede a noi come ai nostri amici: arriviamo alla conclusione di un'opera e sentiamo il desiderio di condividere ciò che abbiamo provato con le persone a cui vogliamo più bene. Vogliamo consigliare un prodotto, vogliamo convincere l'amico dubbioso, ma soprattutto vogliamo partecipare al senso stesso dell'arte che è quello di unire. Quando il mondo, a dispetto delle differenze culturali e sociali, riesce ad emozionarsi al grido di "Avengers, uniti!", quando gli spettatori di diversa età rimangono meravigliati dal mondo di Pandora in 3D, quando - anche nel nostro piccolo - ridiamo tutti insieme sullo stesso divano durante una visione casalinga, l'arte sta compiendo perfettamente il suo ruolo. Ed è grazie al passaparola che si crea il successo di un'opera. Pensiamo alle varie serie televisive di successo targate Netflix che vivono grazie agli hashtag, ai meme e a tutta la discussione attraverso i social network. Pensiamo a Il trono di spade che, negli anni, ha sempre più accresciuto il suo successo e la sua fama venendo visto da sempre più persone. Con un rovescio della medaglia naturale: se sempre più persone partecipano al passaparola, ci troveremo a dover affrontare tempi di visione diversi, culture diverse e, soprattutto, sensibilità diverse.
Ed è qui che il meccanismo che tiene vivo il fuoco dell'arte trova le prime difficoltà, perché con un alto livello di spoilerofobia è impossibile riassumere un film o una serie tv senza incorrere nel racconto di qualche - anche non importante- evento fondamentale. Perché asciugando il modo di raccontare le storie arriviamo alla struttura, a un vuoto scheletro uguale a tanti altri. Come le persone, i film (e le serie) sono composti da sangue, pelle, lineamenti e non da semplici ossa ed è l'insieme dei componenti che rende un'opera diversa l'una dall'altra.
È giusto raccontare qualcosa in più, per tenere vivo quel fuoco artistico, e accrescere la curiosità. Proprio a partire da questa riflessione, noi della redazione di Movieplayer.it ci siamo interrogati su quanto lo spoiler sia un elemento così importante anche all'interno del nostro lavoro, nella maniera in cui ci rapportiamo con un nostro pubblico. Tra il coraggio di affrontare le paure e la volontà di esorcizzare la spoilerofobia con una risata, abbiamo dato alle stampe un libro particolare, ironico e irriverente, dal titolo La bibbia degli spoiler che raccoglie 666 spoiler di film e serie tv raccontati attraverso una battuta dissacrante.
Quando è spoiler e quando non lo è più
Il fattore tempo. Viviamo in un'epoca in cui tutto, nell'industria culturale, viene usufruito e digerito in velocità. Pensiamo al bingewatching delle serie, la pratica di compiere una maratona senza pausa di intere stagioni, che ormai è diventata prassi piuttosto comune (tanto da ritenere obsoleta e addirittura degna di lamentele la "buona vecchia" pratica di far uscire un episodio settimanalmente, vedasi il caso della seconda stagione di The Boys). Una pratica su cui non vogliamo esprimere un giudizio, lasciando a ognuno di voi la possibilità di vedere un'opera nella maniera che più ritiene adatta, ma su cui non possiamo soprassedere per quanto riguarda il legame che ha instaurato con gli spoiler. Con un mondo continuamente interconnesso, la pratica di bingewatching, più che un piacere, sembra essersi trasformata in un obbligo per evitare di scontrarsi proprio con qualche spoiler. Vedere presto e vedere tutto, il prima possibile, in modo da non farsi cogliere impreparati e poter navigare tranquillamente. Il rischio è sempre lo stesso: vedersi rovinata l'aspettativa, l'attesa, il piacere.
Eppure, proprio quella stessa interconnessione, che altro non è che una cultura generale 2.0, aiutata dal fatto che nei social network siamo rinchiusi in una bolla di contatti scelti che corrispondono ai nostri interessi e alle nostre passioni, rende impossibile la totale "verginità" nell'approcciarsi all'opera. Siamo costantemente bombardati dai pareri altrui, seppur velati, che ci condizionano o, in minima parte, ci "rovinano" quel piacere. Occorre quindi definire quando si tratta di spoiler e quando, invece, alcune svolte di trama sono ormai considerate parte del sapere comune. Di norma, il tempo per rispettare la netiquette degli spoiler varia dalle 48 ore dalla prima visione ai sette giorni per i nuovi prodotti audiovisivi. Per opere più datate, invece, è scorretto parlare di spoiler. Ma d'altronde, siamo cresciuti tutti quanti appassionandoci a film o serie tv sapendo già come sarebbero andate a finire e nulla toglie, su certi titoli, il piacere vero del lasciarsi trasportare dal racconto. Psyco non perde un grammo del suo fascino, anche conoscendo la celebre scena della doccia; L'impero colpisce ancora rimane un racconto epico ben sapendo del legame familiare tra il protagonista e Darth Vader.
Gli insoliti finali: i colpi di scena più sconvolgenti degli ultimi 20 anni
Viva lo spoiler!
"Facciam paura ma con cura". È lo slogan della Monsters & Co, l'azienda dell'omonimo film Pixar dove i mostri raccolgono l'energia della loro città grazie alle urla di terrore dei bambini. Un principio che, alla fine del film, viene ribaltato usando le risate al posto delle urla, con un risultato ben maggiore! Forse dovremmo iniziare a fare come un famoso dottor Stranamore, non preoccupandoci e amando - in un certo verso - lo spoiler. Perché a suo modo, se usato senza cattiveria, questa terribile arma può diventare un piacevole regalo. Pensiamo a tutti gli effetti negativi della spoilerofobia: si usufruisce male dei prodotti contemporanei (è chiaro che vedersi in velocità intere stagioni in pochi giorni può far perdere di vista il valore delle opere); cala la curiosità di recuperare film del passato perché "si sa già tutto", dimenticando che la bellezza di un film trascende la semplice trama; si rompe quel meccanismo di unione collettiva formato da consigli e pareri: in poche parole, si rischia di fruire l'arte in maniera solitaria, senza dialogo. Ed è proprio il dialogo ciò di cui abbiamo bisogno oggi. La condivisione di un piacere, ma anche di idee diverse, di esperienze diverse, di visioni diverse. Lo spoiler, da arma di offese e cattiverie, sinonimo di maleducazione e vendetta, può trasformarsi in un elemento positivo. Certo, come in tutte le cose, serve trovare un equilibrio, serve quel rispetto basilare per non rovinare davvero i punti salienti di una trama o certi colpi di scena. Ma senza quelle esagerazioni che polarizzano ed estremizzano (il partito del "mai" è tanto terribile quanto il partito del "sempre"), potremmo riuscire a consigliare e goderci molto di più e molto meglio quello che il cinema, la televisione e l'arte ha da offrire.