Dopo la lettera indirizzata al Ministero della Cultura firmata da centinaia di registi, attori, attrici e addetti ai lavori, sui tavoli di Via del Collegio Romano è arrivata un altra missiva, 'sta volta vidimata dal movimento Siamo ai titoli di coda. La richiesta, anche qui, è chiara: "basta paralisi e logiche opache". Il movimento, tra l'altro, chiede "un incontro urgente sulla crisi che sta investendo il cinema italiano". Una questione, dato il nostro target, che stiamo seguendo da vicino, dando voce giornalistica a coloro che, nonostante tutto, stanno provando a smuovere le acque torbide. Al telefono abbiamo raggiunto Dario Indelicato, appunto fondatore e rappresentante di Siamo ai titoli di coda, formato soprattutto dai tecnici e dalle maestranze.

Un quadro appare subito chiaro: "Abbiamo appena fatto un sondaggio, il 70% di noi ora è disoccupato. Il mondo del cinema non è enorme, ci conosciamo tutti, e tutto si basa sul rapporto interpersonale. Se io non lavoro, non lavora nemmeno tu. Un meccanismo facile da rilevare", ci dice Indelicato. "L'80% delle produzioni medio-piccole sono ferme, ma il settore cinema è tenuto a galla proprio dai più piccoli, e se impedisci a queste produzioni di accendere al tax credit il settore muore". La richiesta è alquanto chiara, "Chiediamo di sanare l'anno contributivo, che vengano rivelate le criticità in cui ci troviamo, e di abbattere ogni ideologia politica che avvolge il cinema, date le ricadute sulle maestranze".
Una crisi nata già nel 2023

Chiamiamo al telefono Indelicato durante la sua pausa pranzo; è impegnato in Sicilia, in un set che, ci dice, altro non è che "La conseguenza di cosa sta accadendo. Giriamo in quattro settimane invece di otto. Ne risente tutto. Stress, tempo, qualità". Il movimento Siamo ai titoli di coda, come spiega Indelicato, è nato nel 2023. "Siamo partiti due anni fa come un comitato auto-organizzato, ora divenuto un movimento grazie al numero di partecipanti. Mi sono attivato nel 2023, quando ho percepito che c'era un problema all'orizzonte. Faccio questo lavoro da 25 anni, e di solito ti organizzi l'anno con mesi di anticipo. Mi resi conto che non c'era nulla in programma, da lì a sei mesi. L'elemento scatenante poi sono stati i David 2024, con quella terribile premiazione alle maestranze, organizzate fuori dal palco, nel sottoscala. Era abbastanza evidente la forte crisi, con alcune dichiarazioni di Sangiuliano che idealizzavano il nostro mondo come una realtà di sinistra, e privilegiato".
Niente ideologia, solo regole chiare
E prosegue: "Non si può accettare questa narrativa, e lanciammo un tam tam creando un canale social. Nell'arco di poche ore abbiamo ricevuto molte adesioni, mettendo in piedi la manifestazione del 4 giugno 2024 per chiedere un incontro con il Ministero. C'erano migliaia di persone appartenenti alle troupe cinematografiche. Nonostante il numero c'è stato negato un supporto sindacale. Abbiamo presentato al Ministero il problema dello stallo in cui ci trovavamo. Qualche giorno dopo chiesi a Laura Delli Colli di poter salire sul palco dei Nastri D'argento, dove ho letto un appello, mettendo in guardia quanto tutti i lavoratori fossero a rischio. Dopo sono arrivati gli altri incontri. La Festa del Cinema di Roma, la Mostra di Venezia. Ci muoviamo compatti puntando ad una linea di confronto con il governo attraverso i question time e alle interrogazioni parlamentali tramite opposizione. Abbiamo mosso le acque, ma a noi non interessa la questione ideologica, bensì l'immediatezza di regole che ci permettano di lavorare".
Le spine del Tax credit
Il tema mosso si focalizza sulla nuova legge cinema (tutt'ora bloccata), che prevede la revisione del Tax credit, elemento vitale per le produzioni medio-piccole. Un sistema imperfetto, sicuramente migliorabile. "È sempre stato detto che la legge Franceschini non fosse perfetta, e quindi da migliorare. Ma migliorare non vuol dire interrompere. Il buco denunciato sull'esubero come si è creato? Chi c'era alla sezione cinema e audio-visivo? La maglia doveva essere ristretta, certo, ma serve gente competente, non gente politicizzata in commissione. Servono criteri democratici per accedere a certi soldi. Una commissione competente che possa decidere a chi dare o non dare i soldi è fondamentale", prosegue Indelicato, "Abbiamo bisogno di una regolamentazione che blocchi le furberie, e non si possono bloccare i film solo guardando al botteghino. I furbetti ci sono ovunque, pure nelle pensione di invalidità. Che fai, le togli?".
Il problema dei crediti selettivi
Come detto, il cinema italiano sta facendo gruppo compatto. Lo ha spiegato Andrea Segre, tra i promotori della lettera inviata al Ministro Giuli. Dario Indelicato ci ha confermato di essersi messo in contatto con il regista di Berlinguer. "Ho sentito Andrea Segre, e vorrei iniziare a ragionare con più teste. I decreti correttivi alla legge non sono stati ancora pubblicati in Gazzetta, tuttavia ci sono stati dei miglioramenti. Però, resta il discorso del contributo selettivo: se non prendi il selettivo non prendi il Tax credit. Per esempio: se la Cortellesi dovesse fare il suo film oggi non prenderebbe il Tax credit, perché all'epoca la commissione non le diede il selettivo. Non possiamo muoverci sui cavilli, un produttore deve avere regole chiare".
Una presa di posizione che coinvolge il settore, spesso intimorito quando si tratta di parlare apertamente dei temi che coinvolgono la più stretta attualità (e quante volte, nel nostro contesto, ci siamo ritrovati a non poter fare domande politiche!). "Si sta alimentando una forte ideologia, e proprio io ho chiesto ai nomi più importanti di metterci la faccia", spiega ancora Indelicato. "Meno male che c'è stato Elio Germano, svegliando un po' tutti. Ma gli attacchi proseguono, e non portano al dialogo. È un anno e mezzo che mi trovo dentro questo pantano, lottando contro i compromessi. Pian piano ci stiamo abbandonando al destino, stiamo tornando all'epoca dei telefoni bianchi, versione 2.0".
Nessuna tutela
Per il movimento Siamo ai titoli di coda, rappresentato da Indelicato, è una questione di equilibrio, in quanto il settore ha da sempre vissuto senza nessuna tutela. "C'è una proporzione poco equilibrata. Siamo un settore discontinuo, senza tutele. Se ti ammali sei fottuto, fuori dal giro. Si è impedito un pluralismo produttivo occupazionale e culturale. Se impedisci al cinema indipendente di produrre non generi un ricambio generazionale. Si è distrutto il mondo autoriale, i registi domani saranno solo degli esecutori".
Se, notizia appena arrivata, anche il Ministro Giuli, a margine del Salone del Libro di Torino, si è detto aperto al confronto, c'è l'impellente necessità da parte di tutte le maestranze di tornare sui set. "Non vogliamo buttare all'aria la nostra vita. Non ci sono ammortizzatori, welfare, o tutele. Sì, c'è l'indennità di discontinuità, ma vale 40 milioni, e l'accesso è ristretto. Ci possiamo appellare solo alla NASPI, ma senza lavoro non si può chiedere. Rapportare questa situazione su migliaia di persone diventa drammatico. E il paradosso di sentir dire che il cinema sta bene mi fa molto incazzare. Possibile che dobbiamo sperare tutti che arrivi Mel Gibson per lavorare?".