Ci vuole coraggio ad offrire ai Manetti Bros. la direzione di una fiction tradizionale come Rex e ci vuole l'incoscienza dei fratelli registi per accettare. L'incredibile si è verificato nella settima stagione del cane poliziotto più amato della tv: dal 31 marzo arriva alle 21.10 ogni lunedì su Rai Due con una dose tale di novità da far parlare addirittura di rivoluzione.
Il commissario Terzani (Francesco Arca) torna protagonista di dodici episodi prodotti da Dog's Life per Beta Film con la benedizione di Angelo Teodoli, direttore di rete, che presenta alla stampa il pastore tedesco Aki e il suo addestratore Massimo Perla. Per la prima volta, infatti, sia l'interprete di Rex che il suo coach sono italiani.
Il cast si allarga: accanto al volto storico di Alberto Monterosso (Domenico Fortunato) troviamo lo psicologo Carlo Papini (Massimo Reale), il Primo Dirigente di Polizia Annamaria Fiori (Alessia Barela), l'asso dell'informatica Laura Malforti (Francesca Cuttica), il capo della Scientifica Vettori (Marco Mario De Notaris) e il medico legale Sonia Randalli (Daniela Piperno).
Il cambio di rotta parte, quindi, dagli attori per coinvolgere tutti gli aspetti produttivi: basta guardare i titoli di coda per capire quanto il commissario sia cambiato. E decisamente in meglio.
Marco Manetti: Rex è un mito: questo è uno dei fattori che ci hanno portato ad accettare questa folle proposta e a metterci dentro i Manetti Bros. versione bambini. Abbiamo pensato a Rin Tin Tin e Furia (appena sente i nomi, Aki, seduto all'altro capo del tavolo della conferenza stampa, abbaia, ndr.), con cui siamo cresciuti. Vedrete più spari e maggiori morti, ma "leggere" rispetto al giallo italiano a cui siamo abituati. Rex è il superpotere del commissario, un po' come l'arma segreta con cui Goldrake sbaraglia i nemici.
Come avete fatto?
Antonio Manetti: Ci sembra di aver sostituito a Stanlio e Olio una coppia di protagonisti alla Starsky & Hutch.
Francesco Arca: I Manetti hanno fatto fare a Rex un salto in avanti rispetto alle stagioni precedenti, con meno chiacchiere e interrogatori e più azione. Hanno reso veloce la serie per evitare l'effetto abbiocco: solo così si sta incollati alla TV.
Domenico Fortunato: Appena arrivati, i registi mi hanno chiesto se conoscessi gli Aristogatti e mi hanno detto che Terzani è il mio superpotere. Ma se Rex è Sherlock Holmes e Terzani è Watson io chi sono? Forse Frate Tuck di Robin Hood! (Ride)
Alessia Barella: Nella mia vita non ho dimestichezza con l'autorità e questa è stata la mia sfida maggiore. Quando mi sono presentata sul set con un libriccino pieno di note si sono preoccupati, ma il personaggio mi sembrava all'inizio così spigoloso e antipatico... Poi la situazione cambia!
Francesca Cuttica: Il mio imprinting professionale è stato con questi due piccoli geni che riescono a portare a casa la giornata anche quando il cast è stremato. Un giorno, ad esempio, eravamo tutti stanchissimi e loro per stemperare la tensione hanno organizzato una gara con la sedia a rotelle per il corridoio. Grazie a questi due minuti siamo riusciti a rilassarci e proseguire...
Come ha reagito Rex/Aika ai nuovi registi? Massimo Perla: All'inizio la presa diretta e i piani sequenza sono stati un disastro, ma sono le situazioni difficili ad appassionarci maggiormente. E questa volta il lavoro di Rex è stato messo in vetrina, tanto che Aika ha girato quasi tutte le scene. Pensate che per la stagione sei ha seguito una preparazione di 5/6 mesi, mentre per la successiva ha avuto più tempo.
Qual è il marchio di fabbrica dei Manetti? Marco Manetti: Siamo ingombranti, nel bene e nel male, perché ci portiamo dietro i nostri collaboratori e vogliamo avere un controllo totale. Una volta stabilito cosa vogliamo, però, li lasciamo liberi.La scena di Terzani seppellito vivo ricorda C.S.I. negli episodi diretti da Tarantino: è un omaggio? Marco Manetti: Non è stato un gioco postmoderno e citazionista, ma sappiamo che per fare TV e cinema ci si debba ispirare ad altre storie, che siano romanzi, musiche, film o altro. La nostra è appunto una fiction che si ispira alla fiction perché l'intrattenimento è fuga dalla realtà.
Avete dato a Rex un'impronta ancora più distintiva... Marco Manetti: Non sono d'accordo nel chiamarla settima stagione, questo non è un remake italiano, ma una continuazione della serie. Se ci fosse un'altra stagione vorremmo continuare in questa direzione e avvalerci ancora dell'aiuto dell'Esercito che ci ha stupito con un'accoglienza incredibile.