A ventiquattro ore dalla conclusione della giornata che il Far East Film Festival ha dedicato al cinema horror, l'evento, seppur apparentemente rappresentativo, e con dei paletti, solo dellao stato d'arte dell'horror orientale, ci fornisce lo spunto per un'istantanea riflessione sul genere, per quanto breve e solo accennata, in rapporto ad un argomento che richiederebbe un'ampia e più approfondita trattazione. D'altro canto, mai come oggi l'horror, nella sua variante-dominante asiatica (vuole essere questa una delle questioni poste in essere) può dirsi portatore di elementi estentidibili a tutto il genere che permettano, al termine di questa maratona di paura, di porsi la seguente questione: qual è lo stato di salute di uno dei generi cinematografici più antichi, ricchi di fascino e di appassionati della storia del cinema? A parere di chi vi scrive la situazione non è per niente positiva; il genere appare in agonia, intento a riproporre senza ritegno le ultime formule di successo, reiterativamente. Da questa angolatura critica, la selezione del Far East è un ottimo indicatore di questa crisi, perché vittima della situazione produttiva attuale del genere e non di eventuali errori di scelta od incompetenze dei selezionatori. Semplicemente e brutalmente questo è ciò che offre il mercato. Un discorso, oltretutto, estendibile potenzialmente a tutta l'edizione di quest'anno, che, horror o non horror, ad un giorno dalla conclusione sta mostrando quanto sia difficile allestire un festival con titoli di rilievo in una situazione in cui il cinema asiatico subisce la forte concorrenza dei grandi festival e le aspettative del pubblico si fanno sempre maggiori.
Ma torniamo alle nostre specifiche questioni. A dispetto dei sorprendenti dati dei box office di molteplici paesi, il genere pare vivere una fase di asfissiante crisi tematica e stilistica, se non proprio un corto circuito, una saturazione narrativa della quale è improbabile non rendersi conto. In questo contesto, l'ondata orientale he solo qualche anno fa ha portato una ventata di innovazione e linfa vitale a tutti i livelli sta mostrando la corda, e l'abuso di tematiche e situazioni sfruttate fino al midollo si fa evidente. Addentrandoci nello specifico, è chiaro che sotto "processo" è il genere dalla ghost story, cifra tematica dominante delle pellicole presentate. Nulla di personale contro il cinema dei fantasmi e delle loro vendette, ci si intenda, semplicemente appare evidente una sovrapproduzione sull'argomento. Che sia stato filtrato dalla metafora della guerra come nel coreano R-Point o dall'intellettualismo estetizzante del primo film cinese horror Soffocation, la selezione dell'Horror Day ha contato di sette titoli che esclusion fatta per il conclusivo film ad episodi Tales of Terror riguardavano storie di fantasmi estremamente convenzionali e derivative, con effetti e situazioni telefonate e storie al limite del pretestuoso.
Un panorama qualitativo piuttosto desolante che come premesso accomuna tutta la produzione del genere, vittima di una realtà che a livello globale sforna remake a raffica, storie in copia carbone, o fa ricorso all'intrattenimento videoludico da console per mascherare l'impoverimento generale. Il risultato è un cinema noioso e inoffensivo che nel migliore dei casi propone storie piatte e ridondanti, nel peggiore prodotti di irritante indecenza.
L'horror moderno appare imbalsamato nell'autoreferenzialità più evidente; non c'è ricerca né tentativo di proporre qualcosa di realmente diverso, e non è la voglia di fare di qualche esordiente di buona volontà o l'uscita di qualche estemporaneo ottimo titolo come potrebbe essere un Bubba Ho-Tep o uno Shaun of the Dead (guarda caso entrambi privi di una distribuzione theatrical in Italia) a far spostare l'ago della bilancia. D'altronde, a meno che non ci vogliamo raccontare la favoletta che tutti si siano rimbambiti all'unisono, la trasformazione negli anni dei vari Carpenter, Craven, Hooper e Romero (il cui prossimo Land of the dead in questo contesto rischia di diventare il film a più alto livello di aspettative da moltissimo tempo a questa parte) in sbiaditi mesterianti, deve far decisamente riflettere. Attendiamo segni di vita.