Per Placido Domingo è "la Prima per antonomasia". Come ogni anno dal 1951, per volere del direttore d'orchestra Victor de Sabata, il 7 dicembre, giorno di Sant'Ambrogio, il Teatro alla Scala di Milano inaugura la sua stagione lirica. L'edificio progettato da Giuseppe Piermarini in via Filodrammatici 2, a due passi dalla Galleria Vittorio Emanuele II, ospiterà La forza del destino di Giuseppe Verdi, diretta dal maestro Riccardo Chailly su libretto di Francesco Maria Piave per la regia di Leo Muscato, le scene di Federica Parolini, i costumi di Silvia Aymonino e luci di Alessandro Verazzi.
Un'opera poco presente in cartellone
Tutti gli oltre duemila posti del teatro recentemente restaurato, tra platea e plachi, sono andati sold out così come per le repliche per le quali è rimasto solo qualche biglietto (i costi variano per la prima tra i 3.200 e i 130 euro e per le repliche tra i 300 a i 36 euro) mentre tra gli ospiti si attendono i tenori Placido Domingo e Josè Carreras, la soprano Rajina Kabaibanska e il ministro della cultura Alessandro Giuli. Come ogni anno, la Prima - che quest'anno ha una durata di 3 ore e 53 minuti circa inclusi gli intervalli, sarà trasmessa in diretta televisiva su Rai 1 dalle 17:45, in radio su Rai Radio 3 e on demand su Rai Play. Quest'anno oltre alla diretta e alla differita cinematografica in Italia e all'estero, per la prima volta la Prima sarà distribuita in parte anche nel circuito UCI Cinemas nelle principali città italiane.
La forza del destino è il nono titolo verdiano di Riccardo Chailly alla Scala - che ha già scelto il titolo del 2025/2026, La Jura di Gavino Gabriel - e la sua undicesima inaugurazione di stagione. Quella di Verdi, che esordì al teatro milanese nel 1839 con Oberto, Conte di San Bonifacio, è un'opera che non è stata spesso portata in scena. Il precedente allestimento in apertura di stagione risale al 1965 mentre le ultime esecuzioni sono state dirette nel 1999 da Riccardo Muti nella versione scaligera del 1869 e nel 2001 da Valery Gergiev e i complessi del Mariinskij nella versione di San Pietroburgo, la prima in assoluto, del 1862 a cui seguì quella dell'anno successivo al teatro Apollo di Roma con il titolo di Don Alvaro.
L'innominabile
Riccardo Chailly ha scelto la versione del 1869 curata proprio da Giuseppe Verdi per la Scala con protagonisti Anna Netrebko (Donna Leonora), Brian Jagde (Don Alvaro), Ludovic Tézier (Don Carlo di Vargas), Vasilisa Berzhanskaya (Preziosilla), Alexander Vinogradov (Padre Guardiano), Marco Filippo Romano (Fra Melitone), Fabrizio Beggi (Marchese di Calatrava) e Carlo Bosi (Mastro Trabuco). La serata del 7 dicembre è dedicata alla memoria della soprano Renata Tebaldi nel ventennale della sua scomparsa. Fu proprio lei a interprete Leonora alla Scala nel 1955 diretta da Antonino Votto.
Ad accompagnare in tutti questi anni l'opera una superstizione che la considera portatrice di sventura a causa di alcuni incidenti avvenuti sul palco e tragedie che hanno segnato le vite dei professionisti coinvolti. La lista è così nutrita - tra cadute, forfait, stecche, morti, malattie e coincidenze nefaste - che c'è chi si rifiuta di nominare il titolo originale dell'opera chiamandola, invece, Potenza del Fato. Ed è per questo motivo che La forza del destino è passata alla storia anche come il melodramma innominabile di Verdi.
Quattro atti per una storia d'amore e di guerra
La forza del destino è un melodramma in quattro atti tratto da Alvaro o la forza del destino di Ángel de Saavedra, duca di Rivas. L'azione si svolge in Spagna e in Italia, nel Settecento. Tra il primo e il secondo atto passano circa 18 mesi. Tra il secondo e il terzo alcuni anni e tra il terzo e il quarto oltre cinque anni. L'opera racconta la storia di Donna Leonora, innamorata di Don Alvaro che ricambia il suo sentimento.
Lei è figlia del marchese di Calatrava, lui un uomo di origini nobili ma di sangue misto. È per questo che il padre della ragazza è contrario alla loro unione. Quando prova a impedire la loro fuga resta accidentalmente ucciso da un colpo di pistola. In abiti maschili, Leonora cerca rifugio in un convento di frati che, andando contro le loro regole, le offrono ospitalità e protezione dal fratello Don Carlo che vuole ucciderla per vendicare la morte del padre.
Convinto della morte della sua amata, Don Alvaro si arruola nell'esercito che combatte in Italia le truppe imperiali. In battaglia sala la vita Carlo senza conoscere la sua identità. I due stringono un patto di fratellanza fino a quando Carlo non scopre la sua identità e lo sfida a duello. Nell'ultimo atto Alvaro scopre che Leonora è ancora viva quando si precipita nell'eremo in cui vive in cerca di aiuto per Carlo, ferito mortalmente nel duello. La donna accorre nella speranza di poter dare un ultimo saluto al fratello che, ormai esanime, la trafigge con la sua spada uccidendola.
L'attualità del melodramma
Leo Muscato ha scelto di ambientare ogni atto in un periodo e in una guerra diversa, dal Settecento fino ai giorni nostri. "Quando ci è stata commissionata questa produzione, l'attenzione mediatica era concentrata su una guerra che dominava quotidianamente le notizie. Nel frattempo, i conflitti sono diventati due - senza contare le guerre dimenticate che faticano a trovare spazio nei media. E ogni giorno cresce la percezione che i loro confini possano espandersi rapidamente, accendendo ulteriori focolai di instabilità", commenta il regista
"In un momento storico così delicato, il rischio di scivolare nella banalizzazione è tangibile e insidioso. Per questo, ancora una volta, abbiamo cercato di percorrere una strada che rifiutasse le semplificazioni. Abbiamo lavorato per approfondire la complessità del testo, con l'obiettivo di tradurre i suoi significati in modo che risultassero comprensibili, attuali e capaci di suscitare una profonda emozione negli spettatori a cui oggi ci rivolgiamo".