Orfeo, un viaggio onirico nel cinema con Virgilio Villoresi

La nostra intervista a Virgilio Villoresi, regista di Orfeo, lungometraggio affascinante e onirico che traspone per il cinema Poema a fumetti di Dino Buzzati.

Una scena di Orfeo

Orfeo di Virgilio Villoresi è un film affascinante: presentato fuori concorso all'82ª edizione della Mostra del cinema di Venezia, fonde sogno, mitologia, romanticismo e dramma in maniera così armonica che finisce per rapire lo spettatore per portarlo in un viaggio verso gli inferi, una finestra che mostra un'umanità persa e disperata. Tratto da Poema a fumetti di Dino Buzzati sfrutta l'opera per poi riadattarla in un lungometraggio che esprime con forza quella che è prima di tutto una storia d'amore con la settima arte e le sue infinite declinazioni e anime.

Orfeo Immagine
Una scena del film

Orfeo è un pianista che trascorre le sue serate al Polypus, un locale dove la sera si esibisce in struggenti sonate. Una sera lì vede Eura, una ballerina, e ne rimane subito affascinato. Tra i due nascerà un amore totalizzante ma lei nasconde un segreto: un giorno, infatti, la donna scompare fino a che il musicista non la vede attraversare una porta in via Saterna. Orfeo la segue entrando in una dimensione immaginifica nella quale, attraverso una serie di incontri, affronterà sé stesso e quell'amore che sarà sempre una parte di lui, immortale attraverso la sua musica. Abbiamo avuto l'occasione di porre qualche domanda al regista e così anche di parlare, oltre che dell'opera, di un cinema che gioca con la fascinazione e le tecniche, un cinema che arricchisce e allo stesso tempo si rivela balsamo per la nostra anima.

Reinterpretare un'opera a fumetti

Orfeo Scena
Un'immagine del film Orfeo

Il film nasce da Poema a fumetti di Dino Buzzati. Cosa ti ha conquistato di quell'opera e quali sono state le criticità nel trasporla in immagini in movimento?

Di  Poema a fumetti mi hanno affascinato fin da subito le associazioni visive presenti nei disegni: le ho trovate esplosive, surreali, cariche di immaginazione e, in alcuni casi, perturbanti. Era esattamente ciò che stavo cercando per il mio esordio al cinema, anche perché quel linguaggio visivo mi è parso immediatamente affine alla mia idea di messa in scena. Trasformare l'opera in una narrazione cinematografica coerente non è stato semplice:  Poema a fumetti è una graphic novel fortemente frammentata, costruita su ellissi narrative molto marcate. Insieme ad Alberto Fornari abbiamo lavorato a lungo per restituirle una struttura più lineare e cinematografica, e anche grazie al lavoro sul montaggio finale il film ha acquisito una fluidità narrativa che permette allo spettatore di lasciarsi trasportare nel viaggio sensoriale e onirico che ho sempre immaginato.

Il fascino dell'animazione tradizionale

Orfeo Luca Vergoni
Il personaggio di Orfeo in una scena

Il tuo film è un connubio meraviglioso di animazione tradizionale ed effetti pratici, un lungometraggio in tecnica mista in cui tutto si fonde e coesiste. Questo tipo di produzioni sembra risultare sempre più di nicchia però, cosa ne pensi? Verso che strada si sta incamminando questo tipo di cinema?

_Sono sempre rimasto fedele a questo approccio artigianale. Amo stupirmi di fronte a un effetto realizzato realmente davanti alla macchina da presa: c'è qualcosa di irripetibile e autentico in quell'alchimia visiva. Credo sia estremamente efficace lavorare in modo artigianale. In fondo, cosa fa il digitale se non cercare di ricreare effetti iperrealistici? Ma se quegli effetti vengono realizzati nella realtà, davanti all'obiettivo, si parte - a mio avviso - con un vantaggio: tutti gli elementi in scena si fondono naturalmente grazie alla medesima luce che li illumina. Non so esattamente quale sarà il futuro di questo tipo di cinema, ma sono convinto che, proprio perché oggi si pratica sempre meno, possa risultare sorprendentemente originale. Io continuerò a percorrere questa strada, perché il senso di stupore e di veridicità sono, per me, assolutamente imprescindibili.  

Il cinema come compagno di vita

Quando Orfeo incontra il diavolo custode gli mostra queste persone che guardano da piccole finestre dicendogli "Potresti ritrovarti come loro a guardare attraverso piccoli finestrini un'emozione lontana". Siamo noi quelle persone? Cerchiamo ciò che ci manca nelle vite degli altri o dando vita a momenti che alla fine non viviamo? Siamo un'umanità ormai persa?

Sì, siamo tutti noi. Quella scena è una fusione tra l'universo evocato da Buzzati in Poema a fumetti  e una visione profondamente personale. Credo che in quelle figure ci sia qualcosa che appartiene a ciascuno di noi. Anche per me c'è un aspetto autobiografico: ho sempre portato dentro di me il segno dell'assenza di mio padre, che non mi ha riconosciuto. Forse, inconsciamente, ho sempre sperato di poter colmare quella distanza, di costruire un legame che non c'è mai stato. E così, come quella donna che guarda se stessa da bambina, mi ritrovo anch'io davanti a una finestra immaginaria, nella malinconica speranza di intravedere qualcosa che non sono mai riuscito a raggiungere.

Orfeo Virgilio Villoresi
Il regista Virgilio Villoresi

Nelle note di regia hai detto che hai pensato al cinema come luogo dei sogni e per questo perfetto per un viaggio onirico come quello di Orfeo. Che luogo è per te il cinema ora e quando hai capito che era un luogo perfetto per te?

Ho capito il potere del cinema quando ero un fanciullo. In un periodo della mia vita segnato dalla solitudine, il cinema è stato un compagno silenzioso, quasi una presenza spirituale. Gli devo moltissimo. Crescendo, ho cominciato ad avvicinarmi a quelle correnti che considerano il cinema come una proiezione dell'inconscio, come uno specchio della nostra interiorità. Per me il cinema è, e rimane, un luogo dei sogni.  Orfeo, in particolare, è nato con questa intenzione: come un viaggio iniziatico all'interno di un sogno.