Le avevamo lasciate con nuove compagne, nuove guardie, e un riposizionamento totale degli spazi del carcere. Le detenute di Litchfield sono tornate esattamente in quel punto un anno dopo, a quel momento di sovraffollamento e a quel caos generato dalla fuga nel lago. Orange Is the New Black riparte con la quarta stagione proprio lì dove aveva lasciato lo spettatore, ma tempo per giocare nel lago non c'è più: tutte fuori dall'acqua e di nuovo dentro il penitenziario, ad affrontare nuove detenute, nuove alleanze, nuove antipatie. Jenji Kohan stavolta fa sul serio, strappa via la parte comedy e lascia solo il dark, regalandoci una stagione molto più matura delle precedenti, priva di fronzoli e secca, dritta al punto, nonostante una situazione corale particolarmente complicata da gestire dal punto di vista della scrittura.
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Si parte innanzitutto con le nuove detenute, che innescano l'acuirsi di una serie di problematiche quotidiane (spazio nelle docce, poco lavoro, prodotti dello spaccio terminati) e drammi più consistenti che finiscono per riguardare i gruppi sociali e il business di Piper (Taylor Schilling). Grazie ai nuovi acquisti le latine aumentano di numero e sfidano il potere autocostituito di Chapman, ridisegnando gli equilibri di Litchfield mentre Alex (Laura Prepon) fa i conti con la sua coscienza e con gli eventi che la portano a sfuggire dalle mani di un assassino. Ma se la prima parte della stagione riesce ancora ad aggrapparsi a qualche momento di fresca quotidianità, la seconda appare come una lunga discesa verso un buco nero, in cui nessuno riesce a trovare più uno sprazzo di luce. C'è ancora dell'Orange, ma ciò che percepiamo nella seconda parte della stagione è solo Black.
Poco Orange, molto Black
Dopo una terza stagione per molti deludente, Orange Is The New Black torna sui suoi passi e alza di nuovo l'asticella, regalando una qualità inaspettata che mostra come la longevità di questo show stia proprio nella diversità del collettivo: Jenji Kohan riesce più che mai in quest'ultima stagione a non focalizzare l'attenzione né su Piper (sempre meno protagonista e sempre più parte di una comune) né su un particolare gruppo di detenute, rendendo protagoniste al contrario le sensazioni più che i personaggi. Ognuna delle donne ha un ruolo importante, e l'equilibrio tra loro funziona perfettamente: è questa coralità l'aspetto più convincente di questi ultimi episodi, che sicuramente lasciano ben sperare per i prossimi tre anni considerando che la serie è stata già rinnovata fino alla settima stagione.
A confermare questo nuovo corso che regala attenzione al collettivo, finalmente appare funzionale anche l'ala di massima sicurezza; nelle prime tre stagioni è stata trattata come un mito lontano ma ora, soprattutto grazie a Sophia, entra di diritto nelle vicende delle detenute espandendo anche l'area di gioco delle autrici, che continuano a lavorare con sempre più attenzione ai dettagli pur ampliando la visione collettiva.
Un gioco di testa
La coralità è tuttavia nulla senza un'ottima introspezione psicologica e, lasciando da parte l'egocentrismo di Piper, Jenji Kohan ha ottenuto un ottimo gioco di squadra sotto il profilo psicologico: ottime le storyline secondarie, soprattutto quella di Lolly e quella di Sophia (Laverne Cox), che nonostante non abbiano molto screen time riescono a rappresentare due complementarietà inaspettate, delicate pur nella loro difficoltà. Entrambe imprigionate, Sophia combatte con il corpo e Lolly combatte con la mente per tutta la stagione, finché i loro ruoli non finiranno per invertirsi verso il finale.
Regalando più spazio anche a Red (Kate Mulgrew) e Nicky (Natasha Lyonne) il reparto sceneggiatura dimostra una volta ancora di saper portare avanti la psicologia dei personaggi senza mai dimenticare da dove vengono e tutto ciò che è accaduto loro per farle agire in determinati modi. Grazie a loro la discesa verso l'inferno è stata lenta ma inesorabile, e ci si ritrova alla fine della stagione con un ottimo materiale tra le mani, che continua a non stancare ma al contrario sorprende, soprattutto nel finale. Black, stavolta per davvero, lasciando lo spettatore a leccarsi le ferite fino al prossimo anno.
Movieplayer.it
4.0/5