Tra le operazioni legate al centenario della Universal, e alla celebrazione dell'attività della storica major americana, il restauro de Lo squalo occupa senz'altro un posto speciale. Lo storico thriller di Steven Spielberg, forse tra i risultati più compiuti della sua poetica degli inizi (quella che coniugava peculiarità di sguardo ed esigenze spettacolari) era già stato proiettato in questa sua nuova veste nel corso dell'ultimo Festival di Cannes, dove gli spettatori della manifestazione avevano potuto apprezzare la fattura del lavoro compiuto sul croma e sulla pulizia delle immagini, che non sembravano mostrare più i loro quasi 40 anni di vita; ora, l'uscita del Blu-Ray completa questo percorso, sfruttando l'alta definizione per permettere di godere anche da casa di un lavoro di restauro importante, che in un certo qual modo restituisce nuova vita a una pellicola che ha segnato il cinema del suo decennio come poche altre. Questa nuova edizione in digitale, in effetti (attesa sugli scaffali dei negozi per il 22 agosto, e da noi visionata in anteprima) non fa quasi rimpiangere la proiezione cannense, e restituisce, visivamente, tutta la brillantezza, la nitidezza cromatica e il livello di definizione di una pellicola che pare appena impressionata: se si vuole avere un'idea di cosa videro gli spettatori del 1975, quando il film di Spielberg arrivò nelle sale, questo Blu-Ray può restituircene (con i dovuti limiti di una visione casalinga) una buona approssimazione.
La certosina operazione di restauro compiuta dai tecnici della Universal viene documentata in uno dei due contenuti speciali inediti che abbiamo potuto vedere in anteprima, e che saranno inclusi nel disco: un documentario di una decina di minuti che mostra l'interazione tra i metodi "artigianali" di restauro del supporto pellicola, e la lunga operazione di manutenzione digitale su ogni singolo fotogramma, con la rimozione di graffi e spuntinature e il bilanciamento del colore. Analogo il lavoro compiuto sulla colonna sonora (tra gli elementi chiave del successo del film) con un riversamento dell'audio originale in un DTS HD 7.1 pensato appositamente per la riproduzione su supporto Blu-Ray. L'altro contenuto inedito presente nel disco è il lungo documentario intitolato The Shark is Still Working: un film realizzato interamente da fans in un periodo di sette anni (di cui abbiamo potuto vedere circa una ventina di minuti) e incentrato sull'impatto, e l'influenza, che il film di Spielberg avrebbe avuto sulle moltissime, analoghe pellicole di genere che si sarebbero succedute a partire da quel lontano 1975. Impatto, quest'ultimo, che appare evidente a tutt'oggi, e che non cessa di far sentire il suo effetto su qualsiasi produzione horror/avventurosa che abbia come teatro le distese marine: se in tutti questi anni, oltre ai tre sequel ufficiali, sono stati praticamente infiniti i cloni, le rielaborazioni, le variazioni sul tema più o meno fantasiose (e spesso improbabili) del film di Spielberg, è segno che il regista era riuscito a toccare (e bene) due paure ataviche dell'essere umano (il mare e la personificazione "bestiale" della morte) che erano già lì, pronte e disponibili: il cinema, da allora, non avrebbe più smesso di servirsene, arrivando fino ai giorni nostri, e a quel recentissimo Shark (Bait in originale) che avremo modo di vedere alla prossima Mostra del Cinema di Venezia.E va detto, senza mezzi termini, che uno sguardo attuale a Lo squalo, prescindendo dal suo restauro, prescindendo dai mezzi tecnici e dallo sforzo di "ringiovanire", senza tradirla, la sua resa estetica, mostra ancora la felice resa artistica del film di Spielberg: l'equilibrio narrativo che lo caratterizza, lo straordinario impatto emotivo del suo tema, la dimensione favolistico/mitica che, innestata su un contesto contemporaneo (una cittadina turistica governata dalla logica del profitto, in cui gli affari sono più importanti della sicurezza dei cittadini) dovette aver tanto coinvolto gli spettatori dell'epoca. Resta la credibilità dei personaggi, pur nella natura archetipica di alcuni di loro (è difficile non vedere nel vecchio lupo di mare Quint echi del capitano Achab di Moby Dick, parentela, questa col romanzo di Herman Melville, che appare peraltro evidente in tutta la seconda parte del film); resta la dimensione di sfida tra l'uomo e un'entità malvagia, spersonalizzata, che già aveva caratterizzato il precedente Duel; resta la straordinaria efficacia del tema sonoro di John Williams (mai due singole note, nella storia del cinema, hanno creato tanta tensione); resta la paura, la tensione e l'irrazionale angoscia derivata da una bestia che da sempre è origine di terrori ancestrali, e dalla sua intelligente resa sullo schermo, mostrando il meno possibile, facendo accumulare tensione attraverso la suggestione di un "non visto" che avrebbe ovviato alla povertà dei mezzi tecnici (e alla natura evidentemente fittizia dell'animale stesso) con una tecnica tale da far scuola. Riguardare oggi il film di Spielberg, specie alla luce di ciò che questo avrebbe generato negli anni successivi, e della sua natura di insuperata macchina da tensione, significa aderire a una certa idea, più che mai valida, di racconto cinematografico. Credibilità, paura, senso di avventura, affabulazione per immagini ed emozioni: difficile, ancora oggi, chiedere di più al cinema. O, almeno, a quel cinema che piace a noi.