L'unica cosa che volevo davvero era essere una beatnik, e guardate cos'è successo: sono finita in una band.
Se c'è una figura in grado di incarnare i fermenti della New York degli anni Settanta, dall'eredità della Beat Generation alle velleità di trasgressione dei teenager dell'epoca, dalle contaminazioni culturali tipiche della Grande Mela alle infinite suggestioni della nascente new wave, quella figura è senz'altro Deborah Ann Harry, universalmente nota come Debbie Harry. Frontwoman e voce dei Blondie, gruppo-simbolo di quel calderone musicale che prende appunto il nome di new wave, Debbie Harry costituisce da oltre quarant'anni una delle icone dell'immaginario pop del ventesimo secolo: un'icona sfuggente e dalle innumerevoli sfaccettature, la cui influenza si estende anche ai campi della moda, del costume e del cinema.
Sotto la guida di Debbie Harry e dell'altro co-fondatore della band, il chitarrista Chris Stein, i Blondie hanno scritto un capitolo seminale nell'evoluzione del pop a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, regalandoci un pugno di dischi memorabili nel segno della sperimentazione e della commistione di stili differenti. Un percorso artistico condotto, a partire dall'ironico nome del gruppo, sempre sotto il segno della bionda Debbie (blondie è l'appellativo con cui le si rivolgevano i suoi primi spettatori): nata a Miami il 1° luglio 1945 con il nome di Angela Trimble, ribattezzata Deborah Harry dai suoi genitori adottivi e cresciuta in una cittadina del New Jersey, ma incapace di resistere all'attrazione di New York e del sottobosco culturale del Greenwich Village.
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Ed è a New York che nel luglio 1974, dopo anni di gavetta iniziati con una fugace esperienza nel gruppo Wind in the Willows e passando per impieghi di ogni tipo, fino al provvidenziale incontro con Chris Stein (a lungo partner sentimentale della Harry), prendono vita gli Angel and the Snake, destinati a una futura gloria con il nuovo nome scelto qualche mese più tardi: i Blondie. Presenza fissa al CBGB, il leggendario locale dell'East Village che avrebbe contribuito a lanciare le carriere di Patti Smith e di gruppi quali i Ramones, i Television e i Talking Heads, i Blondie pubblicheranno il loro primo album nel dicembre 1976, dopo aver reclutato il batterista Clement Burke, il bassista Gary Valentine, rimpiazzato da lì a breve da Nigel Harrison, e il tastierista Jimmy Destri.
Bisognerà aspettare la primavera del 1978, quando il singolo Denis (cover di un brano del 1963) si piazza al secondo posto della classifica britannica, perché i Blondie riescano a farsi notare dal pubblico europeo. Quello stesso anno vedrà l'uscita, a settembre, di Parallel Lines, l'album contenente la celeberrima Heart of Glass: sarà il disco della definitiva consacrazione dei Blondie nel novero delle band più amate del pianeta, uno statuto che manterranno saldamente per circa un lustro (e che reclameranno nel 1999, dopo uno iato di ben quindici anni). Il successo del gruppo crescerà in maniera proporzionale alla fama della sua leader, che firma di propria mano gran parte dei pezzi del loro repertorio e saprà far leva sul suo carisma con efficacia infallibile.
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Smooth as silk, cool as air: un'icona fra musica, cinema e moda
In anticipo su Madonna e tante altre popstar a venire, rispetto alle quali può essere considerata a pieno diritto un'apripista, Debbie Harry ha affiancato infatti il talento di compositrice, di vocalist e di "animale da palcoscenico" alla costruzione di un'immagine affascinante e volutamente ambigua: l'ingénue maliziosa e ammiccante e la diva distaccata e dal fascino impenetrabile, con echi dell'iconografia hollywoodiana di attrici quali Marilyn Monroe e Marlene Dietrich; ma anche la star intraprendente a capo di una formazione tutta al maschile (subito dopo di lei arriveranno i Pretenders di Chrissie Hynde) e la riot grrrl che non ha dimenticato le radici punk della sua musica. Andy Warhol non esiterà a dedicarle una galleria di ritratti, così come il pittore di Alien Hans Ruedi Giger, che nel 1981 realizzerà la copertina dai toni cyberpunk del primo album da solista della Harry, KooKoo.
Sensualità e sarcasmo, fierezza e mistero: le caratteristiche dell'icona di Debbie Harry sono analoghe a quelle che ritroviamo nella musica dei Blondie, e in tale amalgama risiede una delle ragioni dell'aura di culto che si è sviluppata attorno alla frontwoman della band. E il cinema, ovviamente, non poteva non lasciarsi irretire da questa femme fatale disinvolta e sfrontata: nel 1980 Debbie è la protagonista del neo-noir Union City, da un racconto di Cornell Woolrich, e nel 1981 si concede un cameo musicale in Roadie - La via del rock di Alan Rudolph. Il suo ruolo più importante arriva però nel 1983: si tratta di Nicki Brand, la conduttrice radiofonica che seduce James Woods in uno dei film meno fortunati di David Cronenberg, Videodrome, body-horror rivalutato in seguito fra le opere più innovative del regista canadese.
Nell'ampia e variegata filmografia della Harry vanno ricordati inoltre la commedia Grasso è bello di John Waters (1988), l'episodio di Martin Scorsese di New York Stories (1989) e Dolly's Restaurant, debutto alla regia di James Mangold (1995). Ma dato che il suo nome resta legato principalmente alla musica, la nostra scelta per rendere omaggio ai settantacinque anni di Debbie Harry è stata quella di ripercorrere dieci fra le migliori canzoni dei Blondie, in ordine cronologico, per offrire un ideale compendio di questa band straordinaria e della donna che da quasi mezzo secolo ne rappresenta il volto, la voce e l'anima.
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1. In the Flesh
Nell'autunno del 1976 questa dolcissima ballata dal sapore retrò, composta da Debbie Harry e Chris Stein per il loro album d'esordio, Blondie, segna la prima scintilla dell'imminente successo della band americana: una scintilla che si accende, a sorpresa, in Australia, dove In the Flesh cattura l'attenzione delle radio e raggiunge il secondo posto in classifica. E il brano in questione è un autentico gioiello, scandito dalla voce carezzevole della Harry e da un romanticismo sognante e fuori dal tempo.
2. Heart of Glass
Fra le prime canzoni composte e incise dal duo Harry/Stein c'è un pezzo dalle sfumature reggae intitolato Once I Had a Love, tenuto nel cassetto fino al 1978 e ripescato durante la registrazione del terzo album dei Blondie, Parallel Lines. È l'epoca dell'apogeo della disco music e Debbie Harry, stregata da I Feel Love di Donna Summer, si fa convincere dal nuovo produttore Mike Chapman a tentare l'azzardo: affiancare alla vena punk degli esordi le nuove suggestioni della disco, a partire dall'uso dei sintetizzatori. Once I Had a Love viene dunque riarrangiata e reincisa come Heart of Glass: un loop trascinante accompagnato dalla suadente interpretazione della Harry, impegnata a rievocare il ricordo di una delusione amorosa con quel distacco ironico che sarà uno dei suoi marchi di fabbrica.
Il risultato è un pezzo di storia: distribuita nel gennaio 1979 come terzo singolo da Parallel Lines, Heart of Glass conquista il primo posto in classifica negli Stati Uniti (sarà la prima hit americana dei Blondie) e in Gran Bretagna, oltrepassando in entrambi i paesi il milione di copie vendute, ma pure in paesi quali Germania, Canada e Australia, imponendosi tra i maggiori successi dell'intero decennio e trainando in cima alle classifiche anche Parallel Lines. Inserita da Rolling Stone nella lista delle cinquecento migliori canzoni di tutti i tempi, Heart of Glass rimane una delle pagine più originali nel repertorio della band, nonché quella in assoluto più fortunata.
3. Sunday Girl
Sull'onda del trionfo di Heart of Glass, nella primavera del 1979 i Blondie tornano a occupare stabilmente il primo posto della classifica britannica con Sunday Girl, altro enorme successo europeo della band a firma di Chris Stein, sempre incluso nel capolavoro Parallel Lines. Si tratta di una canzone dalle tenui atmosfere Sixties, sulla scia di In the Flesh e Denis, in cui la voce ammaliante di Debbie Harry si presta a una melodia irresistibile.
4. One Way or Another
E ancora da Parallel Lines, ecco un altro lato del 'personaggio' Debbie Harry: una donna dalla sensualità prorompente e aggressiva, che in One Way or Another si cala addirittura nei panni di una stalker. Scritta dalla Harry con Nigel Harrison, la canzone si richiama all'anima punk della band, con le sue aspre sonorità rock che fanno da cornice alla scatenata performance della vocalist, sottilmente inquietante in quel ritornello che assume quasi i toni di un ringhio gutturale e rabbioso. Pubblicata nel 1979 solo in Nord America, pure One Way or Another verrà inserita nella storica classifica di tutti i tempi di Rolling Stone, mentre nel 2013 conoscerà una rinnovata fortuna (e un primo posto in Gran Bretagna) grazie a una cover degli One Direction.
5. Dreaming
Nell'autunno del 1979 l'uscita del quarto disco dei Blondie, Eat to the Beat, è promossa da un pezzo in perfetto stile new wave, nato anch'esso dal sodalizio Harry/Stein: Dreaming. Con un formidabile attacco di batteria ad opera di Clem Burke, Dreaming è una delle perle più splendenti nel canzoniere della band: merito di quella melodia dal ritmo infallibile e dell'intensità vocale di Debbie Harry, qui in costante equilibrio fra romanticismo e disillusione. Il brano arriverà al secondo posto in Gran Bretagna, trainando al contempo al vertice della classifica l'album Eat to the Beat.
6. Atomic
Ma a testimoniare la ricchezza dell'album Eat to the Beat, degno successore di Parallel Lines, ci sono anche canzoni quali la bellissima Union City Blue e Atomic, il terzo singolo tratto dal disco, che nel marzo 1980 riporta i Blondie al primo posto della classifica britannica. Composta da Debbie Harry e Jimmy Destri, Atomic verrà descritta dagli autori come un tentativo di replicare la formula di Heart of Glass, ma con "un trattamento alla spaghetti western": ne viene fuori un pezzo dance decisamente atipico, con la sua atmosfera allucinata, un testo semi-delirante e la voce della Harry che si dispiega su quel "Tonight", in contrasto con il titolo pronunciato in tono insolitamente spettrale e cavernoso.
7. Call Me
E nel bel mezzo della produzione di Eat to the Beat, Debbie Harry riceve una ghiotta proposta dal Re Mida della disco music, Giorgio Moroder: realizzare il tema musicale per il film American Gigolò, cult movie di Paul Schrader con Richard Gere. Debbie accetta e nell'arco di qualche ora, rivisitando la prima bozza di Moroder, sforna Call Me: uno dei brani-simbolo di tutta la new wave, con quelle sonorità rock che virano verso la dance e l'interpretazione trasudante erotismo della Harry, compreso il titolo ripetuto languidamente anche in francese e in italiano. Nella primavera del 1980 Call Me domina per sei settimane la classifica Billboard, rivelandosi il singolo più venduto dell'anno negli Stati Uniti, si aggiudica il primo posto anche in Gran Bretagna e Canada e sarà la terza canzone dei Blondie ad essere inclusa nella selezione di Rolling Stone dei cinquecento migliori brani di sempre.
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8. Rapture
Prolifici come non mai, nel novembre 1980 i Blondie danno alle stampe il loro quinto album, Autoamerican, un disco estremamente variegato che lancia in cima alle classifiche negli Stati Uniti e in Europa la cover in salsa reggae di The Tide Is High. Ma l'indiscusso capolavoro dell'album è Rapture, fra i brani più arditi e sperimentali composti da Debbie Harry e Chris Stein: un'ipnotica fusione fra la disco music, il rock e soprattutto l'hip hop, con una lunga sezione rap in cui la creatività visionaria della Harry si abbandona alla fantascienza ed influssi cyberpunk. Nel marzo 1981, due mesi dopo il primato di The Tide Is High, Rapture diventerà il quarto singolo dei Blondie a conquistare la prima posizione negli Stati Uniti: si tratta del primo brano rap ad aver mai raggiunto il numero 1 di Billboard, nonché del primo video musicale rap ad essere trasmesso da MTV.
9. Maria
È il 1997 quando, a quindici anni dallo scioglimento della band, Debbie Harry e Chris Stein decidono di riformare i Blondie insieme a Clement Burke, Jimmy Destri e Gary Valentine. Il primo album della reunion, e il settimo nella carriera del gruppo, è No Exit, che esce nel febbraio 1999 e riscuote un inaspettato successo grazie alla hit composta per l'occasione da Destri: Maria, splendido esempio di pop/rock, capace con la sua melodia accattivante di far scoprire Debbie e soci anche alla generazione dei Millennials. A vent'anni esatti di distanza da Heart of Glass, Maria sarà il sesto singolo dei Blondie a raggiungere il primo posto in classifica in Gran Bretagna.
10. Long Time
L'ultima fatica dei Blondie, in ordine di tempo, è rappresentata da Pollinator, il loro undicesimo album in studio, pubblicato nel 2017 e accolto positivamente da critica e pubblico. E dopo oltre quarant'anni di attività la band americana non cessa di sfoderare una grinta invidiabile, evidente nel singolo Long Time, composto dalla Harry con Dev Hynes: una canzone vibrante ed energica che, con le sue sfumature disco, dimostra come Debbie e i suoi compagni d'avventura riescano ancora ad incarnare alla perfezione lo spirito della new wave. Insomma, tanti auguri Debbie e lunga vita ai Blondie!