Lea: la storia vera di Lea Garofalo che ha ispirato il film

Lea è un film del 2015 ispirato alla storia vera di Lea Garofalo: una testimone di giustizia italiana uccisa per mano della 'ndrangheta nel novembre del 2009.

Lea è un film per la televisione del 2015, diretto da Marco Tullio Giordana, che racconta la storia vera di Lea Garofalo: testimone di giustizia assassinata dalla 'ndrangheta il 24 novembre 2009. La pellicola è stata resa disponibile sulla piattaforma streaming RaiPlay il 22 novembre 2019, in occasione del decimo anniversario della morte di Lea e della giornata internazionale in cui si combatte la violenza contro le donne.

Lea: Vanessa Scalera in una foto del film tv
Lea: Vanessa Scalera in una foto del film tv

Lea, dopo aver abbandonato e denunciato il suo compagno Carlo Cosco, noto 'ndranghetista, fu uccisa per aver deciso di parlare apertamente contro la 'ndrangheta, principalmente perché non voleva che sua figlia Denise crescesse in una casa arricchita dal denaro dello spaccio di droga.

Lea: Linda Caridi in una foto del film
Lea: Linda Caridi in una foto del film

La donna decise di denunciare i membri della propria famiglia e il padre di sua figlia e venne ammessa nel programma di protezione testimoni, per poi essere trasferita a Campobasso. Nel 2006 fu espulsa dal programma, non essendo più ritenuta una collaboratrice attendibile e questo avvenimento trasformò la sua vita in una vera e propria tragedia annunciata: dal primo tentativo di rapimento fino al sequestro e all'uccisione.

Il 20 novembre del 2009 Cosco attirò l'ex compagna a Milano, con la scusa di parlare del futuro della loro figlia. La sera del 24 novembre, approfittando di un momento in cui Lea era rimasta sola, Carlo la condusse in un appartamento che si era fatto prestare per ucciderla.

Lea: Vanessa Scalera in un'immagine del film tv
Lea: Vanessa Scalera in un'immagine del film tv

A portar via il cadavere dall'appartamento furono Carmine Venturino, Rosario Curcio e Massimo Sabatino: il corpo di Lea fu trasportato a Monza, dove venne dato alle fiamme per tre giorni, come rivelato dallo stesso Venturino. Grazie alle sue dichiarazioni nel processo d'Appello le forze dell'ordine rinvenirono più di 2000 frammenti ossei e la collana della donna.