In guerra per amore e il rapporto Scotten: la vera storia, le polemiche sulle inesattezze

In occasione della messa in onda su RAI 3 di In guerra per amore, approfondiamo alcuni degli argomenti trattati da Pif, in particolare il rapporto Scotten, il documento mostrato alla fine del film.

Stasera su RAI 3 in prima serata arriva In guerra per amore di Pif. Il film si ispira al rapporto Scotten che avvalora la teoria, criticata da molti storici, secondo cui la mafia abbia offerto il suo sostegno logistico agli americani durante il loro sbarco in Sicilia per liberare l'Italia. Vediamo cosa è il rapporto Scotten e alcune delle polemiche nate dopo l'arrivo nelle sale della pellicola.

Lo Sbarco In Sicilia

In guerra per amore: Miriam Leone in un momento del film
In guerra per amore: Miriam Leone in un momento del film

Gli americani sbarcarono in Sicilia il 9 Luglio del 1943 con l'obiettivo di liberare l'Italia e l'Europa dal Nazismo. Secondo alcuni storici per approdare nell'isola si avvalsero dell'aiuto dei mafiosi immigrati negli Stati Uniti e soprattutto di Lucky Luciano, il boss detenuto nelle carceri americane. Il sostegno dei mafiosi americani e dei loro uomini sull'isola italiana permise alle truppe americane di liberare la Sicilia in due mesi. Il film di Pierfrancesco Diliberto sposa questa teoria basata in parte sul rapporto Scotten, dal nome dell'ufficiale americano W.E. Scotten.

Che Cosa è il Rapporto Scotten?

In guerra per amore: Pierfrancesco Diliberto in una scena del film
In guerra per amore: Pierfrancesco Diliberto in una scena del film

Alla fine di In guerra per amore il regista mostra il Rapporto Scotten, ma vediamo di che si tratta. Il 29 ottobre del 1943, pochi mesi dopo lo sbarco in Sicilia, il capitano W.E. Scotten consegna il documento che ha per oggetto "The Problem of Mafia in Sicily", Il problema della Mafia in Sicilia. Scotten considera la Mafia "Un fenomeno che avrà gravi implicazioni per la situazione politica attuale e futura dell'isola e del resto d'Italia" e propone ai suoi superiori tre soluzioni:

a) "Un'azione diretta, stringente e immediata per controllare la mafia che richiede un'azione fulminea e decisiva nell'arco di giorni o al massimo di settimane. L'arresto simultaneo e concertato di cinque o seicento capifamiglia senza curarsi della personalità e delle loro connessioni politiche affinché siano deportati, senza alcuna traccia di processo, per tutta la durata della guerra".

b) "Una tregua negoziata con i capimafia la cui buona riuscita - spiega il capitano - dipende dall'estrema segretezza di fronte ai siciliani e al personale stesso del Governo Militare Alleato".

c) "L'abbandono di ogni tentativo di controllare la mafia in tutta l'isola e il [nostro] ritiro in piccole enclaves strategiche, attorno alle quali costituire cordoni protettivi e al cui interno esercitare un governo militare assoluto". Applicare questa soluzione per Scotten "significherebbe consegnare la Sicilia per lungo tempo ai poteri criminali".

Secondo Pif, ed una parte degli storici, questo documento mostra la volontà del governo Americano di negoziare con i mafiosi per mantenere il controllo dell'isola. Si voleva evitare di aprire un nuovo fronte che poteva rallentare la liberazione dell'Italia e dell'Europa dal nazifascismo.

La polemica

In guerra per amore: Pierfrancesco Diliberto e Andrea Di Stefano in un momento del film
In guerra per amore: Pierfrancesco Diliberto e Andrea Di Stefano in un momento del film

Pierfrancesco Diliberto in arte PIF dopo l'uscita di In guerra per amore nelle sale è stato criticato da molti storici che lo hanno accusato di aver commesso molti inesattezze e banalizzato la storia. Sull'onda della polemica, alcuni hanno richiamato il lavoro della commissione statunitense Kefauve che nel 1953 negò qualsiasi aiuto di Lucky Luciano all'approdo in Sicilia. Lo storico Rosario Mangiameli, che sui fatti del 1943 ha pubblicato importanti studi e ricerche, ha criticato il film di PIF in un articolo sul quotidiano La Sicilia. "Per volontà di Roosevelt la prima ondata di attacco alle coste siciliane comprendeva molti figli di immigrati - scrive lo storico spiegando - il motivo era molto più serio del coinvolgimento mafioso: si trattava di presentarsi con la faccia amica del Paese che aveva accolto e dato speranza e avvenire ai molti disperati che nei decenni precedenti erano partiti per la Merica in cerca di fortuna. Era questa un'arma straordinaria, che si fondava su uno dei miti più importanti della modernità. L'averlo banalizzato e stravolto è davvero un peccato per uno che pensa di fare un film impegnato, con dedica a Ettore Scola".

Lo stesso storico a proposito del rapporto Scotten dice "Il documento è significativo perché mostra come per gli americani la mafia rappresentasse un problema e non un aiuto, comprese le nomine dei sindaci mafiosi ispirate da interlocutori locali e non da fantomatiche liste - aggiungendo - la storia del rapporto tra mafia e politica è dunque più complicata e non credo che giovi la semplificazione".

Dopo quest'articolo tra Rosario Mangiameli e PIF iniziò uno scambio di battute su Facebook, i due affermarono con garbo le loro tesi. Mentre Mangiameli ribadiva "Per lo sbarco in Sicilia venne schierata una flotta più grande di quella che organizzò lo sbarco in Normandia. Non c'era quindi bisogno delle coppole". Pif difese la sua tesi, sostenuta anche da altri storici chiamando nuovamente in causa il rapporto Scotten.

Pif e gli storici da lui citati parlano di fatti e ricordano che gli Alleati non hanno mai deportato un solo mafioso. Inoltre subito dopo la liberazione della Sicilia, gli americani spinsero affinché i capi mafia dell'epoca, Don Calò Vizzini e Genco Russo venissero eletti sindaci dei loro rispettivi paesi, Villalba e Mussomeli. Gli interessi finanziari tra soldati americani e siciliani vennero curati dal banchiere Michele Sindona. Infine Il 3 gennaio Lucky Luciano, condannato a trent'anni di reclusione, fu graziato dal governatore dello Stato di New York per i servigi resi alla marina a condizione che abbandonasse gli Stati Uniti e si trasferisse in Italia.