Venezia 2011: Sion Sono racconta il suo Himizu

Il regista nipponico ci ha parlato del suo ultimo, complesso lavoro, il primo in concorso a Venezia, che ha sullo sfondo la tragedia del terremoto dell'11 marzo.

Sion Sono è da sempre regista fuori dagli schemi, ma con un film come Himizu ha voluto puntare in alto e rischiare, senza paura di suscitare discussioni e divisioni. Il regista giapponese ha infatti preso lo spunto iniziale, per il suo nuovo film, dall'omonimo manga di Furuya Minoru, che raccontava una storia di adolescenti allo sbando; ma ha voluto porre questa storia sullo sfondo della terribile tragedia che ha colpito il Giappone lo scorso 11 marzo, con il terremoto, lo tsunami e il disastro di Fukushima. Una scelta che ha reso Himizu un'opera ancora più complessa e ricca di spunti di discussione: di alcuni di essi, il regista ci ha parlato nell'incontro che abbiamo avuto con lui al Lido, dove il suo film è stato presentato, per la prima volta nella sua carriera, nella prestigiosa sezione del concorso.

Quali sono le differenze tra il film e il manga originale, scritto prima della tragedia dell'11 marzo?

Il manga ha un tono diverso, è più "depressivo", perché è stato scritto in un periodo in cui il paese era più pacifico. C'era una sensazione di stabilità, che dopo il terremoto è completamente scomparsa: per questo ho voluto rendere questa precarietà sullo schermo, modificando il film con immagini quasi apocalittiche.

##Il protagonista, a tratti, sembra quasi un supereroe, è investito da una missione da compiere. Perché questa scelta?## In realtà non cercavo una figura da supereroe: Sumida, piuttosto, prima decide di uccidersi, poi di fare almeno una cosa utile per la società. In questo senso vuole in qualche modo diventare un eroe, anche se a suo modo, uccidendo qualcuno: ma non può essere definito un supereroe.

Il film ha una parte quasi documentaristica, visto che alcune scene sono girate sui veri luoghi del disastro. Cosa può dirci di questa scelta?

Sono stato sui luoghi reali, ma il film non ha certo uno stile documentaristico. La scelta è stata dettata dal fatto che, se non avessi girato in quei luoghi, non avrei colto l'essenza di ciò che era successo. Ero un po' preoccupato perché in Giappone, di solito, non si usa trasporre eventi del genere in soggetti cinematografici, si ha timore di essere quasi indiscreti: ma devo dire che la gente del posto è stata molto disponibile, e anche favorevole al fatto che quello che è successo fosse in qualche modo documentato, prima di cadere nell'oblio.

##Che rapporto ha con il tema della violenza, nei suoi film? E' una precisa scelta estetica?## Non mi sono mai chiesto perché nei miei film ci fosse violenza. Fa semplicemente parte del mio modo di girare, non è qualcosa di programmato. E' come un tic, una parte di te che non puoi eliminare.

Paradossalmente, infatti, il film è meno grafico del manga per alcuni aspetti, in particolare nella scena dell'uccisione del padre di Fumida.

E' vero, ed è un'osservazione interessante. Va sottolineato che la violenza c'è, ma non è il tema principale del film. Il tema del rapporto tra padre e figlio ha un carattere triste, per questo non volevo mostrare quella scena troppo graficamente.

Perché l'uso della poesia di Francois Villon in apertura e in vari altri momenti del film?

E' una mia scelta, visto che prima di fare il regista volevo diventare un poeta. Ma credo di aver mantenuto, nei miei film, la potenza espressiva della poesia, quando scrivo e dirigo ho lo stesso approccio del poeta, lo stesso modo di descrivere la realtà.

##Può essere definito un film ottimista?## Sì, credo di sì. Il mio prossimo progetto è quello di un film su Fukushima, e quello invece non sarà affatto un film ottimista. In questo film non ho voluto mostrare gli effetti delle radiazioni, perché non era quello il tema principale: ma credo che nascondere la testa sotto la sabbia, di fronte a tali problemi, non sia una soluzione. Per questo girerò un film ispirato al disastro di Fukushima, che avrà un tono molto più realistico: sarà un film per adulti, non adatto al pubblico più giovane.

La piccola comunità che vive accanto al protagonista, fatta di sopravvissuti al disastro, può essere considerata, nel film, l'unica che funzioni davvero?

Sì, è così. E' una comunità fatta di persone, di individui che dopo una tragedia enorme soffrono e reagiscono, e riescono anche a ricreare dei legami. E' questo l'unico modo di far fronte a eventi del genere.