Recensione Fantasmi (1979)

Uscito sul finire degli anni '70, poco prima dell'esplosione gore che nel decennio successivo avrebbe definitivamente cambiato volto al genere, questo piccolo film a basso costo divenne in breve un vero e proprio cult dell'horror. Quali sono i motivi di questo successo?

Un incubo che sopravvive al tempo

Uscito sul finire degli anni '70, poco prima dell'esplosione gore che nel decennio successivo avrebbe definitivamente cambiato volto al genere, questo piccolo film a basso costo divenne in breve un vero e proprio cult dell'horror, capostipite di una saga lunga e molto apprezzata dagli appassionati del genere. Quali sono le ragioni di un successo tanto grande quanto inaspettato? In cosa questa pellicola di Don Coscarelli si differenzia da tanti altri esempi di horror low-budget usciti nello stesso periodo?

C'è da dire, innanzitutto, che rivisto oggi, e con occhio il più possibile critico e non velato da considerazioni di carattere nostalgico e affettivo, Fantasmi è tutt'altro che un film esente da difetti: i buchi di sceneggiatura sono molti ed evidenti, alcuni raccordi di trama appaiono totalmente sbagliati, i dialoghi sono a tratti ridicoli, la recitazione tutt'altro che esaltante. Eppure, l'atmosfera del film, il singolare e indefinibile clima che vi si respira, riece ad avere ragione dei suoi punti deboli; laddove i difetti sopra elencati avrebbero fatto precipitare nel baratro molte altre pellicole, il film di Coscarelli riesce a far pendere l'ago della bilancia a suo favore, e, cosa ancora più importante, a reggere alla prova del tempo, risultando suggestivo e inquietante ancora oggi. Quello che colpisce di questo film è innanzitutto il clima onirico, la perenne sensazione di vivere in un mondo distaccato dalla realtà; Coscarelli confessò di aver concepito il film pensando ai suoi incubi e alle sue paure infantili, e ciò a cui qui sembra di assistere è in effetti la visualizzazione di un incubo, in cui l'indefinibile angoscia iniziale evolve lentamente ma inesorabilmente in vero terrore. Oniriche sono in effetti molte delle soluzioni visive adottate, a cominciare dall'interno del mausoleo, spoglio, bianco, con strani fregi a decorare le pareti e i suoi lunghi e minacciosi corridoi; o l'episodio a casa della fattucchiera, il cui svolgimento sembrerebbe ispirato alle visioni e ai singolari personaggi di un David Lynch, se non fosse che quest'ultimo avrebbe girato le sue opere più importanti solo nei decenni successivi. Onirico è in fondo anche il tema, l'idea centrale del film: le creature di un'altra dimensione che riportano in vita i cadaveri per schiavizzarli, le temibili sfere volanti, lo spaventoso Tall Man (altra versione del babau notturno): tutto ciò è materiale che potrebbe essere uscito tranquillamente da un incubo infantile, di quelli che svaniscono con la luce del giorno, ma che, calate le tenebre, tornano ad essere vividi e credibili. Coscarelli immerge il film in una sorta di notte perenne, facendo largo uso di chiaroscuri nella fotografia (da lui stesso curata): le uniche sequenze ambientate alla luce sono quella iniziale nel cimitero e gli interni nel mausoleo, in cui tuttavia i toni freddi e neutri trasmettono lo stesso una grande inquietudine (aumentata, come si diceva, dalla particolarità degli interni).

Il personaggio del protagonista è emblematico del punto di vista dal quale il regista ha voluto narrare il film: il giovane Mike ha infatti perso entrambi i genitori, ed è morbosamente attaccato a suo fratello maggiore, che ha il costante terrore di perdere. The Tall Man assurge così a simbolo archetipico della paura della morte, e del terrore infantile della solitudine, inteso come paura di perdere i propri cari; quella stessa paura da incubo che paralizza Mike in una delle ultime sequenze, superata solo dal ricordo delle parole della vecchia fattucchiera: "E' tutto nella tua testa".

Molto importante per la riuscita del film è anche la musica, molto influenzata da sonorità progressive-rock e straordinariamente suggestiva, con un tema principale che non si dimentica facilmente; ugualmente fondamentale è l'interpretazione di Angus Scrimm nella parte di The Tall Man, figura inquietante e decisamente efficace nel tratteggiare un personaggio che doveva trasmettere angoscia e irrazionale paura al solo sguardo.

Complessivamente un bell'esempio di horror realizzato con pochissimi soldi e tante idee, quindi, un film che non a caso è ancora popolarissimo tra gli appassionati del genere, che lo considerano a ragione un'opera fondamentale per il cinema dell'orrore degli anni '70. E' un peccato che Coscarelli non si sia più ripetuto agli stessi livelli nel genere horror, neanche negli immancabili sequel che il film ha generato (tre finora, siamo in attesa del quarto), che hanno finito inevitabilmente per snaturare il personaggio e fargli perdere la sua carica di spavento: ma questa è storia vecchia, e, come gli appassionati ben sanno, è una realtà comune a tutti i grandi serial horror che abbiamo visto dagli anni '70 ad oggi.

Movieplayer.it

3.0/5