The Tax Collector - Sangue chiama sangue, la recensione: su Netflix una violenta storia criminale

La recensione di The Tax Collector - Sangue chiama sangue, film dove una coppia di strozzini alle dipendenze di un potente boss si trova ad affrontare la banda di un gangster rivale, pronto a tutto pur di prendere il controllo di Los Angeles.

The Tax Collector - Sangue chiama sangue, la recensione: su Netflix una violenta storia criminale

David e Creeper lavorano in coppia come strozzini per conto di Wizard, uno spietato signore del crimine il cui nome in città è temuto da tutti: il loro è paradossalmente un compito più semplice del previsto, anche se devono gestire le varie rivalità tra bande e il pericolo è sempre in agguato. David ha inoltre una splendida moglie con tanto di prole e per lui la famiglia viene prima di tutto, a cominciare dalla presenza dello zio anch'esso inserito in quel sottobosco criminale ormai ben organizzato e rodato.

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The Tax Collector: un'immagine del film

Come vi raccontiamo nella recensione The Tax Collector - Sangue chiama sangue, durante una delle loro missioni esattorie, David e Creeper si trovano faccia a faccia con il crudele Conejo, un gangster rivale che intende prendere il predominio sugli affari illeciti della metropoli, scavalcando di fatto il rivale Wizard, suo acerrimo nemico. David comincia ora a temere per l'incolumità delle persone che ama, per forza di cose finite nel mirino di una serrata resa dei conti tra i due signori del crimine.

Di suicidio in suicidio

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The Tax Collector: una scena del film

A quattro anni dal discusso Suicide Squad, arrivato in sala in una versione disconosciuta dal regista e del quale non si sa se vedremo mai la vociferata director's cut, David Ayer è tornato dietro la macchina da presa con un progetto meno altisonante non soltanto a livello di budget ma anche di concept. Un gangster-movie dal piglio moderno, tendente a toni pulp, che ci trascina nell'inferno malavitoso della città degli angeli. Proprio Los Angeles fa infatti da sfondo a questo racconto che fin dalle premesse impresse a schermo sui titoli di testa ci elenca gli elementi chiave di un "uomo d'onore", ovvero: amore, onore, lealtà, famiglia. Su questo poker di banalità assortite si base il dogma morale del protagonista, per il quale ben presto l'affetto per i suoi cari diventa predominante ai fini dei sempre più convulsi e drammatici eventi.

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Strade violente

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The Tax Collector: un frame del film

L'incipit, per quanto non certo originale, nelle sue dinamiche base avrebbe potuto garantire un sano intrattenimento di genere, ma ben presto The Tax Collector - Sangue chiama sangue si instrada su una via senza uscita. La violenza fisica e psicologica prende infatti il sopravvento e la cattiveria della nemesi - e altrettanta è la rabbia in risposta - si adombra di note sempre più cruente, spesso in una carneficina gratuita e ridondante. Non sono ad ogni modo quei litri di sangue in più e non del tutto necessari il principale problema di un'operazione come questa, che si compiace del proprio oltranzismo e non esita a citare un immaginario pop alla Grand Theft Auto, con tanto di battuta che esplicita letteralmente l'inizio di una "missione secondaria", come se si fosse all'interno di un videogioco.

Bang bang

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The Tax Collector: una foto del film

A livello di azione il film può contare su una manciata di scene discretamente realizzate, con tanto di sparatoria al rallentatore che si fa apprezzare a livello estetico, ma anche l'anima più ludica non può nascondere le pecche di una narrazione che paga oltretutto un minutaggio troppo contenuto: in un'ora e mezza era infatti difficile rendere vivi e interessanti i personaggi e le loro sottotrame, tanto che quando giunge la definitiva resa dei conti l'affezione per questi è ai minimi storici. Il cast non brilla certo per personalità, a cominciare proprio dal protagonista Bobby Soto, poco carismatico e credibile in un ruolo "forte" che avrebbe avuto bisogno di un interprete più espressivo e maturo. Il solo a salvarsi, anche per via di un personaggio folle e fuori dagli schemi, è uno scatenato Shia LaBeouf, ideale spalla di supporto e scheggia impazzita sempre sul punto di esplodere: basti pensare che per il ruolo l'attore si è fatto tatuare l'intero petto, e non per finta.

Conclusioni

Una coppia di strozzini al soldo di un potente boss, che fa il buono e il cattivo tempo nella città di Los Angeles, si trova alle prese con una situazione difficile da gestire quando si presenta nella metropoli un gangster rivale e ancor più crudele. Proteggere la famiglia sarà l'unica cosa che conta, ma non sarà semplice. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The Tax Collector - Sangue chiama sangue, ci troviamo di fronte a un action-crime violento e gratuito, incapace di rendere vivi e credibili i personaggi principali - con la sola eccezione di un gustoso Shia LaBeouf nel ruolo di "spalla" - che si trascina tra scene d'azione discrete ma poco emozionanti e una carica drammatica esasperata dalla cruenza del contesto.

Movieplayer.it
1.5/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • L'abnegazione al ruolo di Shia LaBeouf, che si è fatto tatuare appositamente per il ruolo.

Cosa non va

  • Violenza eccessiva e gratuita.
  • Morale spiccia sui paradigmi d'onore di un malavitoso.
  • La storia banale non permette di entrare in comunione coi personaggi.