Il cappello di Indiana Jones: storia di un oggetto culto del cinema

Quali sono le storie che ci sono dietro i cappelli di Indiana Jones? Insieme all'attore e mastro cappellaio Claudio Pellerito, ripercorriamo la storia del cappello più iconico del cinema.

Il cappello di Indiana Jones: storia di un oggetto culto del cinema

La storia del cappello dell'archeologo più famoso al mondo non è un semplice racconto di un costumista che trovò a fine anni settanta un "buon cappello" da far indossare ad Harrison Ford: è la storia letteralmente di un mito che riuscì a trasformare la silhouette di Indy in un'icona leggendaria del cinema e non solo. Ci sono alcuni profili, nell'immaginario collettivo, che sono diventati ormai dei veri punti fermi della nostra visione: Chaplin, Alfred Hitchcock, Batman, Darth Vader e assolutamente Indiana Jones. Anche se non si possiede lo stesso modello di cappello indossato da Harrison Ford, ogni qualvolta si ha in testa un simil borsalino il gioco di ombre alla Indiana Jones è d'obbligo.

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È proprio per questo motivo che nel raccontare la storia di come si sono evoluti i vari cappelli in questi cinque film, abbiamo voluto interpellare l'attore Claudio Pellerito che da diversi anni ha iniziato a dedicarsi all'artigianalità della cappelleria, specializzandosi anche sui vari modelli di Indy.
Ma iniziamo dal principio. Nel 1980, due americani entrarono nel negozio del modista Herbert Johnson al 13 di Old Burlington Street, Mayfair, in quel di Londra. Si presentano ai proprietari come Steven Spielberg e Harrison Ford. Spielberg chiacchierando con i commessi dell'epoca e proprietari, rivela che sta per intraprendere la realizzazione di un film d'avventura intitolato I predatori dell'arca perduta, con il suo amico Ford nel ruolo principale e che con il reparto costumi era alla ricerca di un particolare copricapo. I proprietari del negozio accettano di far parte del progetto che, secondo il regista poteva avere il potenziale per diventare una leggenda degli oggetti di scena. Sì perché nel cinema il cappello non è un oggetto banale, è in moltissimi casi (Indy ne è la riprova) un ulteriore personaggio: dal lato interpretativo aggiunge carattere, grinta e determinazione allo sguardo del protagonista e giocando con luci ed ombre, si può creare una silhouette inconfondibile che fonde il corpo e il copricapo e, se girate con maestria, in certe scene può far subito intendere a tutti che il personaggio sta per fare il suo ingresso in scena.

Per l'attore Claudio Pellerito:

Il cappello di Indiana Jones è stato abilmente modificato ad personam c'era assolutamente bisogno di avere un copricapo che ricordasse i vecchi western, ma con un taglio più moderno che esaltasse le espressioni di Harrison Ford. In America si chiama "drama", il cappello doveva conferire quel carattere in più, ecco perché fu modificata la testa del primo Fedora con un nastro più piccolo (di circa 4 cm), proprio per farlo sembrare ancora più alto e più importante.

Il Raiders: il primo Fedora che ha creato il mito

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Per il primo film di Indiana Jones I predatori dell'arca perduta fu scelto il modello classico (e il loro più vecchio) di Herbert Johnson, un cappello di feltro di coniglio a tesa larga chiamato "The Poet". Questo cappello è prodotto dall'azienda dal 1890 e la sua silhouette è sempre stata considerata elegante e senza tempo. Tuttavia c'era assolutamente bisogno di personalizzare al meglio questo modello per renderlo più aggressivo possibile. La tesa nel modello originale era più corta e nel modello Raiders è stata allargata per proteggere la testa di Ford, e degli stuntmen, dagli agenti atmosferici. Per rendere il drama al cappello si decise di applicare delle fosse laterali molto pronunciate, che arrivano quasi all'altezza del fiocco, insieme alla front pinch (dove si pinza il feltro con le dita) totalmente verticale dalla parte superiore della testa fino all'inizio del nastro.

Come ha affermato Claudio Pellerito:

Il disegno così aggressivo del Raiders non è casuale. L'idea di realizzare una front pinch così accentuata e delle fosse laterali così ampie conferisce allo stesso cappello una vita vissuta, nella quale più volte è stato preso, pinzato e indossato. Un cappello che ha potuto vedere moltissimi luoghi e sempre tornando all'ambiente cinematografico, un cappello che viene totalmente esaltato dai vari chiaro e scuri visibili in tutte le location di Indy.

Cineasti esperti come Spielberg e Lucas avevano interiorizzato la lezione di John Ford in Ombre rosse (1939), sul come rendere iconico il cowboy di John Wayne a partire proprio da cosa indossa in testa. Proprio per questo motivo c'è stata una cura così maniacale nel disegnare il cappello di Indiana Jones, anche il color sabbia scelta era perfetto in ogni situazione, facendolo diventare un vero e proprio simbolo leggendario come gli storici cappelli western di Wayne. Un'altra curiosità è sulla calzata, il cappello in nessun modo doveva essere sbalzato dalla testa di Ford. Le volte che Indy è senza cappello c'è sempre un motivo più che specifico (vedi la sfilata di Marion) e quasi sempre poi il cappello torna al suo posto, ma le innumerevoli scene d'azione potevano far rischiare di far sbalzare il Fedora dalla testa di Ford più e più volte. E' per questo che lo stesso Ford ebbe l'intuizione con il famoso "turn", cioè girare di diversi gradi il cappello per incastrarlo al meglio sulla propria testa, per poi ri-disegnarlo con la nuova calzata. Ad oggi la Herbert Johnson tra i suoi modelli di punta ha proprio 3 modelli dedicati ai Predatori dell'Arca Perduta: il classico modello già menzionato, il modello "turn" e quello dedicato al Cairo con una piccola protuberanza nella parte destra del cappello (forse data dall'eccessivo caldo o intemperie subite durante le riprese).

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Per il Tempio e l'Ultima Crociata si cambia progetto

Ma come nelle migliori storie, il sogno è troppo bello per restare tale e all'uscita di Indiana Jones e il tempio maledetto tutto deve cambiare per motivi alquanto misteriosi. A quanto pare all'interno della Herbert Johnson vengono smarriti i blocchi di legno originali dove avevano formato i cappelli per i Predatori, si cambiano anche i fornitori di feltro utilizzando un colore molto più chiaro rispetto al precedente. Nuovi blocchi in legno e nuovo materiale da lavorare significava dire addio al primo modello e ideare un nuovo progetto. Per il Tempio Maledetto si abbassa la testa di vari centimetri, la front pinch, che rendeva il cappello molto aggressivo, quasi sparisce e anche le fosse laterali sono meno pronunciate, inoltre al centro del nastro il fiocco ha un disegno molto particolare con il passante che torna su stesso (dettaglio che troveremo solo in questo modello).

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Passano altri anni e si arriva velocemente al terzo film Indiana Jones e l'ultima crociata, i fan, seppur i social non esistevano, iniziano a lamentarsi del look del cappello e vorrebbero vedere il disegno più classico ed iconico già ammirato per i Predatori. La casa produttrice, stavolta non perde nulla, decide quindi di modificare il secondo modello cercando di replicare le caratteristiche del Raiders. La front pinch torna ad essere molto visibile, così da donare di nuovo il famoso "drama" del primo cappello, le fosse laterali riappaiono più pronunciate e scompare il dettaglio del passante sul fiocco con un ritorno al classico nastro. Tuttavia sia il colore che l'altezza della testa sono quelli del Tempio Maledetto, un segnale più che chiaro da parte della Herbert Johnson di continuity con il modello non così tanto amato dai fan, ma comunque importante nella storia del franchise.

Secondo Pellerito:

Dietro un oggetto così iconico le storie che si intrecciano sono veramente straordinarie mi posso soltanto immaginare di quanta artigianalità ci fosse dietro ai modelli e ai disegni di questi cappelli. Non è un caso che i miei preferiti sono i due cappelli che probabilmente hanno fatto da spartiacque all'intera storia di questo Fedora: il primo Raiders e il cappello del quarto film perché oltre ad essere straordinario come fattezze esaudisce il sogno di ogni artigiano come me.

Il sogno diviene realtà: il fan Steve Delk realizza il quarto cappello

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Passano più di vent'anni e Steven Spielberg decide di far rindossare a Ford frusta e cappello nel quarto film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. All'epoca purtroppo la Herbert Johnson naviga in cattive acque a causa di vari cambi di proprietà ed è proprio per questi motivi che la produzione decide di affidarsi ad altre realtà e non alla firma storica del primo cappello. In quegli anni un fan di nome Steve Delk decide di ricreare la replica del primo cappello dei Predatori, progetto che gli darà la possibilità di farsi conoscere al mondo come uno dei fan più accurati per quanto riguarda la tematica cappello di Indy.

Stevedelk

La sua ricerca è maniacale, dall'azienda che ricreava i nastri fino alla tonalità del colore del modello Raiders e dopo essere riuscito nell'impresa di creare "la replica perfetta" il giovane Delk fonda la sua compagnia la Adventurebuilt, con la quale da buon artigiano vende le sue opere fatte totalmente a mano. Come nei più straordinari sogni la produzione, con a capo lo stesso Spielberg, decide di contattare Delk per commissionargli il nuovo cappello di Indiana Jones. Da buon fan non si lascia sfuggire l'occasione di donare la sua particolare firma sul franchise e i cambi sono molti ed evidenti. In primis la modifica del materiale, non più feltro di coniglio (come i primi tre film) ma feltro di castoro, elemento tra i più prestigiosi al mondo, molto più morbido al tatto (una sensazione simile al camoscio) e anche idrorepellente. La continuity con gli altri cappelli è palese, ma con delle migliorie che lo rendono esclusivo come il primo Raiders: le fosse laterali talmente pronunciate che arrivano fino all'altezza del fiocco, la front pinch crea quasi una piramide modificando la classica pinzatura verticale degli altri tre cappelli, tutti accorgimenti che donano al cappello di Delk un "drama" unico e potentissimo.

Claudio Pellerito ha affermato:

Il sogno di Delk è il sogno di tutti noi artigiani e fan di questo oggetto. Il cappello di Indy è esso stesso un personaggio. Indiana Jones è il Fedora, e il Fedora stesso è ormai Indiana Jones. Provate a indossare questo cappello e a non farvi attraversare la schiena da un brivido di avventura. Un abile storyteller è in grado di imbastire chissà quali racconti a partire dai più piccoli dettagli, solo per aver indossato il cappello dell'archeologo più famoso di sempre. Tra l'altro tutti queste migliorie di film in film fanno riflettere su quanto la produzione volesse conferire importanza a questo oggetto. Anche il suo becco nella tesa, così pronunciato, lo rende un cappello vissuto, ma nello stesso modo casual in ogni occasione: insomma stiamo parlando veramente di un oggetto a mio avvisto straordinario ed emozionante.

Per il Destiny si torna alle origini con la Herbert Johnson ed un design quasi western

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Il viaggio finisce qua? Assolutamente no perché dopo ulteriori decenni, dall'ultimo sfortunato film, James Mangold decide che è arrivato il momento di ipotizzare un capitolo di chiusura (forse) richiamando alla veneranda età di 80 anni Harrison Ford per fargli di nuovo rindossare giacca e cappello. Con Indiana Jones e il quadrante del destino ci sono vari ritorni al passato, soprattutto all'interno della trama, ma anche il ritorno al passato nel settore Fedora. La Herbert Johnson dopo il quarto film di Indy riacquisisce di nuovo "fortuna e gloria" soprattutto grazie alla maestria della cappellaia Michelle Poyer-Sleeman, ritrova i progetti del primo Raiders, i colori dei vari feltri usati e ricomincia a creare repliche a gogo. Ovviamente la produzione, consapevole che la firma storica del primo cappello era tornata in auge non poteva che contattare loro per la creazione del quinto modello di Fedora per Indiana. Con Herbert Johnson torna subito il feltro di coniglio, per continuare la loro storia personale con quel materiale, ma un colore più chiaro rispetto ai precedenti, le fosse laterali tornano ad essere molto pronunciate creando un perfetto mix tra i cappelli del terzo capitolo e quarto film (non fatto da loro). La front pinch non è "piramidale" come quella realizzata da Delk, ma pronunciata nel modo giusto per creare continuità con il terzo cappello dell'Ultima Crociata infine la tesa per la prima volta risulta molto più western e non classica come gli altri film, caratteristica che anche in questo caso lo rende unico nel suo genere.

Secondo il cappellaio Claudio Pellerito:

Un viaggio attraverso uno degli oggetti più iconici del mondo del cinema è un viaggio straordinario perché si ha la possibilità di assaporare e rivivere delle emozioni che abbiamo vissuto nel nostro cuore da anni e anni. Il Fedora di Indiana Jones non è solo un cappello, ma è un vero e proprio simbolo di un'epoca, ed è per questo che realizzarlo per altri fan non si tratta solo di artigianalità, ma è un proseguo dei sogni di Spielberg, Lucas, Ford, della Herbert Johnson e di tutti coloro che continuano a sognare dietro quel fantastico profilo. Ecco dove si trova la fortuna e gloria.