Seven Sisters: Noomi Rapace si fa in sette nel peggior futuro possibile

Tommy Wirkola si discosta saggiamente dai modelli evitando confronti troppo serrati per cercare uno stile personale che brilla più per sapienza tecnica che per originalità.

La fantascienza distopica ha aperto finestre sul nostro futuro e presente, anticipando drammatiche svolte intraprese dalla società e dalla politica. Difficile aggiungere qualcosa di nuovo in un corpus di opere di matrice spesso letteraria - da 1984 a Fahrenheit 451 arrivando, in tempi recenti, alla saga young adult di Hunger Games - dal vibrante sottotesto politico. La denuncia sociopolitica è presente, ma in maniera meno pregnante, anche in Seven Sisters, sci-fi action futuristico diretto dal norvegese Tommy Wirkola. Con una manciata di film all'attivo, Wirkola ha conquistato la fiducia dei produttori, che gli hanno affidato un progetto rimasto a lungo nel limbo, e anche di Netflix, che ha acquistato il thriller diffondendolo negli USA il 18 agosto.

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Dopo i due capitoli dell'horror comedy Dead Snow, divertissement pervaso di zombie nazi, e la fiaba action Hansel e Gretel e la strega della foresta nera, Tommy Wirkola si è accostato a Seven Sisters con la consapevolezza di avere tra le mani un progetto indipendente, ma di ampio respiro, che lo avrebbe costretto a fare i conti con un massiccio impiego di effetti speciali. Il film ruota intorno a sette gemelle, tutte interpretate da Noomi Rapace, costrette a fingersi una sola persona per sfuggire alla legge del figlio unico. In un futuro prossimo cupo, tecnologico e militarizzato, la sovrappopolazione è il male principale da combattere e la soluzione imposta dal governo è quella di ridurre al minimo le nascite, sottraendo i figli in eccesso alle famiglie per destinarli al crio-sonno da cui saranno risvegliati quando il problema sarà risolto. Dopo aver messo a punto, insieme al nonno, un meccanismo che permette loro di fingersi una sola donna, uscendo ognuna un giorno alla settimana, la routine delle sette sorelle comincia a scricchiolare il giorno in cui una di loro non fa ritorno a casa.

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Ogni maledetta settimana

What Happened to Monday: Noomi Rapace in una scena
What Happened to Monday: Noomi Rapace in una scena

Seven Sisters costruisce un universo ricco, denso di premesse, ma tutto sommato lineare. Rispetto alle deliranti visioni futuristiche scaturite dalla mente di Terry Gilliam - da Brazil a The Zero Theorem, passando per l'intricato L'esercito delle dodici scimmie - il film di Tommy Wirkola risulta semplice e immediato. L'assenza di un marchio autoriale non inficia il valore di una pellicola godibile e coinvolgente che ha il suo punto di forza nello straordinario impatto visivo e nel ritmo sostenuto. Per Tommy Wirkola questa è la prima esperienza di regia di un film non scritto da lui, ma il regista aderisce con diligenza alla storia firmata da Max Botkin e Kerry Williamson valorizzandone le suggestioni grazie alla notevole performance di Noomi Rapace.

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What Happened to Monday: Willem Dafoe con la piccola Clara Read
What Happened to Monday: Willem Dafoe con la piccola Clara Read

L'attrice scandinava lanciata dal ruolo della hacker Lisbeth Salander ha dimostrato in più occasioni di prediligere i ruoli da dura, ma stavolta è chiamata a una sfida tutt'altro che facile. In Seven Sisters Noomi Rapace deve calarsi nei panni di sette personaggi diversi a cui è concesso di esprimere la propria individualità solo all'interno della casa bunker in cui vivono. Di fronte al mondo le sette sorelle, chiamate dall'arguto nonno come i sette giorni della settimana, sono un'unica persona, l'elegante Karen Settman (nome mutuato dalla madre delle ragazze). Quando le vediamo tutte insieme, in realtà, si differenziano per gusti, carattere, temperamento. Si va dalla gemella aggressiva, fanatica dello sport, che sfoga la propria insoddisfazione menando colpi al sacco, alla nerd col pallino dell'informatica. Ciò che accomuna le sette sorelle è l'esasperazione per una situazione che, da trent'anni, le costringe a uscire di casa solo un giorno alla settimana senza poter avere una vita, degli affetti, una famiglia propria.

Un futuro già visto, ma è comunque un incubo

What Happened to Monday: Noomi Rapace in fuga in una scena del film
What Happened to Monday: Noomi Rapace in fuga in una scena del film

Nella struttura Seven Sisters si distingue una prima fase in cui ci vengono illustrate le premesse della storia e ci vengono forniti una serie di dettagli che ci permettono di penetrare nel cupo universo in cui vivono le sette gemelle Settman. A contribuire alla riuscita di questa fase ci pensa il carismatico Willem Dafoe che interpreta il nonno delle gemelle in una serie di flashback. Sua è l'idea che permette di salvare le neonate dal crio-sonno fornendo loro al tempo stesso un pizzico di libertà, creare un alter ego che permetta a ognuna di loro di uscire di casa una volta alla settimana. Dafoe, protagonista di alcune delle sequenze più intriganti, fornisce una performance sentita e convincente, piena di umanità. L'altra star del film è la veterana Glenn Close, a cui viene affidato il ruolo, stereotipato, della leader politica Nicolette Cayman, fautrice della legge del figlio unico.

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What Happened to Monday: Glenn Close in una scena del film
What Happened to Monday: Glenn Close in una scena del film

Dopo la scomparsa di Monday, il film cambia passo e la dimensione action ha la meglio sulla narrazione. I colpi di scena si susseguono mentre l'unità delle sorelle Settman, divenute nel frattempo sei, si sfalda definitivamente una volta che le donne decidono di affrontare il mondo, ognuna alla propria maniera, per rintracciare Monday. Tommy Wirkola mantiene il controllo della suspence centellinando le informazioni per non rovinare la sorpresa finale. Il destino di Monday passa così in secondo piano mentre le altre sorelle sono coinvolte in scontri fisici con le forze dell'ordine e in fughe mozzafiato. L'alto tasso di violenza grafica si configura come un marchio di fabbrica per Wirkola che sfrutta la spettacolarità di alcune scene per fidelizzare l'attenzione del pubblico meno sensibile ai messaggi politici e più desideroso di azione pura. In un genere rivisitato di continuo come il sci-fi distopico non mancano riferimenti alle fonti di ispirazione di Wirkola, in primis Paul Verhoeven e Blade Runner, ma il regista si discosta saggiamente dagli originali evitando confronti troppo serrati per cercare uno stile personale che brilla più per sapienza tecnica che per originalità.

Movieplayer.it

3.5/5