Recensione Giochi d'estate (2011)

Racconto di formazione che vede come protagonista un ragazzino pericolosamente attratto dalla violenza, il film di Rolando Colla riesce solo in parte a rendere la drammaticità della vita di Nik e dei personaggi che con lui condividono quel difficile momento della vita che è l'adolescenza.

State buoni se potete

Nic è un ragazzino di undici anni che trascorre le sue vacanze estive in un campeggio sul litorale toscano assieme al fratello minore Agostino e al padre Vincenzo, un poco di buono che vive rimpiangendo i presunti fasti di un passato ormai lontano e tormentando la moglie Adriana con scenate di gelosia. Fortemente turbato dalle violente liti quotidiane tra i genitori, Nik cresce covando un sentimento di rabbia verso il mondo, sentimento che si esprime con frequenti e immotivati scoppi d'ira. Quando incontra Marie, una bella ragazzina svizzera che non perdona alla madre di averle tenuto nascosta la vera identità del padre, la vita dell'adolescente sembra cambiare marcia. A contatto con la coetanea e con altri amici scopre quanto sia importante fidarsi delle persone e impara a prendere da solo quelle decisioni che lo porteranno a trovare la sua strada nella vita.

Racconto di formazione che vede come protagonista un ragazzino senza alcun punto di riferimento, pericolosamente attratto dalla violenza, Giochi d'estate diretto dal regista italo svizzero Rolando Colla, presentato nella sezione Fuori Concorso al Festival di Venezia, riesce solo in parte a rendere la drammaticità della vita di Nik e dei personaggi che con lui condividono quel difficile momento della vita che è l'adolescenza. Una fase di per sé delicata che il piccolo è costretto ad attraversare lasciandosi sedurre dall'idea di eliminare ogni possibile sentimento per non soffrire. Colla è bravo nel ritrarre con crudezza gli abissi in cui il protagonista, l'ottimo Armando Condolucci, rischia di piombare, prima di "salvarsi" decidendo di mettersi in gioco nel rapporto sentimentale con Marie, interpretata da Fiorella Campanella; una relazione partita con una lite e trasformatasi via via in ancora di salvataggio per i due ragazzini, devastati da figure paterne assenti (o per meglio dire cancellate, come succede a Marie) o del tutto inadeguate.
Il cambiamento dei rapporto fra i due viene ben mostrato dall'evoluzione dei loro giochi che si fanno sempre più "adulti". In un capanno lontano da tutto e da tutti, nel mezzo di un campo di mais, Nic e Marie fingono di essere poliziotti e ladri, fumano di nascosto e bevono alcolici e poi iniziano a svelare i sentimenti più segreti, finendo per parlare di paure. Prima di questo salvifico incontro con la ragazzina, unica luce in un'esistenza appesantita da troppe sofferenze, Nic passerà attraverso un inferno fatto di finta ribellione e di violenza, inflitta e subita.
Dove il film sbanda paurosamente però è nell'entrata in campo gli adulti, descritti attraverso sconcertanti stereotipi. Persi nelle loro vite sbagliate, chiusi in un rancore che sfocia nella brutalità più cieca, non sanno proporsi come modelli validi per i loro figli, una mancanza che il regista non approfondisce a dovere, perso nelle maglie di una sceneggiatura poco equilibrata. Il vero peccato, quindi, è aver sprecato le tante potenzialità di una storia che se si fosse concentrata solo sui due adolescenti, avrebbe brillato per la genuina e coinvolgente forza che appartiene ai giovani, sostenuta anche da una messa in scena accurata e da una fotografia di grande impatto. Unica consolazione è la certezza che le nuove generazioni siano in grado di fare molti passi più in là rispetto ai padri, con cui hanno poco da condividere. E questo, comunque, il film di Rolando Colla lo sottolinea in modo appropriato.

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2.0/5