Recensione Per un pugno di dollari (1964)

La pellicola con cui Leone riuscì a plasmare e rivoluzionare il western, mostrandoci un mondo dominato dalla legge del più forte, dove la violenza è all'ordine del giorno e gli eroi sono assassini come gli altri.

Quando il dollaro chiama

Un pistolero solitario approda in una cittadina messicana, funestata dalla continua lotta tra due famiglie criminali. I Rojos, capitanati dal temibile Ramon, e i Baxter comandati dal patriarca John. L'uomo decide di rischiare e stipula vili patti con entrambe le casate, al solo scopo di farle eclissare. Infatti, escogitando abili piani, farà scontrare diverse volte le due bande, finché non verrà scoperto dai Rojos i quali lo faranno prigioniero. Riuscito a fuggire, si nasconderà in una bara, mentre Ramon e il suo seguito accuseranno i Baxter di averlo salvato, e per questo li stermineranno crudelmente. Qualche tempo più tardi, il pistolero tornerà per chiudere la questione. Dopo aver ucciso i tirapiedi di Ramon, sfiderà quest'ultimo in un duello all'ultimo sangue, dove l'uomo senza nome avrà la meglio.

Per un pugno di dollari, creato dall'abile mente di Sergio Leone, uscì nel 1964 e fu il primo film della fortunata trilogia del dollaro e anche il manifesto programmatico del sottogenere spaghetti-western.
Gli spaghetti-western rompevano totalmente con la tradizione precedente, l'eroe non era più visto come un benefattore, ben vestito e portatore di valori. In tutta la produzione leoniana, l'eroe, o meglio l'antieroe, ha connotazioni da delinquente solitario, bramoso di denaro e sempre pronto ad estrarre l'arma. In Per un pugno di dollari, infatti, il personaggio interpretato da Clint Eastwood ci viene presentato come un deleritto della società, con un poncho puzzolente addosso e una barba incolta. Di certo non ha l'aria del salvatore della pace. Inoltre tutto il film è permeato dalla violenza e dal sangue, ne sono d'esempio le varie scene di pestaggio e soprattutto lo sterminio della famiglia criminale, la quale, arresasi, viene massacrata ugualmente. Comunque non sono soltanto le novità a rendere la pellicola un capolavoro del genere. Innanzitutto le musiche di Ennio Morricone rivestono un ruolo fondamentale. Riescono a esaltare ogni singola scena. Il fischio iniziale della colonna sonora ha qualcosa di magico, come se venisse da lontano per poi perdersi nell'infinità del deserto. La fotografia di Dallamano è meravigliosa, con la sua gamma di rossi e arancioni che si mescolano al sangue delle vittime, e riflettono nei visi sudici dei personaggi. Ed infine i dialoghi scritti dallo stesso regista, il quale diluisce la tensione con battute taglienti ed ironiche, una su tutte, quella di Eastwood alla fine della vicenda: "Il governo messicano da una parte, il governo americano dall'altra e io in mezzo. Troppo pericoloso".

Per un pugno di dollari fu la sterzata di cui il cinema western aveva assolutamente bisogno, per non rimanere prigioniero di una monotonia, fatta di personaggi stereotipati e situazioni stantie. Leone riuscì a plasmare e rivoluzionare il genere, mostrandoci un mondo dominato dalla legge del più forte, dove la violenza è all'ordine del giorno e gli eroi sono assassini come gli altri.
Proprio questa visione cruda della vita, influenzerà molto i cineasti dell'epoca, ancora fedeli agli schemi classici, ma che nel breve tempo si convertiranno a questa nuova concezione di fare cinema.