Paradise, la recensione: un futuro infernale per il sorprendente sci-fi Netflix

La recensione di Paradise: se il tempo è merce di scambio nell'oscuro (e sorprendente) film di fantascienza diretto da Boris Kunz. Protagonista, un ammaccato Kostja Ullmann. In streaming su Netflix.

Paradise, la recensione: un futuro infernale per il sorprendente sci-fi Netflix

Ad un certo punto, la sorpresa, la folgorazione, la domanda che fa sudare la notte, stimolata da una visione che lascia strascichi e sfumature. Anche dopo, a giochi fatti, quando il finale apre a nuove consapevolezze, a nuove inquietudini. Potremmo dire finalmente, perché nel marasma di una distribuzione streaming, che riversa senza fermarsi una quantità enorme di "prodotto", opere come Paradise, in streaming su Netflix, sono la dimostrazione che la qualità può (e deve) incontrare i gusti del pubblico, indecisi su quale film vedere (o non vedere) in piattaforma. Allora, lo scriviamo all'inizio della recensione: il film, diretto e scritto da Boris Kunz, è uno di quelli che catalizzano l'attenzione, facendoci sobbalzare sulla poltrona. Per l'umore, per interpreti, per svolte. Con una domanda: cosa sareste disposti a fare, pur di ottenere ciò che volete? Paradise, di produzione tedesca, funziona infatti per le sue suggestioni, e per l'inaspettata piega che ha il coraggio di prendere. Un film che si trasforma, pur restando fedele alla sua ombra scura, nerissima, in cui l'umanità si è disintegrata sotto un sistema di caste in cui i poveri sono più poveri, e i ricchi sono più ricchi e irresponsabili.

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Paradise: una scena del film

Un film che immagina un futuro prossimo dove la crisi climatica è stata risolta in cambio di una totale disumanizzazione del sistema sociale e politico. Il fine che giustifica i mezzi? Cronaca moderna, cinema streaming che si rivela più interessante rispetto a ciò che il pensiero comune vuole intendere. E sì, il Sistema, quello con la S maiuscola, quello che in Paradise altera fin da subito il climax, tra il distopico e il thriller psicologico. La distopia iniziale, però, che segue le regole del linguaggio streaming (e quindi Paradise accalappia subito l'attenzione), si tramuta poco alla volta in un dramma intimo, in cui il protagonista, che ricorda i tratti dolenti di una fantascienza asciugata dall'irreale, stabilisce un immediato contatto con il pubblico. Il resto, è affidato al tono, alla messa in scena, alla tecnica, e alla chiave originale di una storia estremamente spiazzante nella sua fluida concezione fantascientifica.

Paradise, se il tempo si può comprare

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Paradise: una scena del film

Perché Boris Kunz, che si rifà ai grandi classici sci-fi, in Paradise unisce un po' tutto, legando al caos una lucida evoluzione della storia. C'è il futuro, c'è la politica, c'è l'egemonia delle multinazionali, c'è un mondo diviso, c'è una fuga, e c'è lo stato di paura sorretto da un potere che non prevede opinioni contrarie. Dunque, il paradiso che dà il titolo al film è quello che vivono i ricchi: in un futuro imminente, si possono vendere e comprare anni di vita. Che vuol dire? Che si può ringiovanire acquistando la vita di qualcun altro. Un anno, due anni. Vent'anni. Cinquanta. La biotecnologia ha fatto miracoli. Anzi, il miracolo. I ricchi hanno ottenuto ciò che volevano: sono immortali, il massimo status quo immaginabile.

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Paradise: un momento del film

E i poveri? I poveri, come fossero al mercato, vendono parti della loro vita. Lo squilibrio è preponderante, la politica europea, dopo che i paesi baltici sono usciti dall'Unione Europea, è collassata. E i debiti salgono, investendo i ceti più bassi, creando divisioni tra blocchi geografici. Come il debito che investe Max (Kostja Ullmann, che bravo!) e sua moglie Elena (Marlene Tanczik). La donna, per sanare un debito, è costretta a vendere quarant'anni della propria vita. Max, impiegato per la AEON, l'azienda leader in biotecnologia che ha rivoluzionato il mondo, cercherà di recuperare gli anni perduti di sua moglie. Come? Seguendo le tracce della donna (ormai ringiovanita) che li ha ottenuti.

"Ora è il momento di lottare"

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Paradise: un frame del film

Se Paradise è una sorpresa, lo è perché riesce a dosare incredibilmente bene ogni argomento che affronta. Innegabilmente, è un film denso e sovraccaricato, ma la sua corposità è gestita nel migliore dei modi dal regista, ambizioso nel dimostrare che lo stato dell'arte europea è vivida e originale. Lo dimostra con forza, e con intelligenza. Pure quando il film diventa tutt'altro, rivelando la sua natura sovversiva, prendendo di petto un mondo senza scrupoli. Un mondo immaginario e caratterizzato, e reso pericolosamente vicino al nostro. Quel mondo che leggiamo quotidianamente sui giornali, sui internet, quello che ascoltiamo nello scenografico pessimismo di un telegiornale che gracchia in sottofondo. Anche per questo, l'opera Netflix, riesce a spiazzare, oltre che ad intrattenere. Il film di Boris Kunz parla di relazioni, di tempo, di denaro, di geopolitica, di guerre civili scatenate dalla bramosia di quei pochi che si credono Dio. E ancora, Paradise, parla di scelte da compiere, di compromessi da accettare. Costi quel che costi, dimostrandosi tanto brutale nel linguaggio (e coraggioso nella visione, come quando una dolce bambina si rivela una spacciatrice) quanto emotivamente potente nel seguire un protagonista da manuale, morso dai dubbi e dai lividi.

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Paradise: una foto del film

L'estetica, unita all'incessante colonna sonora di David Reichelt, gioca poi un ruolo cruciale: la fotografia diventa granulosa, notturna; il regista alterna l'azzurro e il petrolio e con il nero, portando la scena in un controluce che ricalca le sfumature di una fantascienza Anni Novanta (che poi è la migliore, o no?). E poi, i colpi di scena: se ce n'è uno che era facilmente intuibile, arrivando poco prima del finale, ogni dettagli disseminato si ricollega in una notevole svolta conclusiva (dove i buoni e i cattivi perdono le loro etichette), mentre Paradise torna ad abbracciare il futuro distopico che avevamo conosciuto nelle prime sequenze. La tensione sale, e con essa l'enfatica traccia musicale, rivelandosi verso un'alba dai tratti metaforici e catartici. Ed è qui che la riflessione fantascientifica morde la verità delle cose: il tempo non può essere fermato, né rallentato. Anche solo provarci, è un abominio che si paga caro. Perché "Ora è il momento di lottare, se non per noi, almeno per i nostri figli". Applausi.

Conclusioni

Come si dice, tanta carne al fuoco in Paradise, sci-fi Netflix che non sbaglia un colpo. Nonostante i molti temi, il film di produzione tedesca tiene alto il ritmo, sfruttando in pieno un grande protagonista e l'ottimo impianto scenico. Uno film di fantascienza che si tramuta poi in dramma, aprendo riflessioni sulla nostra società, schiacciata dalla paura e dall'ossessione.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Un grande protagonista.
  • Una coinvolgente estetica.
  • Una regia immersiva.
  • La colonna sonora.

Cosa non va

  • I fan della fantascienza distopica saranno spiazzati dai repentini cambi di tono.