Nitram, la recensione: nel cuore nero dell’Australia

La recensione di Nitram: Justin Kurzel torna a Cannes per raccontare il male di vivere nascosto dietro più atroci massacri nella storia della sua terra.

Nitram
Nitram: una scena del film

Lo schermo impregnato di sangue. Il cinema che sputa fuoco. Una battaglia furiosa si è appena conclusa quando intravediamo un bambino camminare tra i detriti della guerra, impugnare una spada e allontanarsi armato verso l'orizzonte. Apriamo la nostra recensione di Nitram rievocando l'ultima, potente inquadratura di Macbeth, perché crediamo che quell'immagine evocativa sia quasi un manifesto del cinema di Justin Kurzel. L'autore australiano sembra quasi ossessionato dal tema della violenza, un male quasi inestricabile dall'animo umano, quasi una naturale propensione dalla quale non c'è scampo. Attraverso il grande schermo Kurzel ne vuole esplorare le ragioni e le origini con interesse quasi antropologico. Lo aveva fatto scomodando Shakespeare, era tornato sul tema con il western estremo True History of the Kelly Gang e adesso affonda il dito in una ferita ancora aperta nel cuore dell'Australia. La sua terra. Dopo le esperienze hollywoodiane, Kurzel ritorna a un cinema più intimo, autoriale, ricercato. E lo fa in un film che va a ritroso come il suo titolo (che al contrario si legge "Martin") per sondare l'anima nera di un criminale passato alla storia per il cruento massacro della Tasmania: quello di Port Arthur, avvenuto nel 1996, causando la morte di 35 persone. Una storia che Kurzel lascia ai margini, partendo da lontano. Ovvero sondando la mente instabile dell'uomo che ha premuto il grilletto. Un viaggio scomodo in cui non si sa mai che direzione prenderemo.

Terra arida

5616
Una scena di Nitram

Chi si è scottato da piccolo, impara presto che il mondo può bruciare. Il film si apre rievocando un piccolo incidente domestico che ha colpito Nitram (soprannome poco gradito al protagonista), ragazzino problematico che ha combinato guai con dei fiammiferi. È la prima avvisaglia di Kurzel: il giovane ha qualcosa che non va, è strambo. Autismo? Leggero ritardo mentale? Problemi psichici? Non ci è dato saperlo. Nitram rimane volutamente sul vago seminando indizi qua e là. Quello più lampante lo troveremo nella famiglia del ragazzo, che anche una volta cresciuto instaura relazioni di dubbia natura con una vicina cinquantenne. Si è innamorato di lei? È solo ingenua amicizia? Anche qui le risposte saranno poche. È davvero curioso come la prima parte del film lasci quasi spaesati, visto che non è per niente chiaro dove Kurzal voglia andare a parare. Inizialmente sembrerebbe il classico ritratto di una famiglia disfunzionale, e in quanto tale virare verso un dramma canonico, oppure puntare sull'assurdità del protagonista per delineare il ritratto grottesco di un personaggio sui generis. Quello che emerge poco per volta è un'aridità sentimentale che ben si sposa con il paesaggio di un'Australia brulla e svuotata. Kurzel fa parlare tanto il paesaggio con campi lunghi in cui immergere questo Nitram sempre più solo, sempre più perso, sempre più arido come la sua mamma anaffettiva e il suo papà sfasato.

Cannes 2021, Palma d'Oro al film Titane

C'è del marcio in Australia

È difficile capire il film proprio come è difficile capire Nitram stesso, persona instabile e di conseguenza imprevedibile nelle scelte e nelle mosse. Questa sensazione destabilizzante avvinghia lo spettatore alle gesta di un protagonista ondivago come il mare agitato che tanto lo affascina. Quello in cui guarda con invidia i ragazzi "normali" divertirsi domando le onde surfando. Una spensieratezza che sembra non essere nel suo destino. Facendo emergere poco per volta il malessere latente di una persona disturbata, Nitram esplode letteralmente nella seconda parte. A quel punto Kurzel ci prende per mano facendoci scendere gradino dopo gradino una lunga scala a chiocciola che scende inesorabile nelle torbide intenzioni di un'anima in pena. Pena che l'eccezionale performance di Caleb Landry Jones rende inquietante perché sempre misurata e per questo ancora più credibile. Ammettiamo che questo lento svelamento viene in parte rovinato entrando in sala conoscendo l'orribile fatto di cronaca che ci aspetta nel film. Il che non toglie a Nitram la doviziosa ricostruzione di un dramma umano messo in scena dalla giusta distanza: senza condannare né calcare la mano. Solo mostrando i fatti nella loro crudezza. Fatti che non hanno bisogno di ulteriore commento, né di un cinema che si metta sul piedistallo a puntare il dito. Una cosa è certa: il bambino di Macbeth corre ancora nel marcio dell'Australia.

Conclusioni

Scossi da un fatto di cronaca che non conoscevamo. L’abbiamo scritta così questa recensione di Nitram, in concorso a Cannes 2021. Dopo Macbeth e True History of the Kelly Gang, Justin Kurzel torna indagare l’anima violenta degli uomini soffermandosi sull’instabilità mentale di un ragazzo problematico. Anche quando le cause del malessere sembrano portare dalle parti di una famiglia arida, Nitram non condanna nessuno e non prende posizione, preferendo scuotere il pubblico rievocando la cruda realtà.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'interpretazione misurata e inquietante di Caleb Landry Jones.
  • Una messa in scena efficace nel legare il protagonista all'aridità della sua terra.
  • La scelta di lasciare il fatto di cronaca ai margini dello schermo.

Cosa non va

  • La prima parte del film fatica a carburare.